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La storia della seta, dalle sue origini in Cina alla Via della Seta, arrivando a conquistare il mondo intero
Quale seta?
Prima di cominciare il nostro discorso, è necessario specificare che con seta ci si riferisce nello specifico allo strato filamentoso prodotto dalla pupa della falena Bombyx mori, ma in natura sono da sempre presenti altri tipi di seta, prodotti da insetti molto diversi fra di loro (anche se le più note sete “non di Bombyx mori” sono comunque prodotte da falene); la scelta di concentrarsi su questa seta è specifica è dovuta ad alcune ragioni pratiche che, de facto, hanno formato la Storia come la conosciamo oggi.

Innanzitutto, tali varietà differiscono per colore ed uniformità, cosa che le rese fin dall’alba dei tempi meno adatte alla produzione su grande scala, inoltre, la Bombyx mori è l’unica a non porre sulla propria seta uno strato minerale, cosa che complica proprio a livello tecnico l’estrazione del prezioso filamento; ad oggi, grazie ad alcune particolari tecniche di demineralizzazione, tale difficoltà e quasi nulla, ma ne complica comunque la produzione, trasformandole in un prodotto estremamente raro per costo e richiesta.
Seta, tesoro cinese
Fatta tale premessa possiamo finalmente concentrarci sulla nostra storia, le cui origini sono da ricercare nell’antica Cina. Secondo il mito, la prima a scoprire la seta fu l’imperatrice Leizu, la moglie dell’Imperatore Giallo, la quale, mentre stava seduta a sorseggiare il tè nei pressi di un albero di gelso, vide che nella propria tazza era caduto un bozzolo di Bombyx mori che, colpito dall’acqua rovente, si svelo tutto, mostrando la celeberrima fibra. Tralasciando la leggenda, secondo alcuni ritrovamenti archeologici tale filamento venne utilizzato per la prima volta nell’attuale provincia dell’Henan a partire dal 8500 a.C., mentre le prime vere e proprie coltivazioni e lavorazioni cominciarono da circa il 3600 a.C. . Inizialmente visto come tessuto ad appannaggio esclusivo degli imperatori, aumentandone notevolmente il valore.

Di lì a poco la seta divenne una vera e propria merce di scambio, tanto da essere utilizzata sempre di più dagli imperatori cinesi per pagare ufficiali e risarcire cittadini diventando la base economica del paese. Tale fu il prestigio da essa accumulato, che molte tribù nomadi saccheggiavano le città proprio alla loro ricerca, con gli imperatori che, per accontentarli, ne donavano una parte come tributo; non a caso nel sito di Afrasiab, vicino all’odierna Samarcanda, v’è proprio un grande murale in cui tutti i popoli d’Asia omaggiano il re sogdiano ed i cinesi lo fanno con la seta. Da quel momento in poi, questa fibra fu apprezzata in ogni luogo, tanto da comparire persino nella Bibbia in Ezechiele 16, ove viene citata fra i doni di Dio a Gerusalemme; tale concezione di regalità si ritrova persino in Egitto, al punto che se ne sono ritrovate tracce in una tomba risalente circa al 1070 a.C. . I romani la scoprirono per la prima volta in Mesopotamia quando, battendosi con i Parti, non poterono fare a meno di notare i loro magnifici stendardi di seta; tuttavia sarà solo la conquista dell’Egitto che gli permetterà di acquistarla in quantità, cosa che provocherà spesso le ire del Senato, terrorizzato dall’idea di veder tanti sesterzi sparsi in terre lontane.
La diffusione nel mondo
Inizialmente la sua produzione fu un segreto protetto gelosamente, ma poi, con il passare di secoli ed importazioni, iniziarono a sorgere le prime fabbriche anche sulla Via della Seta. Secondo la tradizione, il primissimo paese ad aprirne una fabbrica fu il Regno di Khotan, che, nel I secolo, riuscì ad ottenere i preziosi bruchi attraverso un matrimonio con una principessa, aprendo così le strade ad una commercializzazione in vasta scala, mettendo così fine al monopolio cinese. Originariamente quest’ultime si occupavano principalmente della sua lavorazione, durante la quale veniva spesso aggiunta lana, lino o cotone, ma poi, con a partire dai primi secoli dopo Cristo, si sviluppò una celebre e rinomata industria locale. Quest’ultima vedrà i suoi centri nei principali centri della già citata Via, con Bukhara e Samarcanda che si distingueranno fin dagli albori per la loro particolare tecnica di tessitura, in grado di rendere tale tessuto ancor più spesso e resistente.

Nel VI secolo sarà l’Impero bizantino a volerne carpire i segreti, tanto che l’imperatore Giustiniano organizzò una vera e propria spedizione, inviando due monaci nestoriani per portare a Costantinopoli il segreto di questo straordinario materiale; quando i due uomini di fede torneranno, dopo ben 2 anni di viaggio, la capitale bizantina diventerà il centro di produzione principale di tutto il Mediterraneo. Proprio i bizantini la introdurranno per primi in Calabria, con Catanzaro che divenne uno dei massimi centri a riguardo; in Sicilia sarà invece introdotta con l’arrivo degli Arabi, cosa che fecero anche in Andalusia. Attorno al 13° secolo la seta di Bombyx mori verrà introdotta sempre di più anche in India e nell’odierno Bangladesh, andando a sostituire sempre di più le sete locali, derivate da un altro tipo di falene, e trasformandosi in uno dei centri di eccellenza mondiale. Vista la costante richiesta, molti imperi coloniali provarono ad imporne la produzione anche nelle Americhe ed in Africa, riuscendo anche a dare vita a realtà interessanti, ma che non riuscirono mai a competere con le qualità e le quantità viste di Cina, India ed Asia centrale; quest’ultime (almeno sino al 2005) restano le aree in cui se ne produce di più, con la Cina che si dimostra campionessa assoluta, inseguita da India ed Uzbekistan.
La produzione della seta
La produzione della seta segue il ciclo vitale del Bombyx mori e comincia sin dalle uova. Quest’ultime vengono conservate a circa 4° gradi sino alla comparsa delle foglie di gelso, unico alimento del baco da seta. A quel punto vengono fatti nascere i bruchi, i quali passeranno tutto il loro tempo a mangiare, fino a diventare molto più grandi ed iniziare a filare il loro bozzolo. Una volta che quest’ultimo è completato, gli allevatori lo prendono e lo buttano nell’acqua rovente, in modo da uccidere la pupa ed iniziare a filar la seta; qualcuno di essi viene ovviamente risparmiato in modo da permettere un nuovo ciclo vitale.

Soprattutto in tempi odierni, questa lavorazione viene criticata per brutalità nei confronti dell’insetto, ma vi sono ragioni molto pratiche e tecniche che fanno si che continui tutt’oggi: una volta che la falena fuoriesce dal bozzolo, lo rompe e questo fa si che la seta da esso ricavata sia minore sia per qualità che per quantità; inoltre, liberare l’animale richiede almeno una decina di giorni in più di lavoro, cosa che scoraggia la stragrande maggioranza dei produttori. Va detto che però, soprattutto a seguito dell’impegno di Gandhi, è comparsa sul mercato anche la seta Ahimsa, la cui lavorazione si contraddistingue per usare il bozzolo solo dopo che l’animale ne è fuoriuscito, adeguandosi ai principi di non-violenza predicati dal Mahatma; tuttavia, a causa degli svantaggi detti prima, la sua produzione rimane di nicchia e limitata.
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