“La macchina della pace” di Özgür Mumcu

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“La macchina della pace” di Özgür Mumcu è il primo romanzo steampunk ottomano, un genere assolutamente inedito ma che, potenzialmente, è destinato a diventare uno dei più gettonati del Medio Oriente

La macchina della pace

Che cosa accadrebbe se una macchina potesse porre fine alla violenza nel mondo una volta per tutte? È l’alba del ventesimo secolo e l’umanità si trova sull’orlo della guerra. Il conflitto sembra inevitabile, ma le moderne scoperte sull’elettromagnetismo suggeriscono prospettive insperate. Celal, giovane scrittore di romanzi erotici, scopre l’esistenza della macchina della pace grazie a una commedia scritta da Sahir Bey, un vecchio amico del padre. Attirato da Sahir e dalla talentuosa Céline, l’illustratrice dei suoi controversi romanzi, in un piano complesso e quanto mai assurdo per rovesciare i governi in carica ed eliminare la violenza dalla terra, Celal viaggerà tra Istanbul, Parigi e Belgrado nei panni di un ufficiale serbo e poi di un circense, per ritrovarsi coinvolto nell’insurrezione serba del 1903. La macchina della pace esiste davvero? È in grado di realizzare quello che Sahir e Céline promettono? Tra malintesi e messinscene traballanti, mentre la storia si fa leggenda, Celal dovrà decidere da che parte schierarsi in una corsa al potere che minaccia di distruggere il mondo. Realtà, scienza e fantasia si intrecciano in un romanzo dedalo che abbraccia il lettore, gli chiede di avere fiducia nell’impossibile e di godersi il viaggio.

Il primo romanzo steampunk-ottomano

Sono rimasto incuriosito da questo romanzo fin dalla sua primissima apparizione sulle pagine di Internazionale, nelle quali era presentato con estremo entusiasmo nella sua traduzione in inglese, portando nella mia mente un hype tanto grande da spingermi ad acquistarlo appena uscito in italiano; il problema è che non avevo capito appieno la sua collocazione in questo nuovo filone. Sia chiaro: il romanzo si legge bene ed è estremamente gradevole per location, scrittura e storia; l’errore qui è assolutamente legato alla mia percezione e ad una poca sensibilità al termine “primo”. In “La macchina della pace”, infatti, esistono e sono ben presenti degli elementi steampunk, ma sono dei singoli elementi, seppur imprescindibili, non è un’universo narrativo.

La macchina della pace

Lo stile steampunk si ispira all’epoca vittoriana ed alla sua tecnologia legata soprattutto a vapore, “steam”, ed alla meccanica, andando spesso a portarla in un’epoca più vicina al presente e/o addirittura al futuro; per fare un’esempio magari più immediato, “Il pianeta del tesoro” della Disney è la versione steampunk de “L’isola del tesoro” di Stevenson. Tornando al romanzo, in questo testo è la Macchina della pace e gran parte dei ragionamenti di Celal e Sahir Bey ad esser steampunk, ma l’universo narrativo, seppur molto interessante, de facto non porta altri elementi del genere. Ciò fa sì che il romanzo sia identificabile come vera e propria pietra miliare e che le potenzialità per il futuro sono infinite ed entusiasmanti.

Una straordinaria abbinata

Per le sue atmosfere caratteristiche, lo steampunk è senza dubbio uno degli stili che più di tutti si adatterebbe all’Impero ottomano dandogli, in un certo senso, quel progresso tecnologico che la Storia non gli ha dato, spalancando così le porte all’immaginazione più varia e pura. Osservando le rivolte dei giannizzeri, ad esempio, sarebbe impossibile non immaginare di rimpiazzarli con automi simili ed affini in tutto, andando così a riproporre una storia simile ed affine a quella reale ma che si sposa perfettamente con quell’universo culturale e narrativo. Una mia fissazione, poi, sono le case del caffè, luoghi in cui il vapore era già protagonista indiscusso e che, con qualche aggiunta steampunk, potrebbero davvero rappresentare qualcosa di tanto armonico quanto mai visto.

La macchina della pace

Spostandoci un po’ dal contesto istanbuliota, vi sono aree già ricolme di magia che qui troverebbero una nuova e straordinaria linfa immaginativa. Basti pensare ad aree come l’Iraq, nelle si potrebbe contrapporre l’uso del petrolio a quello del carbone, o ad aree rurali e ricche di popoli diversi come il Caucaso, sulle quali è stato fatto abbastanza poco e dove ci si potrebbe davvero sbizzarrire. Passando alla parte europea dell’Impero, sarebbe assurdo non immaginarsi (come peraltro avviene nel libro) almeno una tappa proprio in Serbia, Bosnia ed Albania, luoghi stracolmi di tradizione e cultura, in grado di fornire anche allo stesso genere steampunk sbocchi e varianti sensazionali e mai viste prima. Tirando le somme, “La macchina della pace” di Özgür Mumcu è stato sicuramente un ottimo punto d’inizio, ma adesso sarebbe una follia non osar di più e creare qualcosa che in tanti aspettano con tanta ansia e curiosità.

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