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“I portici del mare” di Shams Nadir è un libro intenso, poetico e ricco di significato che sarà in grado di farvi viaggiare dalle del 1462 coste americane sino alla nascita dello “zero”, merito dell’indiana Gopa
I portici del mare
Per via di una certa, impietosa e involontaria, ironia Shams Nadir è stato definito il “Borges d’Oriente”, rovesciando il dato di fatto culturale che senza l’Oriente e le sue visioni del mondo, nessun Borges sarebbe esistito. E come fortuita e precisa risposta a quella definizione i racconti I portici del mare si aprono con un diario di bordo del 1462, che riferisce di una scoperta dell’America fatta trent’anni prima da un gruppo di Arabi, e di come, diversamente dall’occidentale Cristoforo Colombo, i musulmani l’avrebbero portata a termine- per salvare Granada, per rispondere alla profezia. E chiamare fantastici questi racconti di Shams Nadir (una indiana che regala all’umanità la più grande scoperta matematica, lo zero; la scoperta delle tavole della legge, che indirettamente scatena l’avidità destinata a confermare la profezia apocalittica in esse contenuta; le indagini magiche e mistiche di un dotto attorno all’emersione, dal mare, di esoteriche architetture) è, come definizione, riduttivo.

Sono al contrario i racconti di uno scrittore che modernamente traduce le sue radici antiche, espressione di un modo diverso di guardare la realtà: che la vita è scoperta di un segreto, oppure nulla, illusione; che il mondo che appare è l’epifenomeno di un mistero, destinato a svanire quando questo è svelato. Che è il mare, l’acqua, il liquido la memoria del mondo, la base stabile di tutto ciò che è solido.
“Il Nuovo mondo” assomiglia a Granada
Il libro è una serie di racconti di rara bellezza che uniscono tutte le culture ed i luoghi del mondo grazie a quel realismo magico tanto caro sia agli autori del “mondo islamico” quanto a quelli dell’America latina; non a caso il primo testo si potrebbe dire un vero e proprio omaggio a quello che fu ed è il mondo arabo in questo emisfero. In questi giorni vi ho spesso parlato del probabile arrivo degli Arabi e dei Mori sulle coste americane più o meno in concomitanza con i conquistadores, e questo primo racconto parte proprio da lì. Seguendo la rotta di una spedizione portoghese, ci addentreremo in quello che fu il primissimo impatto del Vecchio continente nel Nuovo, andando ad assaporare atmosfere molto particolari. I nuovi arrivati, infatti, si ritroveranno in una terra loro completamente sconosciuta, dovendo fare i conti con luoghi e popoli misteriosi e ricchi d’insidie.

A guidarli, però, ci sarà Giaber, un arabo andaluso che, grazie alla sua grandissima cultura ed umanità, riesce in breve tempo ad imparare il linguaggio dei nativi, aiutando ogni membro della spedizione a raggiungere ciò che realmente desidera, pagandone naturalmente il costo. La grande sensibilità lo porterà a rivedere nel futuro degli Indios lo stesso destinato al suo popolo, cosa che spingerà lui e tutto l’equipaggio a riflettere su cosa sia giusto fare. Ho tenuto a raccontarvi singolarmente tale racconto poiché lo ritengo il più bello e, vi garantisco, vale da solo il prezzo del libro per la straordinarietà grazia poetica e di scrittura, davvero un incredibile piacere a leggersi ed assolutamente in tema con il nostro viaggio in Sudamerica.
Gli altri racconti di un libro fantastico
Sia chiaro, tuttavia, che gli altri non sono assolutamente da meno e tutti saranno in grado di aggiungere qualcosa al nostro essere, permettendoci di penetrare un universo imaginifico in cui il mondo intero si mischia e ri-mischia in un continuo vortice di significato e trama. “La cifra”, per dire, racconta probabilmente la storia matematica più interessante, miracolosa e connessa alla filosofia che vi sia mai stata: il concetto di “zero” (in arabo “sifr”); attraverso la storia di una donna più che mai audace e convinta delle sue idee, verremo portati a scoprire i passaggi logici che la portarono a formulare tale concetto davvero rivoluzionario. Affermare che lo zero esiste significa infatti, in un certo senso, affermare che sia possibile contare non solo la presenza, ma anche l’assenza e dare a quest’ultima un vero e proprio ruolo generatrice, in quanto ogni cosa, almeno una volta, è stata nulla.

In “Acqua alta” osserveremo l’ineluttabilità delle profezie e del loro procedere nella vita di noi esseri umani, mentre nei 3 testi di “I portici del mare” (“La scatola delle meraviglie”, “L’anno dei prodigi” e “La partita”) verremmo catapultati in un’atmosfera criptica e simile a quella percepita ne “Il settimo sigillo”. Quest’ultima raccolta di testi è forse la più particolare all’interno della raccolta, tutti e tre collegati ma da qualcosa che solo il lettore dovrà provare a scoprire. In generale non posso far altro che consigliare il libro, davvero un piccolo gioiello.
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