Storia del Narghilè

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Il narghilè è uno degli oggetti più iconici e conosciuti al mondo, con una storia che lega India, Persia e mondo ottomano. Qui trovate anche una piccola parentesi dedicata ai nomi ed al funzionamento.

Fumare fa male

Prima di iniziare è fondamentale precisare che Medio Oriente e Dintorni si pone come fonte di informazione storico-culturale e non intende in alcun modo incentivare né il consumo di tabacco e/o altre sostanze presenti nell’articolo né il “fumare”, pratica che in ogni caso porta a rischi per la salute. Invito pertanto a prendere il presente solo testo come mera esposizione di un elemento da sempre presente nelle culture dei popoli e territori trattati dal progetto Medio Oriente e Dintorni. Fatta questa doverosa precisazione, spero possiate apprezzare l’articolo e scoprire qualche curiosità in più riguardo questo oggetto sempre più diffuso anche al di fuori dei suoi paesi d’origine.

Storia del Narghilè

Anche se il “fumare” ha origini molto più antiche all’interno del “Medio Oriente” e del “mondo islamico”, la comparsa del primo narghilè viene tendenzialmente datata nella seconda parte del 1500. In quel periodo storico il tabacco raggiunse per la prima volta l’India e la Persia, portando i sovrani locali ad elaborare nuovi metodi per godere appieno di questa nuova sostanza. Secondo il viaggiatore francese Louis Rousselet, il primo ad inventare l’odierno narghilè fu fisico persiano Hakim Abu-l Fath Gilani, che lo introdusse alla corte dell’imperatore Akbar, rendendolo fin dagli albori un oggetto incredibilmente popolare e richiesto all’interno di tutto il suo regno, contribuendo ad una rapida diffusione anche nel mondo arabo, persiano e turco.

narghilè
Karim Khan Zand mentre usa il suo qalyan

In tali luoghi era già storicamente diffusa l’abitudine di fumare, la differenza principale fu però che tale oggetto venne ideato appositamente per il tabacco, pianta che non esisteva proprio in queste aree, dove era invece decisamente più sviluppato il consumo di cannabis, per la quale si preferivano utilizzare tecniche diverse come chilum o sebsi. Va detto che comunque il grande exploit di quest’abitudine si ebbe proprio con l’introduzione del narghilè, che riuscì a diffondersi sempre di più nelle Case del caffè, diventando elemento iconico tanto quanto lo stesso caffè. Inizialmente in Persia, a differenza di India e Turchia, il suo consumo, assieme a quello del tabacco, venne proibito, ma da Shah Abbas II il suo uso divenne tanto diffuso che i successivi sovrani si fecero costruire narghilè artigianali con vetri pregiati, come quello veneziano, ed istituirono delle vere e proprie squadre di “addetti al narghilè”. Uno sviluppo senza fine che ha portato quest’oggetto a diffondersi anche in Europa e nelle Americhe.

Funzionamento e nomi

Il concetto rivoluzionario alla base del narghilè è quello di non aspirare direttamente il fumo, facendolo passare prima dall’acqua contenuta alla base ed alleggerendo la fumata, rendendo così più piacevole il sapore. Nel dettaglio: il tabacco e/o la melassa vengono riscaldati da del carbone caldo posto alla sua cima, di modo che i vapori sprigionati vengano tirati verso il contenitore d’acqua e solo dopo aspirati dal consumatore. Proprio l’introduzione dell’acqua pare esser stata la mossa più geniale di Abu l-Fath Gilani, che venne incontro alle esigenze dell’imperatore Mughal di aver un fumo “fresco e purificato”, al contrario di quello più forte e puro già diffuso all’epoca.

narghilè
Istanbul nel 1905

Riguardo ai nomi c’è da fare una grande parentesi, in quanto “Narghilè” è semplicemente il termine più diffuso in italiano, ma le varie popolazioni hanno molti modi diversi per definire tale oggetto. Nel Sub-continente indiano e nel mondo anglofono si usa infatti soprattutto il termine “hookah” (quest’ultimo va pronunciato “huqqa”), mentre in gran parte del mondo arabo e dell’ex Impero ottomano, oltre a nomi come “narghilè”(نارجيلة), “nagile” e “arghilè” (أرجيلة), è diffusissimo il termine “shisha”(شيشة). In Iran, Russia, Bielorussia ed Ucraina è noto con il nome di “qalyan”(قلیان) o “kalyan”(Кальян), mentre in Uzbekistan con il nome di “chilim”, in Kashmir con “Jajeer” ed alle Maldive con “Guduguda”.

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