“Lungo cammino” di Ayhan Geçgin

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“Lungo cammino” di Ayhan Geçgin è uno dei romanzi più strani, intensi e particolari che abbia mai letto, in grado di trasmettere un incredibile senso di vuoto fondamentale per riscoprire noi stessi

“Lungo cammino” di Ayhan Geçgin

Deciso a liberarsi di tutto, compresa la propria identità, il protagonista del romanzo parte per un lungo viaggio nell’intento di trovare un posto isolato dove ripararsi. Esce di casa con uno zaino sulle spalle, un mattino, all’alba. Dapprima si trascina nei parchi della città, nelle periferie, quasi come un senzatetto. Un giorno, però, si risveglia dolorante in un letto d’ospedale. Una dottoressa gli fa capire che è stato picchiato dalle forze dell’ordine, che per giunta si presentano in reparto e aprono una cartella sul suo conto. Uscito dall’ospedale prima delle dimissioni, ormai senza più un nome, l’uomo si rimette in viaggio. È debole, comincia a dimenticare il motivo che lo ha spinto a partire. Cosa cerca? E perché? Dove sta andando? Camminando lungo una strada, viene fermato da alcuni militari che lo costringono a un rapido arresto. Quando riprende il cammino, la fame, la sete, il freddo e la pioggia lavorano il suo corpo ormai scheletrico. È vero, la mente perde lucidità, ma il suo spirito acquista leggerezza. Cos’è che cercava quando è partito? Non lo sa. Ormai l’unico suo desiderio è completare il viaggio. Ma verso dove? E perché? In un’avventura commovente tra città e montagne, innocenti e carnefici, guerriglia e silenzio, l’autore dona al lettore un’opera cardinale della nuova letteratura esistenzialista. C’è un fine, un obiettivo nel lungo cammino della vita umana? Forse sì. Ma la ricerca ha esiti imprevedibili.

Un romanzo assoluto

“Lungo cammino” è, ad oggi, senza alcun ombra di dubbio la più autentica rivelazione di quest’anno, un testo davvero unico e particolare che, nella sua semplicità e naturalezza, spesso e volentieri graffianti, ci porterà nelle profondità dell’animo del protagonista, un personaggio il cui unico scopo pare quello di slegarsi da questa vita terrena. Proprio per via della sua unicità, è davvero complicato raccontare questo testo; potrei fare una mera descrizione degli eventi, ma ciò non darebbe al libro il giusto peso e valore, elementi che in questo caso sono più che mai legati a ciò che la penna di Geçgin trasmette.

Ayhan Geçgin
Testo gentilmente donatomi dalla Casa editrice Utopia

Alla pari di grandi testi come “L’Etranger” di Camus, infatti, lo scopo del romanziere non è tanto quello di raccontare una storia, ma piuttosto utilizzare la narrazione per infondere al lettore sensazioni, la più presente delle quali è sicuramente l’immenso senso di vuoto che popola la mente del protagonista. Durante ogni suo spostamento e peripezia, abbiamo infatti la continua e costante certezza che nulla sia destinato a durare e ciò non può che trasmettere al lettore un continuo senso di vacuità assoluta; come se la vita di ogni essere umano procedesse su dei canovacci prestabiliti che, se seguiti con attenzione, ci portano a vivere bene, ma in gabbie dorate.

Post-sufi

A tal proposito, il percorso e la scelta del protagonista ricordano molto bene quelle tipiche del mondo sufi, il misticismo dell’Islam, in cui spesso e volentieri i suoi adepti scelgono di abbandonare ogni cosa per raggiungere l’Assoluto. La grande differenza, però, è che nel loro caso il senso del divino è tanto forte da risultare trascendentale, mentre qui è essenzialmente assente. Sotto tale aspetto, “Lungo cammino” sembra addirittura un romanzo “post-sufi”, ovvero un testo che, pur mantenendo costante il collegamento con quel mondo, è come se avesse superato il concetto di fede e divino, ma senza quest’ultimi si ha la sensazione di essere davanti ad un immenso oceano vuoto, senza anima.

Ayhan Geçgin
Ayhan Geçgin

Eppure, il fatto di non avere un’anima non gli impedisce di seguire esattamente gli stessi passi compiuti da quelle figure, tanto che, specialmente sul finire dell’opera, sia ha la sensazione che anche il protagonista cerchi di fondersi con qualcosa, ma in questo caso si tratta della terra e della natura. Come i sufi, infatti, egli pare essere, più che alla ricerca di un luogo, alla ricerca di una sensazione ovvero l’essere libero dalla sua stessa condizione di umanità. Non a caso sono molteplici i punti del romanzo in cui non capisce appieno se sia vivo o morto ed altrettanto spesso si trova a desiderare di essere come le piante: estremamente unito alla terra, ma allo stesso tempo liberato da attività come nutrirsi, recarsi in bagno o tante altre cose che costellano la vita di ogni essere umano ed animale.

Potrei dire ancora tanto di questo incredibile testo, ma la verità è che uno di quei romanzi che vanno letti per provare a comprenderne appieno l’essenza; in ogni caso sono sicuro che, come me, non potrete non rimanere affascinati ed incantati da un universo che, pur essendo all’apparenza molto lontano da noi, in realtà ci abita nel profondo e la sua scoperta è essenziale per scoprire meglio chi siamo e qual’è il nostro percorso.

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