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Una lista di 5 libri per comprendere l’Iraq e le sue dinamiche con opere che parlano tanto di storia quanto di donne e vita quotidiana
5 libri sull’Iraq
Oggi vi presento una lista dei 5 libri, 3 romanzi e 2 saggi, a tema Iraq; 3 di questi sono usciti nel 2023. In questa lista ho voluto principalmente fare un recap delle ultime pubblicazioni apparse su Medio Oriente e Dintorni, di modo da dar la possibilità a tutti di recuperare testi molto interessanti che, per un motivo o per l’altro, vi potreste essere persi. Ci tengo però a ricordare anche “Frankenstein a Baghdad” di Ahmed Saadawi, uno dei miei libri preferiti sull’Iraq, nonché uno dei primissimi libri ambientati in Iraq che abbia mai letto. L’ordine di tale lista non è di gradimento ma cronologico, spero che vi piaccia; buona lettura!
“L’archivio dei danni collaterali” di Sinan Antoon
Namir, un giovane studioso iracheno che ha conseguito il dottorato ad Harvard, viene assunto da alcuni registi per documentare la devastazione dell’invasione dell’Iraq nel 2003. Durante un’escursione a Baghdad, Namir si avventura in via al-Mutanabbi, famosa per le sue librerie, dove incontra Wadud, un eccentrico librario che sta cercando di catalogare tutto ciò che è stato distrutto dalla guerra: da oggetti, edifici, libri e manoscritti, flora e fauna a esseri umani. Namir rimane ossessionato dall’archivio di Wadud e, ripensando alla sua vita a New York, scopre quanto sia profondamente intrecciata ai frammenti del passato e del presente della sua terra. Quasi un “esercizio di paesaggio”, stilisticamente ambizioso, tra i relitti della guerra e il potere della memoria.

“L’archivio dei danni collaterali” è un libro davvero unico nel suo genere, in grado di catturare l’attenzione del lettore con un incipit brillante che poi, nel corso delle pagine, pare trasformarsi, acquisendo i tratti di una riflessione personale sull’Iraq e le sofferenze patite da chi da tale territorio è generato, non solo esseri umani, ma anche animali, cose e persino concetti. Infatti, se inizialmente pare una storia particolare ma abbastanza “classica”, con l’incedere del romanzo inizia a farsi strada il dolore, i sogni e gli incubi che popolano le menti non solo dei due protagonisti, ma di tutto questo immenso territorio.
“L’Iraq contemporaneo” a cura di Riccardo Redaelli
A vent’anni dalla disastrosa invasione anglo-americana del 2003, l’Iraq appare ancora come un puzzle incompleto: uno Stato lacerato da profonde divisioni etnico-settarie e piagato da una cronica instabilità politica che alimenta la corruzione e le rivalità personali. Le sue fragilità lo hanno reso altresì terreno di scontro ideale per le potenze regionali che si contendono il primato geopolitico nel Medio Oriente. L’Iraq è ormai l’ombra di quell’ambizioso Stato, creato dalla Gran Bretagna dopo la fine del Primo conflitto mondiale sulla “terra dei due fiumi”, che per decenni rappresentò un punto di riferimento per il mondo arabo.
I prismi interpretativi attraverso cui osservare il paese, tuttavia, non possono essere solo quelli della debolezza statuale e delle dinamiche sicuritarie. Le vicende, spesso drammatiche, le peculiari identità e le molteplici espressioni artistiche delle comunità che abitano queste terre ci restituiscono uno scenario ricco ed eterogeneo, degno di essere raccontato, letto, approfondito. Muovendo da una prospettiva storica, socio-politica e culturale il volume prova, capitolo dopo capitolo, a rimettere insieme i numerosi tasselli, a rispondere a domande complesse, offrendo un’immagine dell’Iraq inedita e sfaccettata.

La caratteristica che ho maggiormente apprezzato di “L’Iraq contemporaneo” è quella di essere un saggio corale, frutto di una collaborazione di 15 accademici diversi, ognuno dei quali capace di raccontare al meglio un aspetto o una caratteristica di un luogo tanto incredibile quanto sfortunato. Trovo che questa scelta, specie per un paese così variegato e diviso al suo interno, sia davvero azzeccata, in quanto non ci limiteremo solo alla mera cronaca della sua storia (comunque importantissima), ma avremo anche la possibilità di approfondire tematiche che ci aiuteranno a comprendere al meglio i suoi abitanti. Verremo infatti a contatto anche con la sua storia culturale, letteraria ed artistica, oltre che con le millenarie comunità che lo popolano, alcune delle quali, come quella assira, risalenti a tempi che ci sembrano ormai dimenticati.
“Il mio posto è ovunque” di Silvia Abbà, un libro sui femminismi iracheni
Esiste il femminismo in Iraq? Dall’indipendenza del 1932 alle proteste dell’ottobre 2019, attraverso gli anni di Da‘ish, le storie delle donne irachene parlano del coraggio di far sentire la propria voce, della loro determinazione a essere ciò che desiderano. Al di fuori degli interessi dei regimi e degli attori internazionali, le donne irachene dimostrano quale sia il loro posto: ovunque esse vogliano.

“Il mio posto è ovunque” è il miglior libro in italiano sui femminismi iracheni, in grado di mostrarci al meglio una categoria ingiustamente ignorata nella maggior parte delle analisi sull’Iraq: le donne. Quest’ultime, pur componendo buona parte della popolazione irachena, non solo sono spesso e volentieri ignorate ma, soprattutto dall’inizio della guerra fra Iran ed Iraq, sono anche costantemente bersaglio della politica e delle dinamiche di potere interne al paese. Con lo scoppio delle rivolte del 2019 sembra finalmente farsi strada una luce nell’oscurità, ma dove e con che basi iniziano i femminismi iracheni? Cosa pensano oggi le donne di questo paese e quali sono le loro reali condizioni e problemi?
“Rapsodia irachena” di Sinan Antoon
Il 23 agosto 1989, il ministero dell’Interno iracheno viene informato che nel corso di un inventario eseguito nella sede del Comando centrale della Polizia di Baghdad è stato trovato un manoscritto in un archivio. Scarabocchiato a matita, risulta essere il diario di un giovane detenuto di nome Furat. Dal manoscritto scopriamo che era uno studente di Lettere e poeta alle prime armi, dotato di uno spirito sardonico e corrosivo, arrestato un bel giorno di aprile mentre guardava il cielo di Baghdad seduto su una panchina ad aspettare Arij, la sua fidanzata. Furat rievoca l’incubo delle carceri del regime e, in parallelo, la sua vita quotidiana fino all’arresto: l’adolescenza, la famiglia, l’università, la dittatura, la guerra Iraq-Iran, le partite di calcio allo stadio, i primi amori. Racconta di un Iraq impossibile, dove il regime è ovunque, nella vita pubblica come in quella privata, dell’isteria del dittatura baathista, così simile al nostro fascismo. Solo nel finale, ambientato in una Baghdad apocalittica e deserta, sembra profilarsi una speranza, ma forse è solo un’illusione, un miraggio.

“Rapsodia irachena” è un romanzo davvero dolce e sottile che vi permetterà di scoprire più da vicino com’era vivere in Iraq sotto Saddam Hussein, mostrando non solo fatti fatti storici o grandi eventi, ma concentrandosi soprattutto su elementi come l’amore, la scuola ed il calcio e mostrandoci come quest’ultimi, alla pari di un fiume, trovino mille ed uno modi per sgorgare e mostrarci la loro bellezza. La caratteristica sorprendente e a tratti commuovente di questo romanzo è infatti osservare come, nonostante una dittatura tanto feroce, vi sia ancora spazio per la dolcezza di un’amore e la voglia di rivalsa tipica dello sport, elementi che il nostro protagonista rivivrà durante ogni giorno della sua prigionia.
“Il matto di piazza della Libertà” di Hassan Blasim
Immaginate un uomo rapito e costretto a dichiarare in video di aver commesso atroci crimini in nome della religione. Oppure un viaggio di clandestini diretti in Europa che si trasforma in una carneficina. Immaginate un soldato che, rimasto chiuso in una stanza per diversi giorni con la sua amata, per sopravvivere si nutre del suo corpo e del suo sangue. Cadaveri che parlano, lupi mannari, teste mozzate, corpi dilaniati o scuoiati, padri che avvelenano le figlie, figli che portano in valigia lo scheletro della madre, morti che scrivono romanzi, suicidi, esplosioni di autobombe, neonazisti che in Europa picchiano a sangue gli immigrati. E poi matti, matti dappertutto, e un confine labile tra il reale e l’irreale. Provate a immaginare tutto questo e altro ancora. Immagini raccapriccianti e scene da brivido, come nella migliore letteratura gotica. Ma questa non è semplicemente letteratura gotica. Questo è l’Iraq. O l’Europa dei rifugiati iracheni.

A livello stilistico, Hassan Blasim è senza alcun ombra di dubbio una delle penne più importanti e caratteristiche di tutto il mondo arabo e con “Il matto di piazza della Libertà”, suo libro d’esordio, ce lo mostra in tutta la sua potenza. Verremo infatti catapultati in una realtà nuova, fatta di sangue, morte, disperazione e tanta macabra fantasia. I suoi racconti uniscono il gotico più puro con le catastrofi vissute sotto Saddam Hussein, dando un’immagine del tutto inedita e tragica di Baghdad e dell’Iraq; qualcosa che, pur ricordando i racconti di Sinan Antoon nel suo “L’archivio dei danni collaterali”, portano al suo interno tutta l’oscurità e l’abisso del genere umano.
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