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Vanessa D’Alessandro ci porta alla scoperta di Salah Fa’iq, un poeta del Kurdistan iracheno quasi sconosciuto in Italia che però ha effettivamente rivoluzionato la poesia locale, portando innovazione, freschezza e surrealismo
Introduzione
La realtà geopolitica di quella che fu l’antica Mesopotamia, l’Iraq di oggi, e del Kurdistan iracheno, trovano forse leggera espressione e mitigazione nella letteratura e nella poesia, da sempre eccelsi strumenti di diffusione del patrimonio culturale, umanistico ed umano di ogni popolo e nazione.
A tal proposito sono felice di introdurre alla comunità di Medio Oriente e dintorni, la personalità di Salah Fa’iq, poeta contemporaneo nato in Kurdistan Iracheno, nella città di Kirkuk, da madre curda e padre turkmeno. La ricchezza delle sue origini etniche si mostra già estremamente interessante! Ma prima di approfondire la vita e la poetica del poeta curdo iracheno, trovo interessante, oltre che propedeutico, accennare alla realtà poetica araba di quegli anni (anni ’60 del 1900), al fine di potersi immergere al meglio nella poesia e nella poetica di Salah Fa’iq.
Il contesto culturale
La poesia araba contemporanea, intendendo per contemporaneo, quel filone di nuove idee, pensieri, sentimenti che si sviluppano nel periodo storico che va dal 1948, circa, anno cruciale, come ben sappiamo per i risvolti storici dell’area Medio orientale, in seguito alla disgregazione della Sublime Porta, l’Impero Ottomano, fu efficace strumento di espressione. In Palestina esplose la poesia impegnata (shi’r al-iltizam) o, ancor meglio, della resistenza (shi’r alqawm, o shi’r al muqawwama). Si fece portavoce di questo genere poetico la rivista al-Ādāb (“La letteratura), nata a Beirut nel 1953 e fondata da Suhayl Idris, particolarmente dedicata a tematiche quali l’anticolonialismo ed il panarabismo (principale ideale del panarabismo è auspicare all’unione di tutti i popoli e civiltà di origine etnica e linguistica araba; ciò si differenzia dal panislamismo, che auspica alla creazione della dar al-islam, la creazione di un’entità politica e culturale di stampo prettamente islamico), proprio quest’ultimo tornò in auge in occasione del periodo di transizione tra il disgregamento dell’Impero Ottomano e la nascita dello Stato d’Israele. Di certo si può citare il nome di Mahmoud Darwish, in quanto pioniere della poesia palestinese e degli ideali patriottici palestinesi.

Tornando invece all’Iraq, anche qui si registrò una nuova tendenza poetica. La poesia si carica di simbolismi e figure retoriche, anche e soprattutto al fine ultimo di evitare la dura e sistematica repressione del tempo, che si abbatté anche sulla libertà di espressione. Ma, oltre a ciò, si aggiunse la tematica della metropoli e del senso di alienazione in una realtà urbanistica e culturale che muta, sotto la presenza straniera, coloniale ed economica. Un senso d’alienazione che a tratti mi riporta alla mente le sensazioni tipiche dell’uomo della prima rivoluzione industriale. Nella forma si proseguì il cammino inaugurato dalla poetessa irachena Nazik al-Malaika , affiancata da Badr Shakir al-Sayyab, anch’egli iracheno. È una poesia nuova, più prosaica, che vuole essere libera, almeno nella forma, di quei limiti posti alla libertà d’esprimere le idee e i sentimenti.
Salah Fa’iq
In questa cornice introduttiva, seppur breve, è il momento di inserire la figura di Salah Fa’iq. Come già accennato, Salah Fa’iq nasce nel 1945 a Kirkuk, città a nord del Kurdistan iracheno. Ho avuto il piacere di intraprendere una corrispondenza con Salah Fa’iq, il quale si è mostrato estremamente gentile e disponibile a fornirmi maggiori dettagli sulla sua vita e sulla sua poetica. Ciò che suscita maggior fascino e curiosità è proprio la scarsa reperibilità di materiale, in lingua inglese ed italiana, circa il poeta curdo.

Tornando alla sua vita, in giovane età Salah Fa’iq fu attivista politico. Si accostò alla letteratura solo nel 1964, in quegli anni si registrò una leggera distensione politica, che garantì una maggior (seppur leggera) libertà di espressione. Di grande ispirazione per la sua opera poetica fu anche il padre, che fu cantante e pittore. Si può dunque dire fosse consacrato all’espressione artistica. Di grande ispirazione furono, inoltre, la poesia inglese e francese, come mi racconta nella nostra corrispondenza. Fu infatti un grande viaggiatore, fra l’Europa e i paesi arabi, e ciò gli permise di crearsi un ampio e variegato bagaglio culturale. A causa della repressione politica, che seppur alleggerita, continuava in Iraq, la sua attività politica e poetica gli costo, alla fine degli anni ’60, l’arresto. La polizia gli confiscò un diario di poesie dalle quali trapelavano le sue idee politiche, e da allora non gli fu più restituito.

Negli anni ’70 riuscì ad ottenere il passaporto per poter fuggire dall’Iraq e rifugiarsi a Damasco, E ciò grazie all’aiuto del poeta ed amico Abd al Wahab al-Bayyati, il quale fornì il proprio sostegno a Salah Fa’iq anche nella pubblicazione della sua raccolta intitolata Al- Raha’in (Ostaggi). Nel 1976 riuscì a raggiungere Londra, dove rimase per diciassette anni, a contatto con la fiorente letteratura inglese, che influenzò le sue idee e le sue forme poetiche, grazie soprattutto al contatto con un gruppo di poeti e pittori surrealisti inglesi, e continuò la sua produzione poetica in lingua inglese e in lingua araba. Ad oggi la sua produzione letteraria è ancora attiva, anche sui social. Attualmente residente nelle Filippine, dove si è trasferito nel 1993. La sua produzione poetica conta all’incirca più di 30 raccolte di poesie, molte delle quali tradotte in lingue occidentali, tra le più importanti: Another Fire Befitting a city (Londra, 1979), The Lode, The Word (Londra, 1985), per la produzione poetica tradotta in lingua inglese; Otage (Francia, 2011), tradotta in francese e Dibabah fi ma’tim (Orsi ad un funerale) pubblicata nel 2013, in lingua araba.
Il Gruppo di Kirkuk
Salah Fa’iq mi racconta di identificarsi con le idee del Gruppo Di Kirkuk (Gamaa’a Kirkuk). Il Gruppo di Kirkuk fu un gruppo letterario, o ancor meglio, un gruppo artistico, in cui confluivano le arti, la letteratura e la poesia. Peculiarità del Gruppo di Kirkuk fu la sua multietnicità e il suo multilinguismo, motivo per cui il Gruppo di Kirkuk amava anche definirsi Rosa di Kirkuk (Ward Kirkuk). Il Gruppo assunse le sembianze di un simposio letterario in cui potersi confrontare, scambiare idee, dedicarsi all’arte ed alla composizione di versi, ed il tutto accadeva in caffè, parchi, giardini. Gli scrittori del Gruppo non si identificarono mai formalmente in un gruppo letterario con uno specifico manifesto o documento programmatico, poiché ritenevano che ciò limitasse e confinasse il talento e la creatività artistica, nonché la loro libertà. Il nome Gruppo di Kirkuk fu coniato negli anni ’60 a Baghdad.

Lingua franca della scrittura fu la lingua araba, scelta che potrebbe ricondursi forse alla situazione politica del Kurdistan ed allo stato di esclusione a cui fu relegata la lingua curda. Nel corso della storia la lingua curda riguadagnò importanza nell’ambito della burocrazia, in seguito alla costituzione del parlamento e del governo federale del Kurdistan (in Iraq) nel 1992. In gran parte della produzione letteraria del Gruppo di Kirkuk permeava surrealismo e, talvolta, anche ermetismo., quasi fosse una forma di evasione dalla dura repressione politica del tempo, soprattutto alla libertà d’espressione. Ma, accanto al surrealismo, emergeva anche un grande senso dell’umorismo. Al-Ghassani, uno dei membri del gruppo, si espresse circa l’elemento umoristico delle opere letterarie del Gruppo, definendolo tipicamente iracheno, un elemento importante e fondamentale, manifestazione di tenacia e forza, riusciva a trovare massima espressione attraverso le idee e le opere del Gruppo.
Dal 1953 si susseguirono varie fasi del Gruppo, la prima fase si snodò principalmente a Kirkuk e fu una fase di costruzione. Intorno al 1964 circa, gran parte dei membri si spostarono verso Baghdad. Durante il cosiddetto periodo di Baghdad, gli artisti del Gruppo entrarono in contatto con un nuovo fervore artistico e letterario, tipico delle capitali, e attirarono all’interno del gruppo nuovi membri. Dal 1971 fino ai nostri giorni si inaugurò il periodo che può definirsi della diaspora e dell’esilio, che riflesse il desiderio di libertà dei membri del Gruppo, la voglia di lasciare il paese per entrare in contatto con nuove idee e con una nuova libertà di espressione. Ulteriore motivo e al contempo causa dell’emigrazione di numerosi scrittori del Gruppo, oggetto di persecuzioni e repressione a causa delle idee veicolate all’interno delle loro opere.
La poesia di Salah Fa’iq: Dibabah fi ma’tim (Orsi ad un funerale)
Dopo aver fornito in più punti, seppur brevi, tutte le informazioni necessarie a poter contestualizzare e comprender meglio la poesia del nostro poeta Salah Fa’iq, è giunto il momento di presentare la sua opera Dibabah fi ma’tim, a cui mi sono dedicata durante la stesura della mia tesi di laurea triennale, e della quale vorrei presentare alcune poesie da me tradotte dall’arabo all’italiano. L’opera Dibabah fi ma’tim fu composta nel 2013 e fu pubblicata dalla casa editrice Al-Kamel Verlag, Germania. Si compone di cinque capitoli, quasi tutti intitolati ad un animale in una situazione surreale.
Il primo capitolo riprende il titolo dell’opera, dunque Orsi ad un funerale; il secondo si intitola Zirāfa tabkī fi muḥakama (Una giraffa piange in un tribunale). Il terzo capitolo riporta il nome di Ḥyna taṭīr ṯīrān muganḥa (Quando volano tori alati); il quarto e l’ultimo capitolo si intitolano rispettivamente Ḏaʾb yatġaṭī bil ḥāf min zugāg (Un lupo avvolto in una coperta di vetro) e Fagr yabḥaṯ ʾan ʾāzaf kamān (Un’alba in cerca di un violinista). Il titolo fu ispirato, come spiega Fāʾiq, da un episodio specifico: “orsi ad un funerale l’ho composta ricordando di alcuni orsi in cui mi sono inaspettatamente imbattuto a nord del mio paese, il Kurdistan. Una volta incontrai un altro orso su un monte che stava piangendo: questo ricordo è rimasto impresso nella mia memoria”.

Dal punto di vista stilistico ho riscontrato un’estrema libertà nella metrica, ogni poesia ha una forma a sé, – talvolta anche forma di dialogo, quasi come una fiaba- e la variabilità della struttura metrica va così di pari passo con il concetto di libertà proprio della prosa poetica araba contemporanea di fine anni cinquanta. Questo perché Salah Fa’iq rientra nella categoria dei poeti arabi -nello specifico iracheni- che si impegnarono nella liberazione della poesia dalle limitanti forme poetiche tradizionali. Ci fu una tendenza diffusa fra i poeti dell’Iraq del tempo, e fu quella di far largo utilizzo e riferimento al binomio campagna/città e agli effetti della produzione di gas e petrolio in Iraq.
I versi di Salah Fa’iq
Ma cominciamo ad analizzare alcuni dei suoi versi. Nella poesia 12, alla fine del primo verso, emerge la figura del treno:
Ho corso dalla mia casa verso un treno per Erbil
(Faiq, 2013:83)
Illudendomi di trovarvi coste.
Sulla strada ho preso parte all’evacuazione di alberi ed animali
Dall’assalto di un’inondazione
Si potrebbe rintracciare un riferimento alla città ed alla sua modernizzazione, a cui segue lo sfumare del paesaggio tradizionale. Fin dal titolo dell’opera emerge un particolare interesse per il mondo degli animali, forse personificazioni, allegorie di sentimenti o sensazioni? Probabile. Proverò a darne interpretazione ma, come afferma Salah Fa’iq, senza incappare in una pedissequa interpretazione della poesia stessa, poiché ciò porterebbe alla razionalizzazione delle parole e delle emozioni, e dunque alla sterilizzazione della poesia. “Devi immaginare e ricordare, evitando di entrare troppo nel contesto logico della poesia”: questo è il meccanismo alla base del lavoro poetico di Salah Fa’iq. Così mi dice. In questo senso ho colto un po’ di elemento romantico tipicamente inglese: come affermava Shelley, infatti, la poesia non è altro che espressione dell’immaginazione, o ancor meglio, come affermava Wordsworth, la poesia è uno spontaneo fluire di sentimenti forti. A tal proposito mi piacerebbe proporre questa poesia estratta dall’opera:
1.
A parole apro porte e ne chiudo altre
Polvere su polvere nei palmi del poeta
Ciò che resta del passato lo riordino nella notte e poi mi addormento
E vedo i miei antenati, i sumeri ai confini che portano semi,
tartarughe
Fin dai primi versi emerge il cuore della poetica di Fa’iq: l’immaginazione, la fantasia che si serve della poesia per aprire le porte a nuovi mondi, che non sempre necessitano di troppe spiegazioni. Tornando al riferimento al mondo animale, si potrebbero adottare più chiavi di lettura: gli animali come simboli della tradizione islamica o folcloristica araba, come personificazioni o come elementi tipici della paesaggistica di Kirkuk. Ma al di là della transcodificazione di tali elementi ricorrenti, la loro presenza nell’opera conferisce alle poesie l’aspetto del racconto e della favola di stampo classico: dalla lettura scorrevole ma con un tocco di surrealismo e fantasia. Ecco un esempio di poesia di cui è protagonista una gazzella:

2.
Ieri mi ha fatto visita una gazzella
L’ho ossequiata con dell’erba e della frutta, quella notte
Mentre le leggevo un racconto da “Le mille e una notte”
La luna sospirò con forza così il mio ospite fuggì
La gazzella può far riferimento all’animale in quanto tale: infatti, dalle ambientazioni rurali di cui spesso parla il poeta si può dedurre che vivesse in un luogo in cui fosse frequente la visita degli animali. È possibile, però, darne una seconda interpretazione: la gazzella potrebbe far riferimento ad una donna. È infatti frequente, nella cultura araba, designare le donne con questo termine per decantarne ed esaltarne la bellezza. O semplicemente non è necessario dare alcun’interpretazione allegorica al componimento. Risalta però la magia e la non usualità della scena, che sembra quasi proiettata in una dimensione onirica. Andando avanti con l’esplorazione dell’opera, ho rilevato in alcuni componimenti dei possibili elementi autobiografici:
13.
(Faiq, 2013: 83)
Ti porterò verso la nave, le dissi, se ti trasferirai con me
Restò sulla banchina a sorridere e a farmi cenno con la mano
Salii sulla nave da solo ed era vuota.
Sono tornato alla banchina e non c’era.
Mi girai verso la nave e la vidi sorridere e chiamarmi insieme ad altri
Ed altre, e la nave si allontanava.
Questa poesia potrebbe essere il racconto di un amore giovanile e di uno dei numerosi viaggi del poeta. Risalta la costante delicatezza e leggerezza nel descrivere scene di vita quotidiana. Sarebbe bello poter proseguire con la lettura e l’analisi di altre poesie del poeta, ma lascio a voi la curiosità di ricercarne altre, fra quelle tradotte, per immergervi in una poetica forse nuova, che può mettere in contatto con scenari culturali innovativi, riferimenti storici lontani da quelli della poesia occidentale alla quale siamo abituati. Si può dunque concludere affermando che la poesia di Salah Fa’iq si caratterizza per la sua personalità, particolarità stilistica e di contenuti, i quali trasmettono e creano nuove forme di libertà e leggerezza; permettendo anche di lasciare una porticina aperta all’immaginazione. È una poesia che, appunto, non vuole limitare e confinare l’espressione e l’immaginazione, che è il motore dell’arte poetica.
Vanessa D’Alessandro, l’autrice di questo articolo

Vanessa D’Alessandro è nata a Pescara, la sua innata passione per la culture e le lingue antiche l’ha portata a frequentare il liceo classico, e a dedicarsi allo studio del Greco e del latino. Il suo innato interesse e passione per e la cultura e la lingua araba l’hanno poi indirizzata verso gli studi universitari in lingue. Ha frequentato l’Universitã degli studi Gabriele d’Annunzio di Pescara, dove si è laureata in lingue e letterature straniere alla triennale, inglese ed arabo, con grande attenzione alla letteratura araba. Ha proseguito i suoi studi conseguendo una laurea in lingue per l’impresa e la cooperazione internazionale, concentrandosi in particolar modo sull’arabo levantino. L’esperienza piú rilevante e importante per la sua formazione ē stata quella in Marocco, dove ha avuto la fortuna di vivere per quattro mesi grazie ad una borsa di studio ottenuta dall’Istituto di lingua araba Qalam, di Rabat. Qui il suo amore per la lingua araba si ē consolidato definitivamente e per sempre.
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