“La corte del diavolo” di Ivo Andric

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“La corte del diavolo” di Ivo Andric ci farà scoprire appieno la realtà del carcere sotto l’Impero ottomano, svelando al contempo le storie dei suoi prigionieri, spesso e volentieri innocenti

La corte del diavolo

«Corte del diavolo»: così viene chiamata una prigione di Istanbul, sotto l’Impero ottomano. Vi si trovano esemplari di ogni tipo umano: sordidi, innocenti, abietti, perversi, miti, folli. Sono lì rinchiusi per praticità, poiché «la polizia di Costantinopoli si attiene al sacro principio che è più facile rilasciare un innocente dalla Corte del diavolo che non ricercare un colpevole nei meandri di Costantinopoli». È un mondo vibrante di storie fosche, sinistre, che si rispondono in un sottile contrappunto e presto producono una sorta di assuefazione all’inferno. Sovrano del luogo è il direttore Karagöz, poliziotto e metafisico burattinaio, che proprio esercitando un totale arbitrio e togliendo alla tortura il peso della certezza «rendeva più tollerabile e lieve ogni cosa»: figura di tale potenza che, dopo averlo incontrato, anche i lettori di questo magistrale racconto, come gli abitanti della Corte del diavolo, stenteranno «a immaginare la vita senza Karagöz».

Nel sottobosco (criminale e non) di Istanbul

In questo romanzo il grande Ivo Andric ci porta a scoprire uno dei luoghi più importanti ed allo stesso tempo meno raccontati dell’Impero ottomano: il carcere, uno dei luoghi più affascinanti ed allo stesso più oscuri di tutta la Sublime Porta; qui infatti non venivano rinchiusi solo ladri ed assassini, e spesso e volentieri diventava anche dimora di personaggi come Fra Petar, narratore della storia, o Camil, altra personalità chiave del romanzo.

La corte del diavolo

Ne “La Corte del diavolo” Ivo Andric ci farà ascoltare le loro storie ed i loro lamenti, mostrandoci il suo stile unico già osservato ne “Il ponte sulla Drina” e permettendoci di entrare in contatto con l’umanità più intima e vera, quella così sporcata dal carcere da non aver più nulla da nascondere, rivelandosi completamente del suo Bene e del suo Male. Lo stesso Karagöz, che nella descrizione sembra il diavolo in persona, appare qui come un uomo complesso, in grado di esercitare tanto la massima clemenza e quanto la massima ferocia, con l’unico obbiettivo di assicurare giustizia allo stato e mantenere il proprio controllo sulla Corte.

La storia di Cem Sultan

Altro tema estremamente importante e presente nel libro è la storia di Cem Sultan, personaggio realmente esistito spesso e volentieri dimenticato dalla storia, a cui è particolarmente legato Camil, tanto da vedersi come suo vero e proprio alter ego. Questi era uno dei figli di Mehmed il Conquistatore che, a seguito della morte del padre, si confronterà con il fratello Bayezid II per il controllo dell’Impero ottomano, uscendone completamente perdente, tanto da dover recarsi persino a Roma per chiedere l’aiuto a papa Innocenzo VIII. Una volta finito nelle mani di quest’ultimo, tuttavia, Cem si trasformò in prigioniero, diventando un mezzo di fondamentale importanza per impedire al fratello di avanzare nei Balcani e perdendo così la propria autonomia e centralità politica.

Cem Sultan

Sono particolarmente amante dei libri di Ivo Andric e questo, pur essendo molto diverso da “Il ponte sulla Drina”, rappresenta appieno lo stile del grande autore jugoslavo, permettendoci di scoprire al meglio gli emarginati del mondo ottomano e di Istanbul nello specifico; una piccola perla che non può mancare se siete amanti di questa citta e di quel periodo storico.

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