Storia dell’Islam marocchino

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La storia dell’Islam in Marocco dalle origini sino ai giorni nostri

Alle origini dell’Islam

L’Islam giunge per la prima volta in Marocco a seguito dell’invasione Omayyade del 680 e viene accolto molto bene dalle locali tribù amazigh/berbere, che si convertiranno particolarmente in fretta rispetto, ad esempio, a paesi come l’Egitto; proprio tale rapida conversione sarà alle basi della Grande rivolta amazigh.

Islam in Marocco
Tariq ibn Ziyad, colui che conquisterà il Marocco per conto degli Omayyadi

Quest’ultima sarà infatti originata dall’indignazione dei locali per essere trattati da cittadini “di seconda fascia” anche una volta abbracciata la nuova fede e porterà alla sconfitta dell’esercito califfale a Tangeri nel 740 ed alla definitiva disfatta del 741 nei pressi di Fez. Da tale distruzione emergeranno 3 potentati: l’Emirato di Nekor (710–1019) nel Nord del Marocco, la Confederazione dei Barghrawata (744–1058) nel centro-ovest e l’Emirato di Sijilmassa (757–976) nel Sud-Est.

I 3 regni

Per comprendere l’evoluzione spirituale del paese è importante soffermarsi soprattutto sugli ultimi due, in quanto l’Emirato di Nekor rimase prevalentemente sunnita, mentre gli altri seguirono traiettorie ben più particolari. L’Emirato di Sijilmassa, infatti, divenne uno dei principali centri sufriti al mondo; questi erano un particolare corrente del Kharijismo moderato, affermatosi prima a Basra e poi, a seguito di pesanti persecuzioni, proprio a Sijilmassa.

Islam in Marocco
Piccola nota: il regno Idriside in realtà sarà governato da discendenti di sangue misto (Arabo ed Amazigh)

La Confederazione dei Barghawata era invece dalla religiosità più complessa in quanto era formata da 29 tribù, 17 delle quali erano Khairjite (probabilmente di stampo sufrita), mentre le restanti 12 seguivano una religione propria che riuniva il credo di tutte le principali correnti islamiche (Sunnismo, Sciismo e Kharijismo) alla religione amazigh. A queste 3 potenze si aggiunse una dinastia destinata a cambiare per sempre la storia del Marocco: gli Idrisidi.

Gli Idrisidi

Il loro nome deriva da Idris I, figura chiave per comprendere appieno la storia del Marocco e, in generale, dell’evoluzione del pensiero islamico locale. Egli non era infatti un comune capoclan locale, bensì il pronipote di Hassan ibn Ali, il nipote del Profeta (pbsl). Tale dinastia fu protagonista di profonde lotte intestine prima contro gli Omayyadi e poi contro gli Abbasidi, che porteranno de facto alla nascita del movimento Sciita; non a caso Idris I fuggirà dall’Arabia proprio a seguito del Battaglia di Fakhkh del 786, trovando rifugio nel 789 in Marocco presso Walili, l’antica Volubilis, territorio sotto tribù amazigh degli Awrata.

Islam in Marocco
Fes el Bali

La loro alleanza, culminata nel matrimonio con Kenza al-Awrabiya, li porterà in breve tempo ad affermarsi come la maggior potenza sul suolo marocchino, oltre che a fondare la città di Fez, la prima capitale. Sotto un mero profilo religioso, gli Idrisidi sono particolarmente interessanti poiché non si sa con certezza a che confessione appartenessero. Sicuramente erano musulmani, ma ancora oggi vi sono molti dubbi se fossero sunniti o sciiti di stampo zaydita; il dubbio è derivato soprattutto dalle origini di Idris I ed al fatto che più volte i suoi sudditi si rivolgevano a lui con il titolo di “imam”, caratteristica tipica proprio del mondo sciita. Con la definitiva caduta degli Idrisidi per mano della confederazione dei Maghrawa, il vuoto di potere venne ben presto raccolto dagli Almoravidi, i primi a conquistare tutto il Marocco e ad introdurre in modo stabile e sistematico il sunnismo malikita.

Gli Almoravidi e l’exploit dei Malikiti

In origine gli Almoravidi erano una confederazione tribale amazigh chiamata Sanhaja che popolava l’omonima regione (grossomodo collocabile fra la parte più occidentale del deserto del Sahara e la più sud-orientale del Maghreb) e che a partire dal 9° secolo si era convertita all’Islam sunnita. Sfruttando lo zelo religioso la confederazione si era espansa sempre di più nella regione, ma, a causa di dissidi interni e rivali esterni, si era de facto sgretolata, provocando in loro un grande desiderio di rivalsa; fu a questo punto che fece capolino nella storia una delle figure più determinanti in assoluto per la religiosità marocchina: Abdallah ibn Yasin.

Marrakech
Bab Agnaou a Marrakech

Attorno al 1040 Yahya ibn Ibrahim, uno dei capoclan dei Sanhaja, si recò in Pellegrinaggio ed al ritorno fece una sosta a Kairouan, nell’attuale Tunisia, dove incontrò il grande malikita Abu Imran al Fasi, al quale chiese come fare per islamizzare al meglio il suo paese pieno di “costumi pagani”. Il grande giurista gli fece allora il nome di Abdallah ibn Yasin, teologo della sua stessa scuola di pensiero, noto per le sue posizioni rigorose riguardo Corano e Sunnah ed il rigetto verso ogni costume tribale. Il suo zelo si rivelò fondamentale per la conquista degli Almoravidi, i quali riusciranno in breve tempo a conquistare i territori dell’odierna Mauritania, Western Sahara, Marocco e persino Andalusia, dando all’impero una nuova capitale, Marrakech, e legandolo per sempre al malikismo. Nel 1146 gli Almoravidi cadranno ed al loro posto arriveranno gli Almohadi.

Ibn Tumart e gli Almohadi

Questi inizialmente erano un movimento religioso fondato da Ibn Tumart, studioso amazigh che aveva studiato a lungo in Andalusia, recandosi poi a Baghdad, dove, secondo la tradizione, avrebbe incontrato persino al Ghazali. Fu proprio qui che Ibn Tumart elaborò il proprio credo, unendo elementi diversi fra di loro appartenenti a molteplici correnti religiose spesso e volentieri fra di loro contrapposte. Il pensiero religioso di Ibn Tumart era ancora più rigoroso di quello di Yahya ibn Ibrahim ed incolpava gli Almoravidi ed i malikiti di aver antropizzato Dio, mettendo al centro dei loro pensieri non tanto l’Assoluto ma l’essere umano. È proprio da tale contrapposizione che deriva il loro nome in arabo”al-Muwwahidun”, ovvero “coloro che affermano l’unicità di Dio”, latinizzato solo poi in “Almohadi”.

Islam in Marocco
Moschea della Koutobia a Marrakech

Dopo aver avuto alcune disavventure nel viaggio di ritorno, Ibn Tumart si stabilì poco fuori Bejaia, in Algeria, iniziando a predicare il suo Islam a coloro che diverranno poi gli uomini chiave della sua rivoluzione politico-spirituale. Nel 1120, dopo un duro confronto verbale con gli Almoravidi, trovò rifugio presso la confederazione tribale dei Masmouta, dichiarandosi nel 1121 nuovo Mahdi ed avviando una vera e propria guerra santa contro i sovrani del Marocco. Con la morte di Ibn Tumart nel 1130, il comando passerà ad Abd al Mu’min, che nel 1147 conquisterà Marrakech, occupando anche buona parte dell’odierna Algeria, Tunisia ed Andalusia. Sotto il loro potentato il pensiero islamico godrà uno dei suoi punti più alti, con figure quali Ibn Tufayl ed Ibn Rushd (Averroè) come massimi rappresentanti. Con il declino politico degli Almohadi, tuttavia, il Sunnismo malikita tornò ad essere di gran lunga la confessione predominante dell’odierno Marocco, così com’è ancora oggi.

Sufismo

Fra gli ordini sufi più importanti del Marocco va senza dubbio citato quello degli Shadhiliyya, la cui figura di riferimento è Al-Shadhili, nato proprio nei pressi dell’odierna Ceuta. Tale ordine acquisterà sempre maggior importanza a partire dal 15° secolo, periodo in cui prenderà le parti di Marrakech in un’epoca di sempre maggior tensione fra quest’ultima e l’allora capitale Fez. Non a caso a quel periodo storico risale Sheikh al Jazuli, in assoluto uno dei maggiori esponenti di quest’ordine e considerato oggi fra i maggiori santi della città.

Marrakech
Zaouia Sidi ben Sliman Al Jazuli

Nel centro-nord del paese si sviluppò invece la confraternita dei Jilala che fa risalire le sue origini ad Abdul Qadir Gilani e che, a differenza degli Shadhiliyya, tenderà a supportare Fez nelle lotte di potere contro Marrakech. Caratteristica dei Jilala è la celebrazioni dei momenti di massimo misticismo con musica e canto, cosa che, oltre a lodare santi e ricordare Dio, serve anche ad entrare in contatto con i jinn, gli spiriti dell’Islam.

Gnawa e credenze popolari

Tale tipo di cerimonia, chiamata “lila”, è centrale anche presso gli Gnawa. Quest’ultimi sono perlopiù i discendenti degli ex-schiavi subsahariani che, con l’abolizione della schiavitù, si dedicarono proprio a tali celebrazioni, ponendo il massimo focus sul contatto con i jinn, andando a rafforzare tale fenomeno culturale diffuso anche in Algeria. Va sottolineato che, a differenza dei Jilala, gli Gnawa non sono tanto un ordine sufi, ma piuttosto un’etnia che, con il passare del tempo, si è trasformata perlopiù in uno specifico genere musicale. Anche per tale motivo, le loro “lila” pare abbiano un substrato animista poi fusosi con delle pratiche sufi.

Hamid el Kasri durante una lila

Prima di chiudere l’argomento “Islam in Marocco” è necessario sottolineare che qui sono particolarmente sviluppate la magia e le credenze ad essa associate, elementi da sempre presenti all’interno del mondo amazigh e che, anche vista la distanza del paese dai tradizionali centri di potere islamico, hanno trovato terreno fertile per penetrare affondo nel substrato culturale marocchino.

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