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“Rapsodia irachena” è il primo libro scritto da Sinan Antoon e permetterà al lettore di scoprire tanto il carcere quanto la vita quotidiana nell’Iraq di Saddam
Rapsodia irachena
Il 23 agosto 1989, il ministero dell’Interno iracheno viene informato che nel corso di un inventario eseguito nella sede del Comando centrale della Polizia di Baghdad è stato trovato un manoscritto in un archivio. Scarabocchiato a matita, risulta essere il diario di un giovane detenuto di nome Furat. Dal manoscritto scopriamo che era uno studente di Lettere e poeta alle prime armi, dotato di uno spirito sardonico e corrosivo, arrestato un bel giorno di aprile mentre guardava il cielo di Baghdad seduto su una panchina ad aspettare Arij, la sua fidanzata. Furat rievoca l’incubo delle carceri del regime e, in parallelo, la sua vita quotidiana fino all’arresto: l’adolescenza, la famiglia, l’università, la dittatura, la guerra Iraq-Iran, le partite di calcio allo stadio, i primi amori. Racconta di un Iraq impossibile, dove il regime è ovunque, nella vita pubblica come in quella privata, dell’isteria del dittatura baathista, così simile al nostro fascismo. Solo nel finale, ambientato in una Baghdad apocalittica e deserta, sembra profilarsi una speranza, ma forse è solo un’illusione, un miraggio.
La vita sotto Saddam
“Rapsodia irachena” è un romanzo davvero dolce e sottile che vi permetterà di scoprire più da vicino com’era vivere in Iraq sotto Saddam Hussein, mostrando non solo fatti fatti storici o grandi eventi, ma concentrandosi soprattutto su elementi come l’amore, la scuola ed il calcio e mostrandoci come quest’ultimi, alla pari di un fiume, trovino mille ed uno modi per sgorgare e mostrarci la loro bellezza. La caratteristica sorprendente e a tratti commuovente di questo romanzo è infatti osservare come, nonostante una dittatura tanto feroce, vi sia ancora spazio per la dolcezza di un’amore e la voglia di rivalsa tipica dello sport, elementi che il nostro protagonista rivivrà durante ogni giorno della sua prigionia.

Altri elementi molto interessanti sono poi la premessa del manoscritto, che gioca costantemente con la lingua araba per mettere caos nella mente dei fedeli al partito, e l’appartenenza religiosa del protagonista. Come lo stesso Sinan Antoon, infatti, anche il protagonista è un cristiano di Baghdad, il che fornisce al lettore nuovi elementi per comprendere al meglio uno scenario tanto come complesso come quello iracheno. Un libro davvero delizioso che, pur parlando spesso e volentieri di elementi tragici come il carcere sotto la dittatura Ba’athista, riesce ad apparire come una luce di normalità nel buio della tempesta.
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