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La Palestina in 7 libri apparsi (o che appariranno) su Medio Oriente e Dintorni per comprendere meglio l’epopea palestinese
La Palestina in 7 libri
In un momento tanto drammatico per le sorti del popolo palestinese, ho deciso di creare questa lista di libri di modo da fornire ai lettori di Medio Oriente e Dintorni dei validi strumenti per provare a comprendere la traiettoria di questo popolo vivo, orgoglioso ma sofferente. Naturalmente è una lista incompleta e spuria di diversi elementi che sono fondamentali per avere un quadro ancora più chiaro del tutto, ma mi auguro che già con questi possiate avere un’idea più chiara di quella che è stata la parabola palestinese. Proprio per tale impostazione, l’ordine non sarà quello della data di uscita sul sito, ma del periodo storico raccontato. Ho letto personalmente tutti e 7 i testi, 5 sono già presenti su Medio Oriente e Dintorni, mentre 2 usciranno prossimamente.
Oggi più che mai vi consiglio di seguire i Giovani Palestinesi d’Italia, sono persone che vivono sulla loro pelle tutto questo e sono le più adatte a raccontarvelo.
“Una trilogia palestinese” di Mahmoud Darwish
La prima raccolta dei tre testi in prosa più significativi di uno dei più grandi poeti del Novecento. E senz’altro del più grande poeta e scrittore arabo del secolo scorso. Dice Elias Sanbar: “Darwish non era ambasciatore del suo paese ma un poeta slegato dalla nazionalità e dal passaporto. Certamente la Palestina era il suo humus, la terra dove affondava le radici: la sua flora e la sua fauna, la sua musica e le sue nuvole, ma tutto questo non doveva essere il suo limite. Se parla di terra, quella terra è proprio la sua terra. Non si è mai impantanato nelle chiavi di lettura che davano della sua opera”. Diario di ordinaria tristezza (1973) ripercorre il tempo che precede la scelta dell’esilio – gli arresti domiciliari, gli interrogatori degli ufficiali israeliani, il carcere – e chiude la fase più drasticamente militante del poeta. Memoria per l’oblio (1987) evoca l’invasione israeliana di Beirut nell’agosto del 1982. In presenza d’assenza (2006) è una riflessione sull’esperienza poetica e sulla lingua. Una sorta di testamento, che coincide con l’addio dello struggente poema Il giocatore d’azzardo (2009), che chiude questo volume.

Consigliato perché: racconta molto bene sia l’infanzia di Darwish inclusa la distruzione di alcuni villaggi della Palestina, mostrando poi quello che fu l’invasione di Beirut dagli occhi di un palestinese; il tutto nella meravigliosa scrittura di uno dei più grandi poeti della storia contemporanea.
“Le straordinarie avventure di Felice Sventura il Pessottimista” di Emile Habibi
Ambientato ad Haifa, il romanzo ci racconta le straordinarie avventure di Felice, un arabo nello Stato d’Israele. Emil Habibi col suo stile sardonico, picaresco, brillante non risparmia nessuno: arabi, israeliani, progressisti, reazionari, falchi e colombe; facendo largo uso dell’allegoria e della parodia non perde il gusto di dire ciò che vuole. Habibi scrive il romanzo in risposta a quanti ignorano la storia dei palestinesi: conoscere le sue opere, e vedere la versione teatrale del romanzo “Il Pessottimista”, tradotto in ebraico “Ha’op-Simist”, come ha scritto “The Jerusalem Post” il 24 ottobre 1986, è un dovere civico, così come lo è stato andare a vedere film sulla Shoah, sull’Olocausto, “perché è ora che ogni cittadino di questo Stato sappia cosa vuol dire essere arabo in mezzo a noi”.

Consigliato perché: oltre ad essere considerato fra i migliori romanzi arabi e palestinesi di sempre, “Il Pessotimista” è uno dei pochi a raccontare cosa voglia dire essere un palestinese in Israele; il tutto con una fortissima verve comica che, purtroppo, nella traduzione italiana viene in parte smarrita (ciò non per negligenza della traduttrice, ma per l’oggettiva complessità del testo, unita a giochi di parole e tradizioni di difficile traslazione in italiano).
“Ogni mattina a Jenin” di Susan Abulhawa
Un romanzo struggente che può fare per la Palestina ciò che il “Cacciatore di aquiloni” ha fatto per l’Afghanistan. Racconta con sensibilità e pacatezza la storia di quattro generazioni di palestinesi costretti a lasciare la propria terra dopo la nascita dello stato di Israele e a vivere la triste condizione di “senza patria”. Attraverso la voce di Amal, la brillante nipotina del patriarca della famiglia Abulheja, viviamo l’abbandono della casa dei suoi antenati di ‘Ain Hod, nel 1948, per il campo profughi di Jenin. Assistiamo alle drammatiche vicende dei suoi due fratelli, costretti a diventare nemici: il primo rapito da neonato e diventato un soldato israeliano, il secondo che invece consacra la sua esistenza alla causa palestinese. E, in parallelo, si snoda la storia di Amal: l’infanzia, gli amori, i lutti, il matrimonio, la maternità e, infine, il suo bisogno di condividere questa storia con la figlia, per preservare il suo più grande amore. La storia della Palestina, intrecciata alle vicende di una famiglia che diventa simbolo delle famiglie palestinesi, si snoda nell’arco di quasi sessant’anni, attraverso gli episodi che hanno segnato la nascita di uno stato e la fine di un altro. In primo piano c’è la tragedia dell’esilio, la guerra, la perdita della terra e degli affetti, la vita nei campi profughi, condannati a sopravvivere in attesa di una svolta. L’autrice non cerca i colpevoli tra gli israeliani, racconta la storia di tante vittime capaci di andare avanti solo grazie all’amore.

Consigliato perché: racconta tutta l’epopea palestinese dalle origini fino al 2013 (anno di pubblicazione), soffermandosi sui momenti più drammatici della storia di questo popolo.
“Filastin. L’arte di resistenza del vignettista palestinese Naji al Ali”
Filastin in arabo significa Palestina. Naji al-Ali è uno dei suoi figli e ancora bambino ha dovuto lasciarla per diventare profugo, come la maggioranza dei palestinesi, a causa della proclamazione dello Stato d’Israele. Filastin è la terra in cui non ha potuto fare ritorno ed è il centro di tutta la sua opera artistica ma «non solo nel senso geografico, ma anche umano e simbolico, cioè la causa giusta ovunque sia nel mondo». Naji al-Ali è stato assassinato a Londra nel 1987 per quelle idee politiche che ha espresso con forza nelle sue opere ogni giorno della sua vita, lavorando per le maggiori testate giornalistiche del mondo arabo. Il suo obbiettivo era quello di avere un dialogo diretto e quotidiano con chi viveva la sua stessa realtà: dal Campo Profughi palestinese alle grandi città arabe. Handala, il suo personaggio più importante, è una vera e propria icona della resistenza palestinese ed è popolarissimo nei paesi arabi come nel resto del mondo.

Consigliato perché: oltre all’importanza di Handala, personaggio creato dallo stesso al Ali e popolarissimo nel mondo arabo e filopalestinese, il libro racconta anche la storia dello stesso al Ali, una delle figure più importanti della cultura palestinese.
“Palestina” di Joe Sacco
Un reportage severo dettagliato delle condizioni dei palestinesi durante la seconda Intifada, Joe Sacco si avventura per tutta la Palestina andando alla ricerca dei suoi abitanti, del suo popolo. Quella che ci mostra è la realtà di tutti i giorni di chi quei luoghi li abita, compresi umiliazioni e sofferenze. Joe Sacco viaggia, da nord a sud spostandosi per campi profughi a villaggi ormai assediati dai coloni.

Consigliato perché: anche in virtù del suo essere una graphic novel, risulta una delle opere di maggior impatto fra quelle proposte, mostrando la drammatica quotidianità che da anni Gaza ed il popolo palestinese sono costretti a vivere.
“Stato d’assedio” di Mahmoud Darwish
Stato d’assedio (Hàlat Hisàr) è un ‘testo’, come lo ha definito lo stesso autore, elaborato a Ramallah nel gennaio 2002, nelle settimane in cui la città era assediata dalle truppe israeliane del generale Ariel Sharon. Mahmud Darwish, che a Ramallah viveva, si è trovato perciò nella hàla, ossia nella ‘condizione’ di assediato. Con questo ‘testo’ il poeta palestinese non vuole solo descrivere lo stato d’assedio, vuole invece e soprattutto dare corpo alle parole per esprimere la hàla quando ci si ritrova a essere assediati. Lo ‘stato dell’assedio’ nei versi di Darwish va al di là della condizione di vita nella quale si trovano le moltitudini concrete di cui il poeta è portavoce, di queste esprimendo sentimenti e pensieri. Il risultato è che il ‘testo’ è formato da frammenti che a volte risuonano come antichi aforismi, spesso lamenti di solitudine, tutti con al fondo il pensiero della morte che pure percorre l’intera opera di Darwish. Sono oggetto di riflessione: la poesia nel suo farsi, la storia, il ‘luogo’, ossia lo spazio del pensiero, la forza che è impressa nell’affermazione della propria identità.

Consigliato perché: oltre ad essere, secondo il mio parere personale, la miglior raccolta di poesie di Darwish in italiano, racconta molto bene un momento storico dell’epopea palestinese, anche in questo caso osservato dall’interno.
“Il libro della scomparsa” di Ibtisam Azem
Il mistero avvolge un fatto senza precedenti: verso la mezzanotte di una notte qualsiasi, tutti i palestinesi improvvisamente scompaiono, volatilizzati. Non si sa che fine abbiano fatto autisti, braccianti, medici e infermieri, giovani e vecchi. Cosa potrebbe accadere agli israeliani se i palestinesi non fossero più, allo stesso tempo, il nemico, il capro espiatorio, l’alibi? Cosa succede quando, nella propria vita, scompare il nemico? La scrittrice palestinese Ibtisam Azem firma uno dei romanzi più innovativi del panorama letterario arabo.

Consigliato perché: molto spesso siamo abituati ad immaginare palestinesi ed israeliani come entità che si incontrano solo sul campo di battaglia, quando fra i due c’è, volente o nolente, un profondo legame, che porta i primi ad essere imprescindibili per i secondi e ciò sia da un piano ideologico (molto di ciò che è Israele oggi lo deve alla paura, giustificata o meno, di un conflitto perenne o un imminente attacco) sia su mero piano economico; i palestinesi in Israele sono infatti spesso e volentieri la forza lavoro e senza di loro vi sarebbero problemi non da poco per i loro modelli di business. Pregevole anche al descrizione di Jaffa prima dell’arrivo dei sionisti, un modo per guardare l’odierna Tel Aviv con occhi decisamente diversi.
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