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Il quinto dei miei racconti: il discorso finale di Annibale
I miei racconti inediti
Quello che state per leggere è un mio racconto inedito tratto dal romanzo che ho iniziato a scrivere nell’estate del 2021. In esso una storia principale si alterna con svariati piccoli racconti (per ora da 3 a 5 per capitolo) che il protagonista narra al termine della giornata, ognuno con un suo preciso significato e “perché” all’interno della trama. A settembre del 2021 ho lanciato un sondaggio nel canale Telegram di Medio Oriente e Dintorni per capire quanti fossero interessati al progetto e, con mia grande gioia e sorpresa, vi sono stati molti voti e tutti positivi. Non volendo rivelarvi l’intera opera, ho scelto di mostrarvi solo i racconti, in modo tale da poter aver voi qualcosa di assolutamente nuovo ed inedito da leggere ed io una motivazione in più per portarlo avanti. La mia ambizione è quella di scrivere almeno un capitolo al mese e rendere così questa rubrica un appuntamento fisso, ma in ogni caso i racconti di ogni capitolo verranno caricati tutti insieme e solo ed esclusivamente se quest’ultimo è completamente terminato.
Proprio per tale motivo trovate già sul sito tutti i racconti del primo capitolo “La sabbia ed il viandante”: “Il tuareg e la voce del deserto“, “Creatura di sabbia“, “Atlante“, “L’isola che non c’è” e “Annibale”; e del secondo, di cui fanno parte: “La giovane tatuata”, “Ceneri di sufi” e “Anteo”.
Buona lettura!
Annibale
Su una spiaggia nella regione di Marmara stava seduto il grande condottiero, senza più forze né uomini, osservava malinconico il mare con in mano del veleno, sua unica arma contro il nemico di sempre. Lì, perdendosi con la mente fra i flutti delle onde, raccontò per l’ultima volta la sua storia, affinché l’acqua stessa fosse in grado di narrarla al resto del mondo.
“Oh mare che tanto a lungo fosti collegamento fra le mie due patrie e testimone delle mie imprese, il mio tempo è ormai giunto, voglio però affogare con te nelle mie memorie e nella mia gloria, voglio per l’ultima volta gustare la veste nera e sporca del sangue dei miei nemici, prima di indossare il candido velo ed affondare nel verde prato.
Mio padre mi concepì durante la guerra e la città in cui nacqui fu fondata dalla voglia di fede e vendetta, la mia famiglia mi crebbe per essere fenice di fuoco ed io onorai il mio compito in ogni istante della mia vita. Ti superai, oh mare, con grande scatto ed una volta giunto dall’altro lato, mostrai al mondo il fuoco che avevo dentro. Io ed io solo riuscì a far sciogliere la neve delle montagne per il passaggio dei miei elefanti, io ed io solo misi in ginocchio il mio nemico, io ed io solo fui in grado di percepirne l’affannoso respiro del terrore, io ed io solo ne misi a rischio la sua stessa esistenza.
Giunsi con il mio esercito e le mie bestie alle porte stesse della sua città, qualcosa però mi respinse; Dio aveva stabilito che il mio popolo avrebbe dovuto cadere nelle infami braccia del nemico, diventando tutt’uno con esso. Fuggì allora e mi recai nella terra dei Bruzi, nella quale passai anni interi ad osservare come il divino disegno si compiva: gli aiuti che chiesi non ottennero risposta, mio fratello cadde in battaglia ed un angelo dell’apocalisse prese le briglie del nemico, puntando le proprie mire verso la mia sacra casa.
Ormai certo della fine mia e del mio popolo, mi diressi senza alcuna paura contro di lui, deciso a cadere schiacciato per mano di un inviato di Dio; il mio Signore aveva tuttavia altro in serbo per me. In quell’ultima battaglia diedi tutto me stesso, arrivando a mettere terrore allo stesso angelo e fargli percepire straziante sconfitta; fui ad un passo dall’annientare ogni cosa, ma alla fine fui io ad essere annientato, non da uomo, mai da uomo ma da Dio solo, che volle condurre così la propria storia.
Alla fine dello scontro, tuttavia, dal Divino venni risparmiato e così compresi allora quello che sarebbe stato il mio ruolo nella sua Storia. Mi recai ad Oriente per scoprire dai miei antenati i segreti della fenice di fuoco e quando ne conobbi ogni dettaglio, mi recai in Bitinia. Qui mi resi immortale, costruendo un nido di fuoco nascosto, cosicché la fenice del mio animo possa trovare un nuovo popolo in grado di cancellare per sempre il mio nemico.
Desideri una prova della mia profezia? Guarda colui che più di tutti onorò la mia memoria, morirà esattamente fra 1500 su questa spiaggia, alcuni sostengono che anche il veleno sarà lo stesso.”.
Pronunciate queste parole, il grande condottiero bevve l’amaro calice, come una fenice bruciò all’istante e la sua memoria si fuse in ogni angolo di questo paese.
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