Progetto Kitab: Bompiani

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Sesta puntata del “Progetto Kitab” con la casa editrice Bompiani che ha presente nel suo catalogo ben 129 libri affini al nostro progetto

La casa editrice

È il 1929. Dopo essere stato segretario generale di Arnoldo Mondadori e direttore di Unitas, Valentino Bompiani fonda la sua casa editrice. La sede è a Milano, in via Durini 24. Il primo libro commissionato è una biografia di don Bosco scritta da Ernesto Vercesi, libro che inaugura la serie dei “Libri scelti per servire al panorama del nostro tempo”. La collana dà voce alle ideologie più diverse, a partire dagli americani Ford e Roosevelt per arrivare a Hitler: in Vita privata (1973) Bompiani ricorda che fu un professore ebreo, Angelo Treves, a proporgli di tradurre il Mein Kampf con questa motivazione: “Bisogna far conoscere chi è Hitler.” Nel 1932 del resto l’editore aveva pubblicato l’Hitler di Theodor Heuss, strenuo oppositore del nazismo e primo presidente della Germania postbellica. Dopo aver promosso gli almanacchi delle case editrici Mondadori e Unitas, Bompiani avvia il proprio Almanacco letterario: la prima serie esce dal 1930 al 1942 in forma di pubblicazione annuale dedicata a temi d’attualità culturale. Nel comitato editoriale con Valentino Bompiani ci sono Cesare Zavattini, Bruno Munari, Ugo Dèttore e molti altri tra le voci letterarie più significative di quel tempo.

Valentino Bompiani
Valentino Bompiani

Sempre agli anni trenta risale l’inaugurazione della serie, fino ad oggi ininterrotta, della Letteraria. Tra i primi titoli Vita e morte di Adria e dei suoi figli di Massimo Bontempelli e Giro lungo per la primavera di Giuseppe Antonio Borghese, pubblicati nel 1930. Del 1934 è La condizione umana di Malraux, uno dei libri capitali della letteratura tra le due guerre. Nascono collane come “Idee Nuove” (1934), che si propone di approfondire le più recenti problematiche filosofico-culturali aprendosi alle correnti del pensiero europeo e americano, oltre che dare voce a giovani filosofi italiani come Abbagnano e Preti; o ancora le collane per ragazzi “I libri d’acciaio” (1930-1935) e le “Strenne per i giovani”, in cui escono tra gli altri Mary Poppins della Travers nella traduzione di Letizia Bompiani, sorella dell’editore, e I ragazzi della via Pál di Molnár, entrambi nel 1935. Un successo ininterrotto sarà quello del Piccolo Principe di Saint-Exupéry (1949), che continua ancora oggi a campeggiare nelle librerie e nelle classifiche. La narrativa resta il cuore della casa editrice grazie a voci come quelle di Cesare Zavattini, Archibald Cronin, Pasquale Festa Campanile e Alberto Moravia.

Valentino Bompiani
Alberto Moravia

Quest’ultimo fece il suo ingresso in Bompiani con L’imbroglio (1937): il sodalizio che si creò tra editore e autore ha contribuito a disegnare l’alto profilo letterario della casa editrice. Nel 1949 verrà riproposto il capolavoro giovanile dello scrittore, Gli indifferenti, stampato per la prima volta nel 1929 dall’editore milanese Alpes. Con I racconti Moravia ottiene nel 1952 il Premio Strega. Dai romanzi La romana (1947) e La ciociara (1957) verranno tratti film di enorme successo. Nel 1960 esce un altro dei romanzi fondamentali dell’autore, La noia, da cui verrà ricavata una celebre versione cinematografica (1963) da Damiano Damiani. Sempre nell’ambito della letteratura italiana da ricordare Corrado Alvaro, Elio Vittorini, Guido Piovene, Vitaliano Brancati, Raffaele La Capria, Ercole Patti, Ennio Flaiano, fino ad arrivare a Leonardo Sciascia, Gesualdo Bufalino, Piervittorio Tondelli e Umberto Eco.

Valentino Bompiani
Umberto Eco

Eco entra in Bompiani nel 1959, e il suo primo libro viene pubblicato nel 1962. Si tratta di Opera aperta, a cui si collegherà Le poetiche di Joyce (1966), edito prima in lingua inglese. Da Bompiani anche l’esordio nella narrativa: Il nome della rosa, uscito nella “Letteraria” nel 1980, ha ottenuto un successo di pubblico e di critica tale da farne un caso mondiale unico nella storia della letteratura italiana. Nel 1981 il romanzo ottiene il Premio Strega. A seguire Umberto Eco pubblicherà altri sei romanzi di grande successo: Il pendolo di Foucault (1988), L’isola del giorno prima (1994), Baudolino (2000), La misteriosa fiamma della regina Loana (2004), Il cimitero di Praga (2010) e Numero Zero (2015).

Camus

Ma Bompiani è anche narrativa straniera: Elio Vittorini infatti è stato, con Pavese, il maggiore artefice della scoperta degli autori americani, trovando in Valentino Bompiani un interlocutore attento e disponibile. Di Steinbeck uscirono fra il 1938 e il 1940 Uomini e topi, Pian della Tortilla e La battaglia; traduttori d’eccezione Pavese, Vittorini e Montale. Degli ultimi anni è la ripubblicazione, con grande successo di pubblico e di critica, di questo grande autore americano con le nuove traduzioni di Furore (2013, Sergio Claudio Perroni), La valle dell’Eden (2014, Maria Baiocchi e Anna Tagliavini) e Uomini e topi (2016, Michele Mari).Tra gli altri autori che hanno arricchito il catalogo della casa editrice André Gide, Jean-Paul Sartre, Albert Camus (con la nuova traduzione di La peste a cura di Yasmina Melaouah nel 2017), T.S. Eliot, Joseph Conrad, fino alle prime opere di Philip Roth, a Patricia Highsmith, a Marguerite Yourcenar. E poi Erica Jong, Jay McInerney, Hanif Kureishi, Noah Yuval Harari, Lauren Groff; tra gli italiani Antonio Scurati, Alain Elkann, Lidia Ravera. Oggi Bompiani guarda come sempre al futuro senza dimenticare il passato, il proprio e quello della letteratura: del 2018 è il lancio di una collana di classici; negli ultimi anni molta energia è stata spesa per il lavoro di cura del catalogo, che resta la solida base del marchio.

Sommario

Al fine di ottimizzare al massimo la vostra esperienza, vi metto l’elenco di tutte e 129 le pubblicazioni che troverete in questa lista:

  • “E il torto diventerà diritto” di Samuel Joseph Agnon (Israele)
  • “Pensieri” di Agostino d’Ippona (Algeria)
  • “Commentario alla «Metafisica» di Aristotele. Testo greco a fronte” di Alessandro di Afrodisia (Turchia)
  • “Le notti di Azed” di Lotfi Akalay (Marocco)
  • “Storia dell’Arabia Saudita“ di Madawi al-Rasheed (Arabia Saudita)
  • “Io, la divina” di Rabih Alameddine (Libano)
  • “La traduttrice” di Rabih Alameddine (Libano)
  • “Hakawati. Il cantore di storie” di Rabih Alameddine (Libano)
  • “L’angelo della Storia” di Rabih Alameddine (Libano)
  • “Frammenti e testimonianze. Testo greco a fronte” di Anassagora (Turchia)
  • “Metafisica. Testo arabo e latino a fronte” di Avicenna (Persia)
  • “Fonte della vita. Testo latino a fronte” di Avicebron (Andalusia)
  • “Storia di Israele” di Eli Barnavi (Israele)
  • “Cronache dalla polvere” di Zoya Barontini (Italia)
  • “Omelie sull’Esamerone e di argomento vario” di Basilio Magno (Turchia)
  • “La felicità coniugale” di Tahar Ben Jelloun (Marocco)
  • “Partire” di Tahar Ben Jelloun (Marocco)
  • “L’ultimo amico” di Tahar Ben Jelloun (Marocco)
  • “Amori stregati” di Tahar Ben Jelloun (Marocco)
  • “L’ultimo amore è sempre il primo?” di Tahar Ben Jelloun (Marocco)
  • “Nadia” di Tahar Ben Jelloun (Marocco)
  • “Corrotto” di Tahar Ben Jelloun (Marocco)
  • “Racconti coranici” di Tahar Ben Jelloun (Marocco)
  • “L’ablazione” di Tahar Ben Jelloun (Marocco)
  • “È questo l’Islam che fa paura” di Tahar Ben Jelloun (Marocco)
  • “La rivoluzione dei gelsomini” di Tahar Ben Jelloun (Marocco)
  • “Non capisco il mondo arabo” di Tahar Ben Jelloun (Marocco)
  • “Fuoco” di Tahar Ben Jelloun (Marocco)
  • “Jenin. Un campo palestinese” di Tahar Ben Jelloun (Marocco)
  • “L’Islam spiegato ai nostri figli” di Tahar Ben Jelloun (Marocco)
  • “La via della seta” di Luce Boulnois (Francia)
  • “Atlante dei luoghi misteriosi dell’antichità” di Francesco Bongiorni e Massimo Polidoro (Italia)
  • “Il feroce saracino. La guerra dell’Islam. Il califfo alle porte di Roma” di Pietrangelo Buttafuoco (Italia)
  • “Il lupo e la luna” di Pietrangelo Buttafuoco (Italia)
  • “Voci di scrittori arabi di ieri e di oggi” di Isabella Camera D’Afflitto (Italia)
  • “Voci di scrittori arabi di oggi e di domani” di Isabella Camera D’Afflitto (Italia)
  • “Lo straniero” di Albert Camus (Francia)
  • “La peste” di Albert Camus (Francia)
  • “Il primo uomo” di Albert Camus (Francia)
  • “L’uomo in rivolta” di Albert Camus (Francia)
  • “Il diritto e il rovescio” di Albert Camus (Francia)
  • “La morte felice” di Albert Camus (Francia)
  • “L’esilio e il regno” di Albert Camus (Francia)
  • “Di’ la verità anche se la tua voce trema” di Daphne Caruana Galizia (Malta)
  • “L’alchimista” di Paulo Coelho (Brasile)
  • “Manuale d’esilio in trentacinque lezioni” di Velibor Čolić (Bosnia Erzegovina)
  • “Il caso Meursault” di Kamel Daoud (Algeria)
  • “Vite e dottrine dei più celebri filosofi” di Diogene Laerzio (Turchia)
  • “Descrizione della terra abitata. Testo greco a fronte” di Dionisio di Alessandria (Egitto)
  • “Finché non saremo liberi. Iran. La mia lotta per i diritti umani” di Shirin Ebadi (Iran)
  • “Essere musulmano” di El Hassan bin Talal (Giordania)
  • “Tutte le opere. Diatribe-Manuale-Frammenti-Gnomologio” di Epitteto (Turchia)
  • “Vite di filosofi e sofisti. Testo greco a fronte” di Eunapio (Turchia)
  • “Tutti i trattati del commentario allegorico alla Bibbia. Testo greco a fronte” di Filone di Alessandria (Egitto)
  • “I misteri egiziani. Testo greco a fronte” di Giamblico (Siria)
  • “Summa pitagorica. Testo greco a fronte” di Giamblico (Siria)
  • “Il profeta. Il giardino del profeta” di Khalil Gibran (Libano)
  • “Storia di una famiglia ebrea” di Efratia Gitai (Israele)
  • “Oracoli caldaici. Testo greco a fronte” di Giuliano il Teurgo (Iraq)
  • “Sul Cantico dei cantici. Testo greco e latino a fronte” di Gregorio di Nissa (Turchia)
  • “Opere dogmatiche. Testo greco a fronte” di Gregorio di Nissa (Turchia)
  • “Sull’anima e la resurrezione. Testo greco a fronte” di Gregorio di Nissa (Turchia)
  • “Tutte le orazioni” di Gregorio di Nazianzo (Turchia)
  • “Il pessottimista. Un arabo d’Israele” di Emil Habibi (Israele)
  • “Una vita meno ordinaria. Diario di una domestica indiana” di Baby Halder (India)
  • “Sapiens. Da animali a dei” di Yuval Noah Harari (Israele)
  • “Homo Deus” di Yuval Noah Harari (Israele)
  • “21 lezioni per il XXI secolo” di Noah Yuval Harari (Israele)
  • “Elogio dell’odio” di Khaled Khalifa (Siria)
  • “Non ci sono coltelli nelle cucine di questa città” di Khaled Khalifa (Siria)
  • “Morire è un mestiere difficile” di Khaled Khalifa (Siria)
  • “Il Budda delle periferie” di Hanif Kureishi (Uk)
  • “The black album” di Hanif Kureishi (Uk)
  • “Ho qualcosa da dirti” di Hanif Kureishi (Uk)
  • “Racconti” di Hanif Kureishi (Uk)
  • “Otto braccia per abbracciarti. Riflessioni sulla politica” di Hanif Kureishi (Uk)
  • “L’ultima parola” di Hanif Kureishi (Uk)
  • “Il declino dell’Occidente” di Hanif Kureishi (Uk)
  • “Il mio orecchio sul suo cuore” di Hanif Kureishi (Uk)
  • “Un furto” di Hanif Kureishi (Uk)
  • “La parola e la bomba” di Hanif Kureishi (Uk)
  • “Love + Hate” di Hanif Kureishi (Uk)
  • “La collera di Dio. Testo latino a fronte” di Lucio Cecilio Firmiano Lattanzio (Algeria)
  • “Tutti gli scritti. Testo greco a fronte” di Luciano di Samosata (Turchia)
  • “Giardini di luce. La storia di Mani, il profeta della fratellanza universale” di Amin Maalouf (Libano)
  • “Io non sono un albero” di Maryam Madjidi (Iran)
  • “Storia della Bosnia. Dalle origini ai giorni nostri” di Noel Malcolm (Uk)
  • “Storia del Kosovo. Dalle origini ai giorni nostri” di Noel Malcolm (Uk)
  • “La via al Sufismo. Nella spiritualità e nella pratica” di Gabriele Mandel (Italia)
  • “Il Corano senza segreti” di Gabriele Mandel (Italia)
  • “Breviario di Muhammad” a cura di Gabriele Mandel (Italia)
  • “Autotune” di MaRue (Italia)
  • “Dissertazioni” di Massimo di Tiro (Libano)
  • “Immigrato” di Salah Methnani (Tunisia)
  • “Tehran girl” di Mahsa Mohebali (Iran)
  • “Un re clandestino” di Fahim Mohammed (Bangladesh)
  • “La macchina della pace” di Özgür Mumcu (Turchia)
  • “La Cheffe” di Marie Ndiaye (Francia)
  • “Così parlò Zarathustra. Testo tedesco a fronte” di Friedrich Nietzsche (Germania)
  • “I pescatori” di Chigozie Obioma (Nigeria)
  • “Il venditore di sogni” di Ben Okri (Nigeria)
  • “Commento al Vangelo di Giovanni. Testo greco a fronte” di Origene (Egitto)
  • “Nopi. Il libro delle ricette” di Yotam Ottolenghi e Ramael Scully (Israele & Malesia)
  • “Jerusalem” di Yotam Ottolenghi & Sami Tamimi (Israele & Palestina)
  • “Perché no? L’ebreo corrosivo” di Moni Ovadia (Italia)
  • “Quando la vita si illumina” di Serdar Özkan (Turchia)
  • “Le afflizioni” di Vikram Paralkar (India)
  • “A piedi scalzi nel kibbutz” di Masal Pas Bagdadi (Israele)
  • “Enneadi” di Plotino (Egitto)
  • “Isagoge. Testo greco a fronte” di Porfirio (Libano)
  • “Sullo Stige. Testo greco a fronte” di Porfirio (Libano)
  • “Contro i cristiani. Testo latino, greco e tedesco a fronte” di Porfirio (Libano)
  • “Astinenza dagli animali. Testo greco a fronte” di Porfirio (Libano)
  • “Vangelo di un pagano. Testo greco a fronte” di Porfirio (Libano)
  • “Filosofia rivelata dagli oracoli. Con tutti i frammenti di magia, stregoneria, teosofia e teurgia. Testi greci e latini a fronte” di Porfirio (Libano)
  • “Mathematikos” di Porfirio (Libano)
  • “Schegge” di Ismet Prcić (Bosnia Erzegovina)
  • “Teologia platonica” di Proclo (Turchia)
  • “Commento al Cratilo di Platone” di Proclo (Turchia)
  • “Teologia platonica. Testo greco a fronte” di Proclo (Turchia)
  • “Tria opuscola. Provvidenza, libertà, male. Testo latino e greco a fronte” di Proclo (Turchia)
  • “Commento alla Repubblica di Platone. Testo greco a fronte” di Proclo (Turchia)
  • “Il seguito dell’Iliade. Testo greco a fronte” di Quinto di Smirne (Turchia)
  • “Mathnawi. Il poema del misticismo universale” di Jalal ad-Din Rumi (Persia)
  • “La linea del colore” di Igiaba Scego (Italia)
  • “Due vendette” di Meir Shalev (Israele)
  • “Il mio giardino selvatico” di Meir Shalev (Israele)
  • “Gli assassini del profeta” di Mehmet Murat Somer (Turchia)
  • “Africa” di Wole Soyinka (Nigeria)
  • “La straniera” di Younis Tawfik (Iraq)

“E il torto diventerà diritto” di Samuel Joseph Agnon (Israele)

Bompiani

Un poco Giobbe e un poco Don Chisciotte, ma forse soprattutto maldestro Ulisse, Menaschem Hajim della Santa Comunità di Buczacz – luogo che sta chissà dove e chissà quando – abbandona casa, affetti e mestieri per uno scherzo del destino. O meglio perché il destino si è dimostrato con lui assai poco gentile, se non beffardo. Menascheh Hajim non ha più niente da perdere nella vita, se non una strana ostinazione che in questa scorribanda per il mondo lo porta a molto vedere e altrettanto ascoltare. Miserie e piccole grazie, ingiustizie e colpi di scena, tutto sembra condito da un’ombra di paradosso: il mondo ebraico del nostro eroe non è troppo diverso, in fondo, dall’Italia di Pirandello.

“Pensieri” di Agostino d’Ippona (Algeria)

Bompiani

“Agostino, non è forse vero che tu ci richiami alla vita interiore? Quella vita, che la nostra educazione moderna, tutta proiettata sul mondo esterno, e tutta informata delle dominanti impressioni del mondo esterno, lascia illanguidire, e quasi ci fa venire a noia? Noi non sappiamo più raccoglierci, non sappiamo più meditare, non sappiamo più pregare.” Legatario di queste annotazioni di Paolo VI, Carlo Cremona ce le offre come unica chiave di lettura della sua originale antologia, che abbraccia l’opera del grande Dottore della Chiesa.

“Commentario alla «Metafisica» di Aristotele. Testo greco a fronte” di Alessandro di Afrodisia (Turchia)

Bompiani

Se la “Metafisica” aristotelica è uno dei sommi capolavori filosofici di tutti i tempi, questo commento dell’erudito greco Alessandro di Afrodisia (II-III sec.), costituisce in assoluto la maggiore opera esegetica dell’intera cultura antica, ben al di là dell’ambito della filosofia. Nelle pagine del commento, è stato per la prima volta esposto nel suo nucleo e nelle sue implicazioni il problema della realtà delle entità universali (come generi e specie), che avrebbe poi dominato il Medioevo.

“Le notti di Azed” di Lotfi Akalay (Marocco)

Bompiani

La bella Azed ha scelto di sposare Kamal, pur sapendo che l’uomo, dopo essere stato tradito dalla prima moglie, ha preso la brutta abitudine di vendicarsi del genere femminile deflorando le sue promesse spose e ripudiandole subito dopo. Ma Azed sa tenere a bada la foga del futuro marito: a letto comincia a raccontargli una storia, la storia del bel Mokhtar, irrefrenabile conquistatore di donne. E il sensuale racconto a puntate di Azed, che si dipana allegramente fra tradimenti, adulteri, mariti maneschi, servette compiacenti, carcerati desiderosi e poliziotti corrotti, compie il miracolo: notte dopo notte, avventura dopo avventura, la ragazza riesce a raggirare il futuro marito e a portarlo all’altare.

“Storia dell’Arabia Saudita“ di Madawi al-Rasheed (Arabia Saudita)

Bompiani

L’Arabia Saudita, cuore dell’Islam e tassello chiave della scacchiera geopolitica dell’oro nero, è ancora oggi la nazione enigmatica e misteriosa per eccellenza, inaccessibile all’influenza occidentale grazie alla sua immunità al colonialismo prima e al turismo poi, e caratterizzata quindi da una società le cui tradizioni sono rimaste in gran parte intatte. In questo saggio l’autrice guida il lettore in questo mondo, fondendo lo studio delle fonti documentarie con la sua esperienza diretta e con i racconti orali che costituiscono il tratto distintivo della cultura tribale, offrendo una completa panoramica sulla storia e la società di un paese che resta, nel bene e nel male, una delle ultime frontiere della globalizzazione.

“Io, la divina” di Rabih Alameddine (Libano)

Bompiani

Soprannominata ”la Divina” da suo nonno in omaggio a Sarah Bernhardt, Sarah Nour el-Din, la protagonista del romanzo, è nata a Beirut e cresce negli anni difficili della guerra civile. Eppure non si abbatte, non perde mai, anche nelle situazioni più difficili, la sua smagliante voglia di vivere e il suo desiderio di piacere. Nelle trasgressioni dell’adolescenza – la prima sigaretta, il primo bacio, la ribellione verso la severa matrigna, la scoperta dell’eros – e nell’età adulta – in cui affronta il fallimento del proprio matrimonio, la perdita del figlio e l’internamento di una sorella – Sarah rimane profondamente se stessa e anzi decide di raccontare, senza pudori e senza remore, la sua storia.

“La traduttrice” di Rabih Alameddine (Libano)

Bompiani

Dopo “Il cantore di storie” con questo nuovo romanzo Rabih Alameddine ci trasporta in Libano, a Beirut, e, all’inizio, in un vecchio appartamento della città. E’ qui che incontriamo Aaliya, una donna di settantadue anni, i capelli tinti di blu, una traduzione da iniziare, forse, e una storia da raccontare. Aaliya ci parla della sua vita: anni e anni dedicati a leggere i capolavori della letteratura mondiale per poi tradurli, in silenzio, per puro amore, senza che alcuna traduzione veda mai la luce della pubblicazione; mentre per le vie della città cadevano bombe e si udivano gli echi di una guerra capace di trasformare giovani pacifici in spie e assassini. Una guerra che ha costretto una donna sola come lei, di professione libraia, appassionata di libri, a dormire con un fucile accanto al letto per difendersi da attacchi improvvisi. Una guerra che ha costretto Aaliya a rimandare l’appuntamento con l’amore. Siamo ciò che leggiamo, disse un saggio, e Aaliya è questo: una creatura meravigliosa, fatta di carta, eppure viva, piena di umorismo, che si nasconde da tutto e tutti dentro una vecchia giacca di lana e dietro la letteratura, cercando nei libri l’amore che la sua famiglia non è stata in grado di darle.

“Hakawati. Il cantore di storie” di Rabih Alameddine (Libano)

Bompiani

“Hakawati. Il cantore di storie” di Rabih Alameddine è un caso letterario: sia perché l’autore, giordano, di origine libanese apre una finestra su un mondo problematico; sia perché, mantenendo un alto livello di qualità letteraria, Alameddine, al suo terzo romanzo, riesce a mettere a confronto l’arte dello storytelling di tradizione araba con la cultura americana che il protagonista e l’autore hanno assorbito per molti anni. Nel romanzo, il protagonista, Osama al-Kharrat, lascia nel 2003 gli Stati Uniti, dove vive da tempo, per recarsi al capezzale del padre a Beirut. E se scopre la sua città natale irrimediabilmente cambiata, trova invece intatti gli affetti famigliari e il modo di comunicarli attraverso le storie. Cantastorie di professione era infatti il nonno di Osama, e le avventure del suo arrivo in Libano dalla Turchia si mescolano a quelle dei principi delle Crociate come pure ai pettegolezzi della vita di tutti i giorni.

“L’angelo della Storia” di Rabih Alameddine (Libano)

Bompiani

L’angelo della Storia guarda al passato mentre una tempesta lo sospinge verso il futuro. L’angelo di questa storia è Jacob, poeta di origini yemenite, che nel corso di una notte nella sala d’attesa di un istituto psichiatrico ripercorre tutta la sua vita: dall’infanzia con la madre in un bordello egiziano all’adolescenza con il ricco padre, fino alla vita adulta da omosessuale arabo a San Francisco quando l’epidemia di AIDS è al culmine. A tenergli compagnia in questa notte di ricordi ci sono molti interlocutori inattesi: Satana, che lo tormenta, la Morte, che vorrebbe spingerlo alla resa, e quattordici santi che guideranno Jacob verso casa, verso la pace e una nuova vita. ”L’Angelo della Storia” è un ritratto filosofico e allegorico di uno spirito in crisi, un racconto centrato sul conflitto quotidiano tra memoria e oblio.

“Frammenti e testimonianze. Testo greco a fronte” di Anassagora (Turchia)

Bompiani

Il volume propone una ipotesi di successione dei frammenti che restituisca il possibile percorso speculativo compiuto da Anassagora alla ricerca dell’intelletto come principio regolativo distinguibile dalle cose, ma da esso non separato. Il testo seguito è quello edito da Diels-Kranz (Hildesheim 1985), integrato, per le testimonianze, da brani desunti dall’edizione curata da Diego Lanza (Firenze 1966) e sempre opportunamente segnalati da asterischi.

“Metafisica. Testo arabo e latino a fronte” di Avicenna/Ibn Sina (Persia)

Bompiani

Nato nei pressi di Bukhara, nell’attuale Uzbekistan, Avicenna è il più importante pensatore dell’Islam orientale. L’impressionante vastità del suo sapere – fu a un tempo filosofo, consigliere politico e medico di grandissima fama – e il suo complesso lavoro di recupero e di ripensamento dell’eredità greca all’interno della fede islamica, giustificano l’indubbio fascino che la sua figura ha sempre esercitato tanto nel mondo arabo quanto in quello occidentale. La Metafisica, tradotta in latino nel XIII secolo, s’impose, accanto al corpus aristotelico, come il più autorevole punto di riferimento filosofico per i teologici scolastici, ed è a quest’opera che si devono di fatto alcune scelte epocali della filosofia occidentale.

“Fonte della vita. Testo latino a fronte” di Avicebron/Ibn Gabirol (Andalusia)

Bompiani

Nato a Malaga, Avicebron (Shelomon Ibn Gabirol, ca. 1021-1058) è una delle figure più originali e controverse della filosofia ebraica medievale. L’ambivalenza del suo sapere – oscillante fra la tradizione religiosa ebraica e la cultura filosofica greca (tra Gerusalemme e Atene, per riprendere la fortunata espressione di Leo Strauss) – giustifica il fascino che Avicebron esercitò alternativamente nel mondo ebraico come poeta e in quello latino-cristiano come pensatore. Il suo capolavoro filosofico, la “Fonte della vita”, composto originariamente in arabo, si è conservato integralmente solo nella traduzione latina realizzata nella prima metà del XII secolo da Domenico Gundisalvi e Giovanni Ispano. In quest’opera, presentata con il testo latino a fronte, si ritrovano le radici di molti dei successivi dibattiti scolastici sul ruolo della Volontà di Dio, sulla pluralità delle forme sostanziali e soprattutto sulla composizione degli enti finiti (la celebre dottrina dell’ilemorfismo universale).

“Storia di Israele” di Eli Barnavi (Israele)

Bompiani

Un vecchio popolo disperso e decimato, sotto l’impulso di un’ideologia nuova radicata nella memoria antica, il sionismo, ritorna alla terra che lo ha visto nascere, strappa l’indipendenza a un ambiente ostile, si forgia in uno Stato-nazione moderno e lo foggia nelle fattezze insite nei costumi ancestrali della sua tradizione, lo ricuce con la lingua degli avi, conquista con una lotta aspra il diritto alla “normalità”, senza rinunciare perciò a rivendicare una radicale alterità, e si dota di una temibile potenza militare, che è prima il suo mezzo di sopravvivenza e diventa poi strumento di dominio fino alla modernizzazione sociale, al prezzo però anche della brutalizzazione, della violenza, della “latente guerra civile” che investe la società e poi tragicamente la politica; fino al 4 novembre 1995, quando un giovane fanatico assassina uno dei principali responsabili del processo di pace, Rabin, il Primo ministro di una Repubblica democratica ormai inserita a pieno titolo nel novero delle nazioni “moderne” e che vive oggi la propria “normalità” nelle sue manifestazioni più complesse e drammatiche.

“Cronache dalla polvere” di Zoya Barontini (Italia)

Cronache dalla polvere

Nel 1936 l’esercito italiano conquista la capitale dell’impero etiope, Addis Abeba. Per quelle popolazioni un nuovo inizio: la pace romana, come la definì Benito Mussolini. Cronache dalla polvere racconta questa pagina di storia dell’Italia dimenticata e troppo a lungo taciuta: l’occupazione dei territori dell’Abissinia da parte delle truppe fasciste. Il regime ambiva a farne il fiore all’occhiello dell’Impero italiano ma si trovò a reprimere con atroce violenza la resistenza dei fieri guerriglieri arbegnuoc. Le truppe italiane insieme alle camicie nere si resero protagoniste di rastrellamenti, distruzioni e massacri di uomini, donne e bambini, abbandonando umanità e pietà. Perdute per sempre in quelle terre lontane da Roma. Le popolazioni locali non hanno mai dimenticato quel passato di inaudita violenza. Cronache dalla polvere è un’occasione per ricordare l’orrore della guerra e delle ideologie di superiorità della razza. Questa storia batte al tempo inesorabile dei tamburi di guerra, respira polvere e vento e ha gli occhi dei suoi protagonisti: soldati italiani, guerriglieri etiopi e alcune misteriose presenze. Fantasmi. Il paesaggio africano del secolo scorso rivive con una vena fantastica grazie al racconto corale del collettivo di scrittrici, scrittori e illustratori in tutta la sua spettacolare intensità e drammaticità.

“Omelie sull’Esamerone e di argomento vario” di Basilio Magno (Turchia)

Bompiani

Il volume raccoglie, per la prima volta in un unico libro, le ”Omelie sull’Esamerone” e le ventitré di argomento vario di Basilio di Cesarea, nell’originale testo greco con la traduzione italiana a cura di uno dei più conosciuti studiosi italiani dei Padri cappadoci. Le nove ”Omelie sull’Esamerone” pubblicate sono le più importanti e le più famose di Basilio. Predicate nel 378 a Cesarea nel giro di cinque giorni, le prime e le ultime quattro una al mattino e l’altra alla sera, mentre la quinta forse da sola al mattino del terzo giorno, di fronte a un uditorio estremamente composito, esse commentano in modo lineare il racconto della creazione contenuto in Genesi 1, 1-25. Quest’opera si presenta come il capolavoro dell’esegesi basiliana e, nello stesso tempo, come una sintesi armonica di teologia cristiana e letteratura classica, utilizzata largamente nella spiegazione della Scrittura Sacra. Ad esse, nel presente volume, sono affiancate anche le ventitré omelie di Basilio su argomenti vari, predicate in occasioni diverse: queste ultime offrono una panoramica dettagliata sulle condizioni di vita sociale ed economica nella Cappadocia del secolo IV.

“La felicità coniugale” di Tahar Ben Jelloun (Marocco)

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Donne, successo, viaggi, denaro… E’ questa la vita del protagonista del romanzo, un pittore ormai famoso in tutto il mondo, noto e invidiato tanto per la sua fama quanto per il suo successo con le donne. Solo una donna non apprezza il suo fascino, ed è sua moglie, stanca dei continui tradimenti e di doversi fare carico della famiglia e dei figli da sola. Il loro matrimonio è ormai un incubo: lui vorrebbe lasciarla ma non trova il coraggio per decidersi, lei vorrebbe tenerlo legato a sé ma riesce solo a fargli pagare il prezzo delle sue ferite. All’ennesimo litigio, però, il cuore di lui non regge e un ictus, paralizzandolo, lo costringe al letto e alla dipendenza. Dal letto e dalla poltrona della sua malattia, tutto assume un altro aspetto, la verità del suo matrimonio emerge con più evidenza e il pittore ripensa al suo passato, ce ne racconta illusioni e delusioni, tradimenti e fedeltà. Chissà, però, se tutto quel che dice è vero. Di certo non corrisponde alla versione della moglie. La prima versione di questo romanzo è stata pubblicata da Bompiani nel 2010 con il titolo “L’uomo che amava troppo le donne”.

“Partire” di Tahar Ben Jelloun (Marocco)

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Azel ha poco più di vent’anni e il futuro davanti: una laurea, molti sogni, la voglia di vivere e l’ambizione che si hanno a quell’età. La vita a Tangeri, tuttavia, non permette molto; povertà e corruzione fanno intravedere la felicità solo dall’altra parte dell’oceano, in Spagna. Partire è l’unica salvezza possibile. Ma anche partire è difficile, rischioso e richiede compromessi. Per AzeI partire ha il prezzo del tradimento, degli altri e di se stesso. Ha il costo di un amore in cui non crede, di una relazione omosessuale cui cede per necessità. Sembra non esserci scampo per la dignità, in questo mondo di opportunismi, prostituzione, clandestinità, sessualità tradita. Per fortuna ci sono i sogni. Ben Jelloun compone un affresco straordinario, di denuncia e poesia: il ritratto di un mondo di immigrazione e clandestinità in cui la felicità sta sempre altrove.

“L’ultimo amico” di Tahar Ben Jelloun (Marocco)

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E’ la storia di due amici, Ali e Mamed. Hanno condiviso molte cose, hanno amato, studiato, si sono abbandonati al sogno di un’utopia rivoluzionaria insieme, ma poi, all’improvviso, una lettera di Mamed, fatta di “poche frasi, brutali, secche, definitive”, annuncia la rottura del loro sodalizio. Solo alla fine, dopo la rievocazione delle loro vicende personali emergeranno la verità e il senso di quella lettera drammatica. Si scoprirà che l’amicizia è finita per volere di Mamed, che ha preferito risparmiare all’amico un dolore troppo grande.

“Amori stregati” di Tahar Ben Jelloun (Marocco)

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Storie di passioni e di perdizione, di amori destinati a durare per sempre e di incontri fugaci, di erotismo e di pure idealità romantiche, di misantropi, scienziati, profeti e angeli. Tahar Ben Jelloun, attingendo alle mille fonti dell’immaginario favolistico e delle tradizioni magiche del mitico Oriente, tratteggia in questi racconti l’universo del sentimento amoroso, e lo declina nelle sue molteplici e spesso impreviste forme, nella consapevolezza, ora divertita ora malinconica, che l’amore e il sesso sono i più grandi incantesimi del mondo, veicolo e luogo di supremi misteri, di pulsioni incontrollabili, di fascinazioni uniche e irripetibili: come la natura umana.

“L’ultimo amore è sempre il primo?” di Tahar Ben Jelloun (Marocco)

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Le storie che si trovano in questo libro raccontano il disequilibrio e i malintesi tra l’uomo e la donna arabi. Come scrive l’autore “il primo amore è sempre l’ultimo. Nel mio paese c’è qualcosa di spezzato nelle relazioni tra l’uomo e la donna.” Ben Jelloun è nato a Fès (Marocco) nel 1944 ma da molti anni vive in Francia, a Parigi. In Italia è conosciuto da tempo per il suo forte impegno personale, sociale e politico che si esprime anche nell’opera narrativa.

“Nadia” di Tahar Ben Jelloun (Marocco)

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Nadia, una ragazza magrebina colta e intelligente, che crede nell’umanità e nella giustizia, vuole scuotere dalla loro rassegnazione “gli umiliati e offesi” che incontra lungo il proprio cammino. Nella lotta all’egoismo e ai pregiudizi, alla corruzione e all’ignoranza, all’omertà e al cinismo, Nadia riverserà speranze ed energie, rabbia e sentimento, orgoglio e disperazione, ma certo senza dimenticare l’amore, fino al momento in cui comprenderà che l’avvenire appartiene soltanto a coloro che non considerano la vita alla stregua di un tranquillo viaggio verso l’eternità.

“Corrotto” di Tahar Ben Jelloun (Marocco)

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L’ingegnere Mourad è un uomo onesto e colto, eppure fatica a garantire alla famiglia un livello di vita decoroso. Così quando un giorno trova un mazzetto di banconote nel fascicolo di una pratica che sta seguendo, intasca e tace. Ma quel gesto trasforma la sua esistenza. Certo può condurre una vita più agiata, offrire ai figli ciò di cui hanno bisogno, riprogettare il proprio futuro anche lontano dalla moglie. Ma la vertigine della trasgressione e della paura si è insinuata dentro di lui fino a stravolgere i più consueti momenti della quotidianità. Mourad apprende quale sia il vero prezzo della corruzione: il sospetto e l’angoscia.

“Racconti coranici” di Tahar Ben Jelloun (Marocco)

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“L’uomo ha sempre avuto bisogno di placare le sue angosce; da sempre ha avuto bisogno di credere, di avere una religione che gli permettesse di avere delle risposte a domande difficili. Alcune persone rifiutano la religione: è un loro diritto. Questi racconti, i cui personaggi sono inscritti nella cultura religiosa, hanno l’obiettivo di rendere più vicini alla nostra cultura e al nostro immaginario alcuni profeti e personaggi d’eccezione. In questo libro la loro vita è romanzata: è raccontata come se fossero eroi di un romanzo, una sorta di fiction ispirata a una realtà lontana e mitologica”. re racconti sulla religione, sulla sua importanza e i suoi principi etici. Tre storie di grandi uomini che sono anche tre storie di fede. Le vicende, tutte umane, di chi ha combattuto per difendere il proprio credo in un Dio unico (sia questi il Dio cristiano, ebraico o musulmano) – accettando di essere presi per pazzi e di essere perseguitati dal proprio popolo. Tahar Ben Jelloun ci riporta ad epoche e luoghi lontani – ai confini della leggenda – per parlarci di Giustizia, Fede, Rispetto. Contro il materialismo e il politeismo, la superficialità e le ingiustizie sociali, di allora e di sempre.

“L’ablazione” di Tahar Ben Jelloun (Marocco)

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Un matematico di rilievo internazionale, sui 60 anni ma molto vitale, scopre un giorno di avere un tumore alla prostata. Deve sottoporsi, dunque, a un intervento di asportazione. Solo così il rischio tumorale sarà contenuto. Al matematico, però, non interessa tanto del tumore in sé e del rischio che esso comporta ma del cambiamento che l’intervento comporterà per la sua vita: non potrà più avere una vita sessuale, perché non potrà più avere erezioni. L’uomo si prepara all’intervento con un’ultima, scatenata, notte di sesso, con una prostituta d’alto bordo. Dopo l’intervento cerca di continuare a fare una vita normale (con lavoro e viaggi) ma tutto è molto difficile: prima soffre di incontinenza, poi si sente “menomato” (come fosse visibile che non ha più un organo), poi inizia a vivere il dramma della vita sessuale negata. Il tempo, tuttavia, fa il suo corso e lui lentamente riesce a riprendere una vita senza drammi, stabilendo perfino una relazione con una donna. Poco a poco capisce che una vita senza sesso è possibile. E’ diversa ma è comunque e sempre vita.

“È questo l’Islam che fa paura” di Tahar Ben Jelloun (Marocco)

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Si può non temere l’Islam, oggi, dopo le minacce, le parole d’ordine gridate, le stragi? E’ un timore giustificato? E soprattutto: l’Islam è davvero, per sua natura, violento e antidemocratico come molti lo dipingono sull’onda degli ultimi avvenimenti? La risposta viene da questo libro, in cui Tahar Ben Jelloun dialoga con sua figlia – francese e musulmana, come moltissimi nell’Europa odierna. Ben Jelloun non perde tempo, la sua parola è semplice e netta. Descrive lo sdegno dei musulmani moderati di fronte a un fondamentalismo che deturpa la vera fede in Allah. Spiega cosa è l’Isis, come è nato, come è riuscito a far proseliti fra i giovani più fragili e disorientati dalla mancanza di lavoro, dalla miseria morale e materiale. Ma fa anche riflettere sulle responsabilità di noi occidentali, spesso indifferenti ai gravi disagi degli immigrati di prima e seconda generazione che popolano le nostre città. Questo vuole essere un libro di lotta e di resistenza. Fatte con l’arma più affilata di tutte: l’intelligenza.

“La rivoluzione dei gelsomini” di Tahar Ben Jelloun (Marocco)

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II centro del mondo si è spostato in Nord Africa. Dopo la Tunisia, l’Egitto, e poi chissà quali altri paesi ancora. Il popolo invade le strade e riempie le piazze. La polizia in parte solidarizza in parte reprime. Frange di fondamentalismo si mischiano alla maggioranza che chiede diritti e libertà, stemperando il proprio potenziale violento. II mondo sta a guardare e fatica a prendere posizione. La voce di Tahar Ben Jelloun si leva con lucidità per spiegare in modo semplice cosa è accaduto, cosa sta accadendo e cosa accadrà. “Cadono dei muri di Berlino”, dice l’autore, e niente dopo questi fatti sarà più come prima nel mondo arabo. Questi paesi stanno scoprendo, hanno scoperto e rivendicheranno d’ora in poi, il valore e l’autonomia dell’individuo in quanto cittadino. Dopo i best seller dedicati al razzismo e all’Islam, l’autore marocchino di nazionalità francese torna a prendere di petto l’attualità più bruciante con tesi che faranno molto discutere, per nulla tenere con l’Occidente. Quali sono le colpe dell’Europa e degli Usa? Davvero l’Europa e gli Usa vogliono l’autodeterminazione dei popoli arabi? Oppure fanno più comodo pseudo-dittatori che flirtano con la finanza mondiale e i governi occidentali? Il petrolio c’entra e in che misura? Molte domande, alcune risposte per cosa sta accadendo sull’altra sponda del Mediterraneo.

“Non capisco il mondo arabo” di Tahar Ben Jelloun (Marocco)

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Mérième e Lidia sono due ragazze di diciassette anni come tante; l’una è cresciuta a Parigi in una famiglia laica di origini marocchine, l’altra è cresciuta a Bologna in una famiglia cristiana. Mèrième è figlia di un padre famoso, Tahar Ben Jelloun, e ha già ispirato un libro: “Il razzismo spiegato a mia figlia”. Un giorno iniziano a scriversi delle e-mail, ciascuna incuriosita dall’altra: cosa vuol dire essere musulmani? Cosa pensa una ragazza musulmana di fronte agli attentati terroristici? Esiste un’intolleranza cristiana? E che differenza c’è fra la battaglia per il velo e la battaglia per il crocifisso? Che significato ha per un’adolescente la parola “laicità”? Per oltre due anni, le ragazze si raccontano le proprie impressioni, mentre a poco a poco nasce una vera e propria amicizia, fatta di confidenze, vacanze insieme, tensioni, attese. Tahar Ben Jelloun torna a parlarci di attualità e di rispetto con un pamphlet che ha insieme la forza della denuncia, la spontaneità dell’adolescenza, la libertà di un’invenzione narrativa.

“Fuoco” di Tahar Ben Jelloun (Marocco)

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Mohamed Bouazizi si dà fuoco il 17 dicembre 2010. Un gesto orgoglioso e disperato che accende la miccia della rivoluzione dei gelsomini in Tunisia e diventa il simbolo della primavera araba. Tahar Ben Jelloun, in un racconto intenso e poetico, ricostruisce i giorni che hanno preceduto questo sacrificio. La storia di un ragazzo moderato, con meno di trentanni e una laurea, innamorato di una coetanea che sogna di sposare appena avrà i soldi per il matrimonio. L’improvvisa perdita del padre lo costringe invece a pensare alla famiglia e a farsi per necessità venditore ambulante di frutta. La vita di strada si rivela crudele con lui, che non può permettersi di corrompere la polizia perché tolleri il suo carretto abusivo, e la lotta in nome della madre e dei fratelli più piccoli si scontra con una realtà troppo ostile. Stremato e disperato, senza più fiducia nel futuro, decide di darsi fuoco per attirare l’attenzione del mondo e cambiare le regole del gioco. Un omaggio alle rivoluzioni arabe e ai milioni di uomini e donne senza nome scesi in piazza rivendicando libertà e dignità nei loro paesi.

“Jenin. Un campo palestinese” di Tahar Ben Jelloun (Marocco)

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Intorno a Jenin non è restato nulla. La guerra ha devastato tutto. Solo corpi esangui, ricordi, e la scarpa abbandonata di un bambino, che Jenin spera di vedere ancora, a piedi nudi, alla ricerca della sua scarpa perduta. Mentre percorre questo paesaggio devastato dalla guerra, Jenin canta un’elegia di dolore e rabbia, un inno alla vita, violentata senza scrupoli dai conflitti.

“L’Islam spiegato ai nostri figli” di Tahar Ben Jelloun (Marocco)

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L’11 settembre 2001 il mondo occidentale viene colpito: due aerei colpiscono le Torri gemelle a Manhattan, l’America è sconvolta, la paura di altri attacchi terroristici si diffonde, ogni arabo diventa sospetto. E’ a partire da questo scenario che si sviluppa questa conversazione tra Tahar Ben Jelloun e sua figlia – dieci anni – a disagio con se stessa, con le proprie origini musulmane, di fronte a una televisione che continua a dire “che i musulmani sono tutti cattivi”. Ben Jelloun spiega, con semplicità ma rifuggendo ogni semplificazione, cos’è l’Islam, qual è la differenza tra arabo e musulmano, cos’è il fanatismo, cos’è il terrorismo, quale spazio ha la tolleranza nel mondo arabo, quali lezioni ha dato all’Occidente.

“La via della seta” di Luce Boulnois (Francia)

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Samarcanda, Bukhara, Khotan o Chang’an: sono alcune tappe dei famosi itinerari tra Oriente e Occidente lungo la via commerciale più famosa del mondo, molto evocata e spesso idealizzata dagli esploratori occidentali di fine Ottocento e inizio Novecento. Ma in che modo gli antichi romani scoprirono quei luoghi remotissimi? Cosa sapevano i cinesi del mondo europeo e come hanno fatto a conservare per secoli il segreto della produzione della seta? Marco Polo è davvero arrivato in Cina, oppure è stato solo una figura leggendaria? In questo libro, magnificamente scritto e che copre più di dieci secoli di storia, Luce Boulnois ha riversato lo studio prodigioso e appassionato di una vita. E, attraverso un’analisi rigorosa e documentata, risponde a ognuna di queste domande, raccontandoci i rapporti tra Oriente e Occidente e le reciproche influenze alla luce delle ultime scoperte archeologiche e dei recenti sconvolgimenti geopolitici.

“Atlante dei luoghi misteriosi dell’antichità” di Francesco Bongiorni e Massimo Polidoro (Italia)

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Proviamo solo a immaginare quali devono essere stati l’emozione e la gioia. Il giovanissimo orientalista Johann Ludwig Burckhardt, travestito da arabo, accompagnato da beduini diffidenti che lo ritengono un mago infedele, si avventura nel deserto giordano finché si imbatte in una gola angusta, quasi buia. Il silenzio è palpabile, il rischio assoluto. Ma, all’improvviso, dalle rocce e dall’oblio dei secoli, riemerge la ricca e raffinata città dei Nabatei, la favolosa Petra, che ormai si pensava essere solo un luogo della fantasia. Ecco, in questo volume che raccoglie le più belle storie intorno ai misteri dei tempi antichi di tutti i continenti, Francesco Bongiorni e Massimo Polidoro restituiscono l’irripetibile emozione della scoperta e la gioia incontenibile di una scommessa vinta quasi sempre contro ogni buon senso. Scoprendo così che a inseguire miraggi e leggende apparentemente inconsistenti si finisce spesso con il trovare testimonianze e tesori concretissimi, ma soprattutto la ricompensa a domande che ciascuno di noi porta dentro di sé e che costituiscono il nostro mistero più antico e insondabile.

“Il feroce saracino. La guerra dell’Islam. Il califfo alle porte di Roma” di Pietrangelo Buttafuoco (Italia)

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Più che la scimitarra, la forbice. Questa era la percezione dell’islam nell’immaginario degli italiani. Le forbici sul fez del “Turco Napolitano”, una delle più fortunate maschere di Totò, la simpatia malandrina del Sarracino cantato da Carosone o l’alone fiabesco del Saladino della pubblicità Perugina. Da religione residuale l’islam oggi è diventato l’incubo di tutti; bussa alla porta di ciascuno di noi, insinuandosi nella nostra più privata quotidianità. Della strage di “Charlie Hebdo” a Parigi resta un fotogramma: un musulmano che spara a un altro musulmano. Due individui colti nel momento in cui la guerra civile globale diventa – ben oltre l’immagine – un fatto conclamato. Il primo uccide in nome di Allah, il secondo muore invocandolo. E’ una guerra civile all’interno dell’islam quella che, nel solco delle primavere arabe, dei flussi migratori e del dilagare del terrorismo internazionale, incendia la comunità musulmana. Si chiama fitna ed è la discordia insanabile, una faida che non trova tregua e che trascina nel proprio gorgo tutti. L’Isis cancella coi caterpillar l’antica città di Hatra. Come a Mosul, così a Nimrud. Di duemila anni di storia resta la polvere e una minaccia: la demolizione delle Piramidi in Egitto. Uno scempio messo in atto dai terroristi che non risparmia neppure i luoghi santi della religione di Maometto. E senza risparmiare Mecca dove i fanatici, tra le tante memorie della devozione, non hanno esitato a distruggere la casa del primo califfo dell’islam…

“Il lupo e la luna” di Pietrangelo Buttafuoco (Italia)

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Questa non è la solita storia. E’ una storia in forma di “cuntu’, l’antica forma di narrazione orale della Sicilia, e narra le vicissitudini e le peregrinazioni del messinese Scipione il Cicalazadè. Giovane vigoroso e intelligente, viene sottratto dodicenne dai pirati al padre, il Visconte Cicala, portato in dono al Sultano e educato alla sua corte, fino a divenire, in qualità di Prescelto, il comandante degli eserciti Ottomani di terra e di mare. Il suo destino è fatto di battaglie, conquiste, bottini, ma anche di nostalgia per la sua terra d’origine e per sua madre, donna Lucrezia. C’è un lupo al fianco di Scipione guerriero, e lui stesso è lupo nel profondo, e la sua voce è l’ululato della passione, del tradimento, della rabbia, dell’utopia: quella di Tommaso Campanella, i cui congiurati Scipione incontra e aiuta; quella dell’amore, che si incarna per lui in una dama fatta Luna; quella del ritorno in patria, occasione del ritrovamento degli affetti famigliari ma anche di un grande scontro con il cattolicissimo fratello Filippo. E poi, come in un circolo magico, un nuovo ritorno al Monte Altesina, là dove lo attende la dama fatta Luna e lo spirito del lupo potrà trovare finalmente riposo. Una storia che ha insieme il fascino di un Mediterraneo favoloso, la forza poetica delle narrazioni rinascimentali e l’aura di un’epopea popolare in cui Oriente e Occidente si misurano in una guerra di idee, amore e rinascita.

“Voci di scrittori arabi di ieri e di oggi” di Isabella Camera D’Afflitto (Italia)

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Quando si pensa ai racconti provenienti dall’area dei paesi arabi viene subito alla mente “Le mille e una notte”. Molto meno nota per i lettori italiani è la produzione letteraria contemporanea, assolutamente ricca e interessante, fondamentale per comprendere una realtà percepita come lontana. Una lacuna che questo volume si propone di colmare fornendo una panoramica sulla letteratura araba del Novecento attraverso le voci dei suoi autori più significativi: originari del Nord Africa e del Vicino Oriente, sono esponenti che appartengono a generazioni diverse della cultura laica, islamica o cristiana. Maestri del racconto, alcuni di questi scrittori sono stati tradotti in Italia, come l’egiziano Nagìb Mahfùz, premio Nobel per la letteratura, la siriana Ghada Sammàn e il palestinese Ghassàn Kanafani; ma i più sono invece ancora da scoprire e da conoscere. I trentacinque racconti brevi qui pubblicati – veri e propri classici del genere – affrontano con stili molto diversi una molteplicità di temi: dalla spiritualità alla tradizione, dal rapporto tra sessi alla miseria, ai tentativi di una coesistenza interetnica, all’esilio. Ma anche argomenti moderni e originali come l’enigma della psiche umana, il disagio mentale e l’alienazione.

“Voci di scrittori arabi di oggi e di domani” di Isabella Camera D’Afflitto (Italia)

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Dopo Voci di scrittori arabi di ieri e di oggi, volume che ha presentato al pubblico italiano le opere dei maestri della letteratura araba del Novecento, questa nuova antologia ci apre una finestra sulla produzione contemporanea in quella lingua, fornendoci una panoramica sulla creazione letteraria di questo inizio di XXI secolo attraverso le voci di autori provenienti da Maghreb e Mashreq, dalle coste meridionali del Mediterraneo e dal Vicino Oriente. Questi racconti, all’insegna della sperimentazione di generi e forme, ci raccontano di un mondo in trasformazione di cui la letteratura, come sempre vero e proprio sismografo della società, rende testimonianza.

“Lo straniero” di Albert Camus (Francia)

Camus

Pubblicato nel 1942, ”Lo straniero” è un classico della letteratura contemporanea: protagonista è Meursault, un modesto impiegato che vive ad Algeri in uno stato di indifferenza, di estraneità a se stesso e al mondo. Un giorno, dopo un litigio, inesplicabilmente Meursault uccide un arabo. Viene arrestato e si consegna, del tutto impassibile, alle inevitabili conseguenze del fatto – il processo e la condanna a morte – senza cercare giustificazioni, difese o menzogne. Meursault è un eroe ”assurdo”, e la sua lucida coscienza del reale gli permette di giungere attraverso una logica esasperata alla verità di essere e di sentire. Un romanzo tradotto in quaranta lingue, da cui Luchino Visconti ha tratto nel 1967 l’omonimo film con Marcello Mastroianni.

“La peste” di Albert Camus (Francia)

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Orano è colpita da un’epidemia inesorabile e tremenda. Isolata, affamata, incapace di fermare la pestilenza, la città diventa il palcoscenico e il vetrino da laboratorio per le passioni di un’umanità al limite tra disgregazione e solidarietà. La fede religiosa, l’edonismo di chi non crede alle astrazioni né è capace di ”essere felice da solo”, il semplice sentimento del proprio dovere sono i protagonisti della vicenda; l’indifferenza, il panico, lo spirito burocratico e l’egoismo gretto gli alleati del morbo.

“Il primo uomo” di Albert Camus (Francia)

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Tra i rottami dell’automobile sulla quale Albert Camus trovò la morte nel gennaio 1960 fu rinvenuto un manoscritto con correzioni e cancellature: la stesura originaria di Il primo uomo. La figlia Catherine ha meticolosamente ricostruito il testo qui pubblicato sulla base di quel manoscritto. Una narrazione forte, commovente e autobiografica: una sorta di romanzo di formazione a ritroso. Attraverso le emozioni e le impressioni del protagonista, che torna in Algeria nel desiderio di ritrovare il ricordo del padre scomparso durante la prima guerra mondiale, Camus ripercorre parte della propria vita: l’infanzia algerina, il periodo della povertà, le amicizie, le tradizioni, i sogni dai quali emerge la figura di un uomo ideale, il primo uomo, appunto. A sessant’anni dalla scomparsa di questo grande autore ecco il suo testamento letterario: vi ritroviamo le radici della sua personalità, la genesi del suo pensiero, le ragioni della scelta di dare voce, con la sua scrittura, a chi non l’ha mai avuta. Da questa storia l’omonimo film del 2011 scritto e diretto da Gianni Amelio.

“L’uomo in rivolta” di Albert Camus (Francia)

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Ne L’uomo in rivolta, pubblicato nel 1951, trova la sua più rigorosa formulazione teorica la riflessione di Camus sull’idea – fondamentale – della rivoluzione, intesa come ricerca di equilibrio, azione creatrice, unica possibilità data all’uomo per fare emergere un senso in un mondo dominato dal non senso. L’opera sancì la rottura definitiva di Camus con Sartre e diede origine a infinite polemiche che divisero l’avanguardia intellettuale francese ma non riuscirono a pregiudicare la validità di una lezione di coraggio, generosità e moralità che rimane attualissima ancora oggi. Titolo originale: L’Homme révolté (1951).

“Il diritto e il rovescio” di Albert Camus (Francia)

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Gli scritti raccolti ne ”Il diritto e il rovescio” costituiscono l’indispensabile premessa alle opere narrative e alla saggistica maggiore di Albert Camus. Concepiti per la maggior parte negli anni giovanili e scritti tra il 1935 e il 1936 vennero pubblicati una prima volta nel 1937 e ripresi da Gallimard solo nel 1958 con l’aggiunta della prefazione, questi saggi riflettono il mondo di povertà e bellezza in cui Camus, algerino di nascita, trascorse la giovinezza e colpiscono per l’alta qualità letteraria della scrittura e per la lucidità dell’analisi. In queste pagine, infatti, sono anticipati alcuni dei più importanti temi dell’esistenzialismo che fecero dell’autore una delle espressioni più alte della coscienza contemporanea.

“La morte felice” di Albert Camus (Francia)

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”Nella crisalide della ‘Morte felice’ si formava la larva dello ‘Straniero.”’ Così Jean Sarocchi riassume efficacemente il problema della genesi di questo primissimo romanzo di Camus, scritto tra il 1936 e il 1938, incompiuto e uscito postumo. Patrice Mersault, il giovane protagonista, è un povero impiegato di un ufficio del porto di Algeri. Conduce una vita normale, in solitudine e senza amore, anelando alla felicità e alla libertà, che non sa come raggiungere. Sarà l’incontro con Zagreus, un uomo colto e menomato nel fisico, a cambiargli la vita e a indicargli la strada per raggiungere i suoi obiettivi. Ma per farlo dovrà macchiarsi di un delitto. In un viaggio che raggiunge Praga, poi Genova e infine nel ritorno ad Algeri, attraverso un tormentato lavoro su se stesso e sfidando le comuni convenzioni morali, Mersault comprenderà la propria natura e il senso delle sue azioni. Fino a riuscire a guardare in faccia la propria morte e ad amarla.

“L’esilio e il regno” di Albert Camus (Francia)

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Questa raccolta di racconti, pubblicata nel 1957, è l’ultima opera che Camus pubblicò prima di morire improvvisamente nel 1960. Pervasi da un senso di insoddisfazione, solitudine e fallimento i protagonisti di queste storie, ambientate nei luoghi più disparati, dall’Algeria a Parigi al Brasile, attraversano la vita, ovvero ”l’esilio”, nel vano tentativo di raggiungere ”il regno”, quella dimensione fatta di felicità, verità e solidarietà.

“Di’ la verità anche se la tua voce trema” di Daphne Caruana Galizia (Malta)

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“Ci sono corrotti ovunque si guardi, la situazione è disperata.” L’ultimo post di Daphne Caruana Galizia su Running Commentary si chiude così, alle 14.35 del 16 ottobre 2017. Pochi minuti dopo la Peugeot 108 su cui Daphne si sta allontanando da casa salta in aria, e quella frase diventa un testamento involontario consegnato ai lettori del suo blog. Daphne ha pagato con la vita trent’anni di giornalismo investigativo in cui ha denunciato i lati più oscuri di Malta, dalla corruzione dei suoi politici al narcotraffico al riciclaggio di denaro sporco, dall’influenza del regime azero sulla politica locale al ruolo di Malta nello scandalo dei Panama Papers al sistema della vendita della cittadinanza maltese che vale il 2,5% del PIL dell’isola. “Quando un giornalista viene ucciso ne soffre tutta la società,” ha scritto Margaret Atwood. E questo è tanto più vero se accade nel silenzio assordante della giustizia. Fino a quando anche un solo giornalista perderà la vita per aver raccontato la verità, le ultime parole di Daphne rimarranno un monito doloroso tra i fiori negati del suo memoriale.

“L’alchimista” di Paulo Coelho (Brasile)

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“L’Alchimista” è la storia di una iniziazione. Ne è protagonista Santiago, un giovane pastorello andaluso il quale, alla ricerca di un tesoro sognato, intraprende quel viaggio avventuroso, insieme reale e simbolico che lo porterà fino all’Egitto delle Piramidi. E sarà proprio durante il viaggio che il giovane, grazie all’incontro con il vecchio Alchimista, salirà tutti i gradini della scala sapienziale: nella sua progressione sulla sabbia del deserto e, insieme, nella conoscenza di sé, scoprirà l’Anima del Mondo, l’Amore e il Linguaggio Universale, imparerà a parlare al sole e al vento e infine compirà la sua Leggenda Personale. Edizione speciale per celebrare un milione di copie vendute in Italia.

“Manuale d’esilio in trentacinque lezioni” di Velibor Čolić (Bosnia Erzegovina)

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Un manoscritto, dei calzini, un sapone che assomiglia a una rana morta, una foto di Emily Dickinson, una camicia e mezza, uno spazzolino da denti. Come si chiude un’intera vita dentro un solo bagaglio? Il protagonista di questo Manuale ha ventotto anni ed è un soldato quando diserta e varca parecchi confini con una destinazione scolpita in mente: la Francia. A salvarlo nei suoi vagabondaggi di esule e rifugiato, in una stagione di emozioni clandestine dentro e freddezza sprezzante fuori, il fuoco dell’ambizione e la forza della letteratura. L’esilio diventa l’occasione per una ricerca più profonda dell’identità di uomo e di scrittore.

“Il caso Meursault” di Kamel Daoud (Algeria)

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“Ti riassumo la storia prima di raccontartela: un uomo che sa scrivere uccide un arabo che quel giorno non ha neppure un nome – quasi l’avesse lasciato appeso a un chiodo prima di entrare in scena -, e poi comincia a spiegare che è tutta colpa di un Dio che non esiste e di ciò che ha capito sotto il sole e per il fatto che la salsedine lo costringe a chiudere gli occhi. Perciò l’omicidio rimane un atto assolutamente impunito e non è un delitto poiché non esiste legge fra mezzogiorno e le due, fra lui e Zoudj, fra Meursault e Moussa. E in seguito, per settant’anni, tutti si sono adoperati a fare sparire in gran fretta il corpo della vittima, a trasformare i luoghi dell’omicidio in un museo immateriale e a discorrere sul significato del nome dell’assassino. Che cosa significa Meursault? “Morto solo”? “Morto sciocco”? “Non muore mai”? Per mio fratello, invece, in tutta questa storia non è stata spesa neppure una parola. E tu, come tutti quelli prima di te, hai preso una cantonata. L’assurdo lo portiamo sulle spalle o nel ventre delle nostre terre io e mio fratello, non quello là.”

“Vite e dottrine dei più celebri filosofi” di Diogene Laerzio (Turchia)

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Le ”Vite e dottrine dei più celebri filosofi” in dieci libri è la più importante raccolta biografica e dossografica sui filosofi greci, dalle origini a Epicuro, che ci sia pervenuta dall’antichità. Accanto al resoconto sulla vita di ogni filosofo, arricchito sempre da aneddoti (talvolta ironici e graffianti) sui rapporti dei filosofi con i tiranni del tempo, l’autore presenta sempre una sintesi del loro pensiero e una trattazione dell’evoluzione delle singole Scuole. Tali Scuole di pensiero sono ricondotte a due origini: la filosofia ionica, cioè il circolo dei Milesii, e la filosofia italica, cioè il circolo dei Pitagorici. Dell’autore Diogene Laerzio sappiamo molto poco; si suppone che sia stato legato all’ambiente alessandrino del tardo II secolo d.C., che abbia preso parte al vivace dibattito sull’origine della filosofia e che abbia professato dottrine epicuree. In particolare, Diogene Laerzio difende l’origine greca della filosofia contro tutti coloro che, al contrario, rintracciavano presunte ”filosofie” dei popoli dell’Oriente: dei Persiani, dei Fenici e degli Egiziani. Diogene, inoltre, lascia intendere che il culmine del pensiero greco sia stato Epicuro. La presente edizione è composta da un ricco Saggio introduttivo, da una Prefazione di Giovanni Reale, dalla versione italiana condotta sull’ultima edizione critica di M. Marcovich della Bibliotheca Teubneriana, che viene riprodotta a fronte con alcune necessarie varianti, e da un Indice ragionato dei nomi e dei luoghi.

“Descrizione della terra abitata. Testo greco a fronte” di Dionisio di Alessandria (Egitto)

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La Descriptio orbis terrarum appartiene al genere della letteratura geografica dell’antichità accanto alle opere più note di Stradone e di Pausania; se questi ultimi hanno avuto grande fortuna nella tradizione occidentale, l’opera del Periegeta è stata invece letta e commentata soprattutto dai bizantini. L’autore, vissuto probabilmente ad Alessandria d’Egitto al tempo di Adriano, risente della cultura della seconda sofistica e del medioplatonismo e scrive in esametri in stile omerico, mescolando alla descrizione geografica dei tre continenti conosciuti vari elementi di etnografia e mitologia relativi alle località descritte poeticamente. Il curatore è professore di Filologia classica all’Università di Friburgo.

“Finché non saremo liberi. Iran. La mia lotta per i diritti umani” di Shirin Ebadi (Iran)

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Shirin Ebadi, la prima donna musulmana a ricevere il Premio Nobel per la Pace, ha ispirato milioni di persone nel mondo con il suo impegno da avvocato per i diritti umani, difendendo soprattutto le donne e i bambini dal brutale regime iraniano. Per questo il governo ha cercato di ostacolarla in tutti i modi, ha intercettato le sue telefonate, ha messo sotto sorveglianza il suo ufficio, l’ha fatta pedinare, ha minacciato lei e i suoi cari con metodi violenti e indicibili. Oggi Shirin Ebadi ci racconta la sua storia di coraggio e di ribellione contro un potere intenzionato a portarle via lutto – il matrimonio, gli amici, i colleghi, la casa, la carriera, persino il Premio Nobel – ma che non è riuscito a intaccare il suo spirito combattivo e la sua speranza di giustizia e di un futuro migliore: “è per amore dell’Iran e del suo popolo, delle sue potenzialità e della sua grandezza; che ho intrapreso ogni singolo passo di questo viaggio. E so che un giorno gli iraniani troveranno la loro strada per la libertà e la giustizia che meritano.” “Finché non saremo liberi” è il racconto incredibile di una donna che non si arrenderà mai, non importa quali rischi dovrà correre: un esempio per tutti, che insegna il coraggio di lottare per le proprie convinzioni.

“Essere musulmano” di El Hassan bin Talal (Giordania)

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“La mia è una ricerca di valori comuni, di un mutuo rispetto, e di ponti, piuttosto che di confini. Solo attraverso il dialogo può essere costruito un futuro in cui l’Europa e il mondo musulmano non siano più rivali, ma partner, pronti a darsi la mano in uno sforzo comune.” (El Hassan bin Talal)

“Tutte le opere. Diatribe-Manuale-Frammenti-Gnomologio” di Epitteto (Turchia)

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Questa edizione completa delle opere di Epitteto (”Diatribe”, ”Manuale”, ”Frammenti” e ”Gnomologio”) è stata curata da Giovanni Reale, che ha firmato il saggio introduttivo, le prefazioni e le parafrasi, insieme a uno staff di collaboratori, composto da Cesare Cassanmagnago (autore della traduzione dal greco e delle note), da Giuseppe Girgenti (curatore della bibliografia epittetiana nonché delle appendici che presentano le versioni del ”Manuale” di Angelo Poliziano e di Giacomo Leopardi) e da Roberto Radice (autore del lessico completo dei termini greci utilizzati da Epitteto). Essa completa il progetto già avviato nelle collane Bompiani di una raccolta di tutti gli scritti degli Stoici: Stoici antichi (a cura di Roberto Radice), Panezio e Posidonio (a cura di Emmanuele Vimercati), Seneca (a cura di Giovanni Reale), Marco Aurelio (a cura di Cesare Cassanmagnago) e Stoici romani minori (a cura di Ilaria Ramelli).

“Vite di filosofi e sofisti. Testo greco a fronte” di Eunapio (Turchia)

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Eunapio di Sardi, nato nel 347 d.C., fu un retore e uno scrittore che visse nel periodo più turbolento dell’Impero romano (da Giuliano l’Apostata ad Arcadio, figlio di Teodosio) e che raccolse le biografie dei filosofi e dei sofisti dell’età imperiale romana dal 270 al 405 d.C.; in esse narrò le vicende dei Neoplatonici dalla morte di Plotino sino alla diffusione del neoplatonismo, grazie agli allievi e continuatori quali Porfirio e Giamblico, nelle scuole di Alessandria, di Atene e di Costantinopoli; si hanno così ventitré biografie modellate sulla falsariga di Diogene Laerzio e di Filostrato, che offrono le storie dei pensatori pagani e dei letterati greci in un tempo di conflitto religioso e di crisi, tra paganesimo morente e cristianesimo nascente.

“Tutti i trattati del commentario allegorico alla Bibbia. Testo greco a fronte” di Filone di Alessandria (Egitto)

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Filone d’Alessandria, o Filone Alessandrino, fu il primo filosofo a cercare una mediazione tra la fede religiosa e la ragione filosofica. A lui si sono ispirati i Padri della Chiesa e senza di lui non si spiegherebbe, probabilmente, il collegamento tra il pensiero filosofico greco e la fede. Pur concedendo un qualche valore al significato letterale del testo biblico, Filone riconosce soprattutto all’allegoria la capacità di penetrare nel significato più profondo della rivelazione.

“I misteri egiziani. Testo greco a fronte” di Giamblico (Siria)

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Il De mysteriis Aegyptiorum è il più importante scritto filosofico-religioso della tarda antichità, pervenutoci sotto il nome del sacerdote egiziano Abammone in risposta alla Lettera ad Anebo del neoplatonico Porfirio; la tradizione antica (a partire da Proclo) attribuisce lo scritto a Giamblico, allievo di Porfirio, che contestò il maestro sui temi qui affrontati, ovvero il ruolo della teurgia e della mantica nel percorso dell’anima verso l’assimilazione al divino. Porfirio, nei vari scritti religiosi (oltre alla Lettera ad Anebo, la Filosofia rivelata dagli oracoli e i due trattatelli Sul ritorno dell’anima e Sulle immagini degli dei) aveva attribuito alle pratiche rituali, sacerdotali e oracolari un ruolo molto limitato, efficace solo per la purificazione della parte irrazionale dell’anima, e soprattutto aveva negato che i sacerdoti, in quanto uomini, avessero un qualsiasi potere sul primo Dio; Giamblico, invece, riprendendo l’antica arte ieratica egizia e la dottrina del Corpus Hermeticum, attribuisce agli oracoli e alla teurgia un ruolo supremo, giacché il sacerdote opera come semplice medium tra Dio, gli angeli, i demoni e le anime. Versione latina di Marsilio Ficino in appendice.

“Summa pitagorica. Testo greco a fronte” di Giamblico (Siria)

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Discepolo di Anatolio e Porfirio, Giamblico visse tra il 245 e il 335 d.C. e fu l’iniziatore della seconda fase del Neoplatonismo. A lui si richiamarono più tardi i maggiori rappresentanti delle scuole di Atene e di Alessandria, da Siriano a Proclo, da Ammonio a Simplicio. Giamblico realizzò un grandioso progetto, rivisitando e rifondando la dottrina neoplatonica di Plotino e Porfirio nel crogiolo della tradizione pitagorica. La Summa pitagorica di Giamblico, i cui trattati vengono qui presentati integralmente, e rappresenta un grande sforzo di sistemazione delle principali dottrine filosofiche sviluppatesi nell’arco dei secoli IV a.C.-III d.C.

“Il profeta. Il giardino del profeta” di Khalil Gibran (Libano)

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Il profeta e Il giardino del profeta sono due capolavori del poeta di origini libanesi Kahlil Gibran, qui raccolti in un unico volume. I pensieri di Gibran indicano la strada per una spiritualità vera, individuale e fuori dagli schemi. Scavando nella saggezza tradizionale il poeta recupera le tracce della propria identità culturale e giunge a una forma di sincretismo che libera la sapienza millenaria delle religioni rivelate dalle costrizioni del dogma. Gibran unisce le suggestioni delle Scritture alla mistica dei poemi arabi e ci tramanda un’opera poetica che fa vibrare le più profonde corde del nostro animo.

“Storia di una famiglia ebrea” di Efratia Gitai (Israele)

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Efratia, la madre di Amos Gitai, nasce all’inizio del ‘900 ai piedi del Monte Carmelo ma presto lascia Israele, per andare a studiare in Europa, in Austria. Da lì, va in Germania, dove resta fino a quando i discorsi di Hitler non iniziano a spaventarla, facendola tornare in Israele. Nel frattempo sposa l’architetto Munio Weinraub-Gitai e ha due figli; un altro muore. Per reagire al dolore, dopo pochi anni decide di tornare in Europa per studiare psicologia. Amos, che ha 10 anni, viene spedito in un kibbutz. Nelle lettere che gli scrive, si rivolge a lui come fosse un adulto, parlandogli dei suoi problemi e chiedendogli il permesso di restare lontano. Nelle sue risposte, Amos le racconta la vita nel kibbutz e quanto lei gli manchi. Attraverso le lettere che Efratia scrive al figlio e al marito, il ritratto di una donna autonoma, ribelle, insofferente verso ogni forma di dipendenza – perfino la dipendenza dai suoi affetti più cari.

“Oracoli caldaici. Testo greco a fronte” di Giuliano il Teurgo (Iraq)

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Composti verso la fine del II secolo dopo Cristo, gli “Oracoli Caldaici” sono attribuiti a Giuliano il Teurgo, figlio dell’altro Giuliano che, secondo Suidas, compose un’opera sui demoni. Poeta e sciamano dei misteri teurgici, in cui la figura del mßntis-doche·s (il nostro medium) coincide con quella del profétes, Giuliano comunica in frammenti oscuri e insieme luminosi, come si addice all’oracolo, un’esperienza visionaria individuale fiorita nell’ambito di un Erlebnis mistico e sapienziale collettivo. Gli “Oracoli caldaici”, che Proclo paragonava per importanza al “Timeo” di Platone, sono una raccolta di frammenti in cui un medium in trance parla con la voce del nume, e ne comunica la Sapienza che conduce gli umani oltre il velo delle apparenze, fino all’intuizione dell’Assoluto e al congiungimento con esso. Unica testimonianza diretta di una tradizione esoterica che associava metafisica e magia in un accordo inscindibile, gli oracoli consentono di guardare dietro le quinte di una esperienza mistica e iniziatica di grande densità immaginale, che viene comunicata in un linguaggio densamente poetico. E’ un viaggio verso l’Assoluto che sta alla radice di tutte le cose, o meglio ancora verso il Divino indicibile che si manifesta attraverso ipostasi e numi, che prendono nome di Padre, Ecate, No³s, e la cui quintessenza brilla nell’animo dei teurghi.

“Sul Cantico dei cantici. Testo greco e latino a fronte” di Gregorio di Nissa (Turchia)

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Il volume raccoglie assieme il “Commento al Cantico dei Cantici” di Origene di Alessandria e le quindici “Omelie sul Cantico dei Cantici” di Gregorio di Nissa. Il “Cantico dei Cantici” è un poema tradizionalmente attribuito al re Salomone in cui è celebrato l’amore di uno sposo e di una sposa. Soprattutto grazie alla spiegazione allegorica che Origene e Gregorio di Nissa propongono di questo scritto le Chiese di Oriente e di Occidente hanno interpretato, per quasi duemila anni, l’amore in esso cantato come l’amore sponsale di Cristo/Logos e dell’anima, o della Chiesa. Queste due opere, in cui sono custoditi i princìpi della mistica cristiana, offrono attraverso un linguaggio teologico, filosofico e poetico una visione della relazione fra l’anima e Dio che è fra le più profonde della storia del pensiero.

“Opere dogmatiche. Testo greco a fronte” di Gregorio di Nissa (Turchia)

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I Padri Cappadoci furono noti pensatori cristiani noti per la difesa dell’ortodossia e la conoscenza della filosofia greca. Il volume è dedicato a Gregorio di Nissa, del quale presenta le opere teologiche più significative. Trattasi del “Grande discorso catechetico”, una sintesi della dottrina cristiana; “La Vita di Mose”, un’interpretazione spirituale della vita di Mose; “L’anima e la resurrezione”, che traccia una innovativa antropologia e una profonda teologia dell’amore di Dio; il “Contro Eunomio”, che propone una nuova teologia trinitaria basata sul rapporto tra sostanza divina e persone (in greco: “ipostasi”) divine; ed infine le “Opere teologiche minori”, dedicate al medesimo rapporto tra sostanza ed ipostasi.

“Sull’anima e la resurrezione. Testo greco a fronte” di Gregorio di Nissa (Turchia)

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Questo scritto di Gregorio di Nissa (IV sec.) affronta il tema cruciale della compatibilità della teoria platonica dell’immortalità dell’anima con la dottrina cristiana della resurrezione del corpo. Mentre i primi Apologisti greci si erano pronunciati solo a favore della resurrezione della carne, ma negando che l’anima fosse immortale, con Gregorio inizia quel processo di conciliazione delle due dottrine che poi diverrà canonico nella teologia cristiana del Medioevo.

“Tutte le orazioni” di Gregorio di Nazianzo (Turchia)

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Questo volume contiene la traduzione completa delle quarantaquattro orazioni di Gregorio di Nazianzo, il quale, insieme a Basilio e a Gregorio di Nissa, costituisce la triade dei grandi Padri Cappadoci. Grande teologo e cristiano dedito al servizio della Chiesa, Gregorio di Nazianzo può essere considerato come il più grande scrittore cristiano di lingua greca, perché unì ad una formazione teologica derivata da Origene e da Basilio una cultura classica estremamente raffinata. Questo volume è stato curato da Claudio Moreschini, uno dei massimi esperti di Gregorio di Nazianzo. Testo greco a fronte.

“Il pessottimista. Un arabo d’Israele” di Emil Habibi (Israele)

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“Il palestinese Emil Habibi sa che l’umorismo è l’espressione gentile della disperazione. Egli va oltre e scrive sul suo popolo con le parole crudeli della Storia facendoci ridere e riflettere… Né del tutto ottimista, né del tutto pessimista, Emil Habibi è realista e commovente.” (Tahar Ben Jelloun)

“Una vita meno ordinaria. Diario di una domestica indiana” di Baby Halder (India)

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In una grande casa di Delhi, una domestica sta spolverando i libri dell’imponente biblioteca di un docente di antropologia in pensione. Comincia a sfogliarne uno, a leggere le prime pagine, quando il vecchio professore la sorprende. Ma invece del temuto rimprovero, arriva un incoraggiamento a continuare la lettura, e il regalo di un quaderno e di una penna su cui scrivere i propri ricordi. A volte basta così poco per cambiare una vita. Davanti a Baby Halder si spalanca un mondo nuovo: scopre che affidare alla carta un passato di maltrattamenti, disgrazie e umiliazioni è un’esperienza liberatoria, ma non può immaginare che nel giro di qualche mese i suoi scritti diventeranno il caso letterario più amato e discusso dell’India, oltre a venir tradotti in dieci lingue. Ad avere toccato una corda profonda nei lettori di tutto il mondo è l’autobiografia di una bambina abbandonata dalla madre, costretta a sopportare prima l’indifferenza della matrigna e di un padre assente, poi la brutalità di un uomo sposato a dodici anni e di quattordici più vecchio di lei. Una donna che un giorno ha deciso di fuggire con i suoi figli, tentando la fortuna nella grande città per riscattarsi dall’infimo livello della gerarchla sociale indiana e dal destino di rinuncia e sottomissione cui sembrava condannata. Una storia vera che ha il sapore di una favola moderna sulla speranza, il coraggio, il riscatto e il potere della letteratura.

“Sapiens. Da animali a dei” di Yuval Noah Harari (Israele)

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Centomila anni fa almeno sei specie di umani abitavano la Terra. Erano animali insignificanti, il cui impatto sul pianeta non era superiore a quello di gorilla, lucciole o meduse. Oggi sulla terra c’è una sola specie di umani. Noi: Homo sapiens. E siamo i signori del pianeta. Il segreto del nostro successo è l’immaginazione. Siamo gli unici animali capaci di parlare di cose che esistono solo nelle nostre fantasie: come le divinità, le nazioni, le leggi e i soldi. ”Sapiens. Da animali a dè”i spiega come ci siamo associati per creare città, regni e imperi; come abbiamo costruito la fiducia nei soldi, nei libri e nelle leggi; come ci siamo ritrovati schiavi della burocrazia, del consumismo e della ricerca della felicità.

“Homo Deus” di Yuval Noah Harari (Israele)

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Nella seconda metà del XX secolo l’umanità è riuscita in un’impresa che per migliaia di anni è parsa impossibile: tenere sotto controllo carestie, pestilenze e guerre. Oggi è più probabile che l’uomo medio muoia per un’abbuffata da McDonald’s piuttosto che per la siccità, il virus Ebola o un attacco di al-Qaida. Nel XXI secolo, in un mondo ormai libero dalle epidemie, economicamente prospero e in pace, coltiviamo con strumenti sempre più potenti l’ambizione antica di elevarci al rango di divinità, di trasformare ”Homo sapiens” in ”Homo Deus”. E allora cosa accadrà quando robotica, intelligenza artificiale e ingegneria genetica saranno messe al servizio della ricerca dell’immortalità e della felicità eterna? Harari racconta sogni e incubi che daranno forma al XXI secolo in una sintesi audace e lucidissima di storia, filosofia, scienza e tecnologia, e ci mette in guardia: il genere umano rischia di rendere se stesso superfluo. Saremo in grado di proteggere questo fragile pianeta e l’umanità stessa dai nostri nuovi poteri divini?

“21 lezioni per il XXI secolo” di Noah Yuval Harari (Israele)

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In un mondo alluvionato da informazioni irrilevanti, la lucidità è potere. La censura non opera bloccando il flusso di informazioni, ma inondando le persone di disinformazione e distrazioni. 21 lezioni per il XXI secolo si fa largo in queste acque torbide e affronta alcune delle questioni più urgenti dell’agenda globale contemporanea. Perché la democrazia liberale è in crisi? Dio è tornato? Sta per scoppiare una nuova guerra mondiale? Che cosa significa l’ascesa di Donald Trump? Che cosa si può fare per contrastare l’epidemia di notizie false? Quali civiltà domineranno il pianeta: l’Occidente, la Cina, l’Islam? L’Europa deve tenere le porte aperte ai migranti? Il nazionalismo può risolvere i problemi causati dalla disuguaglianza e dai cambiamenti climatici? In che modo potremo difenderci dal terrorismo? Che cosa dobbiamo insegnare ai nostri figli? Miliardi di noi possono a stento permettersi il lusso di approfondire queste domande, perché siamo pressati da ben altre urgenze: lavorare, prenderci cura dei figli o dare assistenza ai genitori anziani. Purtroppo la storia non fa sconti. Se il futuro dell’umanità viene deciso in vostra assenza, poiché siete troppo occupati a dar da mangiare e a vestire i vostri figli, voi e loro ne subirete comunque le conseguenze. Certo è parecchio ingiusto; ma chi ha mai detto che la storia è giusta? Un libro non può dare alla gente né cibo né vestiti, ma può fare e offrire un po’ di chiarezza, contribuendo ad appianare le differenze nel gioco globale. Se questo libro servirà ad aggiungere al dibattito sul futuro della nostra specie anche solo un ristretto gruppo di persone, allora avrà raggiunto il suo scopo.

“Elogio dell’odio” di Khaled Khalifa (Siria)

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Siria, 1980. Il regime di Hafez al-Assad reprime ferocemente i tentativi di insurrezione, sfociati anche in un fallito attentato contro di lui, organizzati dalla leadership sunnita. Le famiglie siriane, famiglie normali, con i loro amori, speranze e tradimenti, sono strette tra il fondamentalismo e un regime poliziesco e corrotto. Una giovane universitaria, cresciuta in un’antica casa tradizionale nel cuore di Aleppo sotto l’influenza conservatrice dello zio Bakr, aderisce alla causa per la caduta del regime e diviene un’attivista convinta. La sua famiglia vive prigioniera delle proprie passioni e ossessioni, nel ricordo del suo antico splendore derivante dal commercio di preziosi tappeti, difeso con i denti dalla bigotta, ma infine tenera, zia Maryam. E poi ci sono il vecchio servitore cieco Radwan; zia Marwa, che disonora la famiglia per il suo amore verso un ufficiale del Baath; il misterioso Abdallah, marito di zia Safa, che dallo Yemen all’Afghanistan sposa la causa della creazione di uno stato islamico; e tanti altri. E infine la giovane protagonista che narra l’intera vicenda mentre si appresta a subire la reazione violenta del regime.

“Non ci sono coltelli nelle cucine di questa città” di Khaled Khalifa (Siria)

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Aleppo ha una storia antichissima, oltre cinque millenni di umanità hanno percorso le sue strade e le hanno anche distrutte. E’ l’8 marzo 1963 e un nuovo colpo di Stato militare porta al potere il partito Baath, anticamera del regime di Hafez al-Asad. Quello stesso giorno nasce la voce narrante di questo romanzo che percorre la storia della città e del paese fino agli anni Duemila, una storia che, come quella della sua famiglia, si trasforma in tragedia. Il narratore, suo fratello Rashìd e le sue sorelle Sawsan e Suad sono figli di un’epoca in cui il confine tra pubblico e privato si assottiglia al punto che persino parlare può mettere a repentaglio la vita dei cittadini, la religione non è un conforto o un rifugio ma un’arma potente e la vita è possibile solo per chi viene a patti con il Partito, cedendo qualcosa di sé.
Una saga familiare in cui con maestria e feroce onestà Khaled Khalifa parla della persecuzione che da decenni ormai si consuma contro un’intera società.

“Morire è un mestiere difficile” di Khaled Khalifa (Siria)

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Bulbul ha appena perso il padre, che giace in un ospedale di Damasco. L’ultima promessa che gli ha fatto è stata di seppellirlo accanto alla sorella nel suo paese natale, vicino ad Aleppo. Solo quattrocento chilometri, ma a separare le due città c’è un solco ben più profondo: Damasco infatti è sotto il controllo del regime di Assad, mentre Aleppo è nelle mani dei ribelli. Viaggiare dall’una all’altra con una salma si rivela presto un compito molto arduo, che Bulbul condivide con il fratello Huseyn e la sorella Fatima. Tra controlli, sbarramenti e minacce i tre ricostruiscono insieme il ricordo del padre e il loro legame, un appiglio di umanità tra i marosi della guerra. Con questa odissea dolorosa e surreale Khaled Khalifa racconta di nuovo il presente siriano e ci mostra senza sconti la quotidianità di chi vive tra le macerie.

“Il Budda delle periferie” di Hanif Kureishi (Uk)

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Cinque lustri sono trascorsi da quando Hanif Kureishi, già candidato all’Oscar per la sceneggiatura di ”My Beautiful Laundrette”, ci ha fatto conoscere e praticamente regalato il suo protagonista Karim, diciassettenne, ribelle, spiritoso, mezzo indiano e mezzo no, e ”vero inglese, più o meno” come lui stesso dice. Il Budda delle periferie, romanzo d’esordio, racconto di formazione quasi picaresco, documento sociale e politico, e praticamente essenziale abbecedario della cultura pop-rock, con la sua irriverenza e la sua sfrontatezza continua da allora a incantarci. Pochissimi romanzi – con la lettura dei quali siamo in qualche modo diventati diversi e probabilmente migliori – hanno questo potere, di conservare intatta la loro forza e la loro magia nel tempo. Se non lo avete ancora fatto, seguite le avventure e i pensieri di questo ragazzo, che vi trascineranno in un mondo che non conoscete né vi aspettate. Se lo avete già letto, incrociando di nuovo queste righe scoprirete che Karim ha ancora la scandalosa e spregiudicata libertà di allora, e che voi stessi siete cambiati, ma siete ancora quelli che eravate, ”più o meno”. Ci sono libri più forti del tempo, ci sono autori che riescono ad afferrare con forza e talento lo spirito di ciò che vedono e vivono, e a trasformarlo in un racconto indimenticabile. Questo è uno di quei pochi libri, e Kureishi uno di quei pochissimi autori.(Ivan Cotroneo, 2015)

“The black album” di Hanif Kureishi (Uk)

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Shadid, un giovane pakistano da molto tempo in Inghilterra, si trasferisce dal Kent a Londra per ragioni di studio. L’incontro con Deedee Osgood, l’eccentrica professoressa che mescola disinvoltamente le canzoni di Prince con i saggi di Lacan, porterà scompiglio nella sua routine di studente. Così come l’arrivo del fratello Chili, un gangster in abiti griffati, in fuga dalla vendetta della mala. E i nuovi amici fondamentalisti islamici che cercheranno di introdurlo in un mondo di cui ignora tutto o quasi.

“Ho qualcosa da dirti” di Hanif Kureishi (Uk)

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Jamal è uno psicanalista di mezza età che vive da solo a Londra. E’ separato, ha un figlio che adora, una sorella eccentrica e un caro amico che in età avanzata scopre le gioie del sesso non convenzionale. Ha molti ricordi, diverse avventure da raccontare, ma soprattutto un segreto che lo opprime da decenni: il peso di un omicidio legato alla scomparsa del suo primo amore, Ajita. Ed ecco che il passato irrompe con la sua lunga ombra nella vita apparentemente tranquilla di Jamal e lo mette di fronte a una scelta, a una possibilità di riscatto. Attraverso i tanti protagonisti e le loro vite che si intrecciano l’autore tratteggia uno spaccato della Londra che dagli anni settanta, passando attraverso le droghe, la cultura pop, la politica, si trasforma nella città che è oggi.

“Racconti” di Hanif Kureishi (Uk)

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I racconti di Hanif Kureishi sono storie provocatorie, erotiche, tenere, divertenti e accattivanti; ritraggono la complessità dei rapporti tra uomini e donne, tra padri e figli, sullo sfondo di una Londra che è un mondo brulicante di vita e di contraddizioni. Il volume riunisce i racconti di “Love in a blue time”, “Mezzanotte tutto il giorno”, “Il corpo e Il declino dell’occidente”: insieme al controverso “Matrimoni e Decapitazioni”, c’è il profetico “Mio figlio il fanatico”, che declina le tensioni religiose all’interno di una famiglia musulmana. Come pochi altri scrittori, Kureishi riesce a cogliere le diverse sfumature delle tensioni politiche e sessuali, e di come esse condizionano la società così come la vita di ciascun individuo. Con un intervista all’autore di Elisabetta Sgarbi.

“Otto braccia per abbracciarti. Riflessioni sulla politica” di Hanif Kureishi (Uk)

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Sette riflessioni, vibranti e personali, in cui l’autore di “Il Budda delle periferie” e di “Nell’intimità” fa il punto su alcune delle questioni più scottanti e contraddittorie dei nostri anni. Dal fanatismo religioso al fenomeno razzista, dalla politica conservatrice all’attentato al World Trade Center. La visione lucida e ironica di uno scrittore che sa cogliere il mondo, e l’uomo, nei momenti cruciali in cui ingaggia un’accanita lotta con se stesso.

“L’ultima parola” di Hanif Kureishi (Uk)

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Mamoon è un noto scrittore nato in India, ma che ha costruito la sua carriera in Inghilterra. Sono i primi anni Settanta e la sua reputazione si sta affievolendo, le vendite calano e la sua nuova moglie ha gusti molto costosi. Harry è un giovane scrittore che accetta di scrivere la biografia di Mamoon per rivitalizzare sia la figura del vecchio leone sia il conto in banca. Harry ammira molto il lavoro di Mamoon e vuole svelare la verità sulla vita di questo artista. Ma l’editore che ha commissionato la biografia cerca molto più di questo, cerca lo scandalo, magari a sfondo sessuale, qualcosa che possa solleticare la curiosità dei media. E persino lo stesso Mamoon sta cercando di capire la verità su se stesso e la vita che ha condotto. Vecchia e nuova generazione si trovano così a confronto, e sul piatto della bilancia non ci sono solo la fragilità dell’età opposta all’irrequietezza giovanile: ci sono passioni, desideri, lealtà e tradimenti. Ma chi avrà l’ultima parola?

“Il declino dell’Occidente” di Hanif Kureishi (Uk)

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Mariti e mogli chiamati da incontri o avvenimenti inattesi a fare i conti con la propria vita. Persone di mezza età che si vedono protagoniste, con un po’ di nostalgia, di una vita lontana da quella sognata negli anni 70. Artisti che vengono a patti con i propri bisogni, ma non per questo smettono di sognare. Hanif Kureishi ci regala storie e personaggi fra i più riusciti del suo mondo narrativo – penetrandone le attese, le delusioni e le felicità restituendoci, come solo lui sa fare, umori, tremori e incanti della vita quotidiana, in tutte le sue contraddizioni, fra “matrimoni e decapitazioni”, come recita il titolo di una delle storie incluse nel volume.

“Il mio orecchio sul suo cuore” di Hanif Kureishi (Uk)

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Un romanzo autobiografico, in cui realtà e finzione si mescolano in un intreccio di piani e di punti di vista. La scoperta tra le carte di famiglia delle memorie del padre spalanca all’autore le porte del ricordo. La sua era stata una giovinezza difficile, segnata dal tentativo di essere all’altezza delle aspirazioni del padre. Di qui una serie di incomprensioni, sublimate dal giovane Kureishi grazie alla scoperta della musica di David Bowie, dei Beatles, dei Rolling Stones, di Jimi Hendrix e soprattutto attraverso l’avvicinamento al cuore della grande letteratura. Le memorie di questo padre da cui in passato non si era aspettato quasi alcuna gratificazione, scardinano le sue certezze e lo spingono a confrontarsi con le sue radici famigliari.

“Un furto” di Hanif Kureishi (Uk)

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Arrivato vicino ai sessanta e volendo pianificare il suo futuro e quello dei suoi figli, Hanif Kureishi assume un consulente di uno studio rispettabile. Così, quando Jeff Chandler gli raccomanda di investire in un piano finanziario, Kureishi segue il consiglio, per poi scoprire che Jeff è un truffatore e che i risparmi di una vita sono svaniti nel nulla. Un racconto che fa riflettere, in cui Kureishi usa questo furto per esplorare alcune delle contraddizioni e dei dilemmi delle nostre vite: il valore reale del denaro, come si possa amare e odiare allo stesso tempo, perché il mondo della finanza sembri girare attorno all’inganno, e cosa possiamo recuperare da chi ci ha derubato.

“La parola e la bomba” di Hanif Kureishi (Uk)

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In questo suo nuovo libro, Kureishi presenta il suo punto di vista sul tema dell’Islam estremista in contrapposizione al liberalismo occidentale. Innanzitutto, la sua esperienza di anglo-pakistano, vittima del razzismo a Londra negli anni Sessanta, affascinato dalle opere di Baldwin e di altri scrittori neri americani, ma sospettoso nei confronti dei movimenti più radicali come quelli di Malcolm X e Elijah Muhammad. E ancora: una visita alle moschee londinesi; un’analisi dei pregiudizi delle scuole fondamentaliste, basate sulla rigida divisione fra maschi e femmine; il confronto-scontro tra un padre ossessionato dalla sua stessa rigidità mentale e un figlio che ha sposato le tesi integraliste. Di fronte a tutto ciò Kureishi assume una posizione di nettissima condanna, pur avendo nello stesso tempo il coraggio di coglierne le ragioni, risalendo fino al passato coloniale dell’Occidente e soffermandosi sul vuoto ideologico lasciato dal crollo dei regimi socialisti.

“Love + Hate” di Hanif Kureishi (Uk)

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Amore, matrimonio, sesso, tradimento, anarchia, scrittura creativa, perdere tempo, la pazzia, Kafka, fare film, gli immigrati, l’Islam, perdere i risparmi di una vita. E odiare. Sono i temi che Hanif Kureishi intreccia nei racconti e saggi brevi che compongono questa raccolta, dove contraddizioni e contrasti sono indagati con lucidità feroce: gioventù e vecchiaia, tradimento e lealtà, est e ovest, immaginazione e repressione. Amore e odio.

“La collera di Dio. Testo latino a fronte” di Lucio Cecilio Firmiano Lattanzio (Algeria)

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Il “De ira Dei” venne certamente composto in un periodo compreso entro il primo decennio del IV secolo d.C. In esso Lattanzio (240-320 d.C. ca), retore latino allievo di Arnobio, convertitosi al Cristianesimo e divenuto poi intellettuale alla corte di Costantino, sviluppa attraverso un’articolata disputa con le correnti morali e teologiche della filosofia pagana il tema della collera divina, sostenendo, in conformità con la concezione biblica di un dio personale, razionale e sensibile, la necessità di rintracciarvi uno degli attributi essenziali e definitori della perfezione del primo artefice, anziché un indice di deficienza ontologica. Lattanzio vuole dimostrare come la vera natura dell’ira possa essere colta soltanto se, abbandonando le vane speculazioni dei filosofi e affidandosi all’insegnamento scritturale, si cessa di vedervi un sintomo dell’irrazionalità dell’animo umano o un segno della malevolenza divina e si riconosce, in essa, l’azione amorevole di una pedagogia paternalistica sempre orientata a beneficiare il progetto escatologico di redenzione del genere umano. A oltre ottant’anni di distanza dall’ultima traduzione integrale in lingua italiana, l’edizione del testo è curata da Luca Gasparri. L’introduzione offre una guida sintetica ma precisa alla struttura espositiva del trattato. Il commentario rappresenta un valido strumento per penetrare in profondità nel nucleo dottrinario, storico-filosofico e letterario dell’opera.

“Tutti gli scritti. Testo greco a fronte” di Luciano di Samosata (Turchia)

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In questo volume vengono raccolte tutte le opere di Luciano di Samosata (120-180 d.C.). Autore di spicco della “Seconda Sofistica”, Luciano fa della critica radicale e demolitrice che deride ogni presunta verità lo strumento principale della sua riflessione. Le sue opere sono in gran parte opuscoli irriverenti, dialoghi esilaranti e romanzi fantastici ambientati nel luoghi più improbabili.

“Giardini di luce. La storia di Mani, il profeta della fratellanza universale” di Amin Maalouf (Libano)

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Pittore rinomato, medico di fama e taumaturgo, Mani fu soprattutto il coraggioso apostolo di un messaggio ecumenico di fede e fratellanza fra i popoli. Oggi è un personaggio dimenticato dai più, anche se dietro le parole “manicheo” o “manicheismo” affiora il suo nome. Vissuto nella Mesopotamia del III sec. d.C., egli propose una visione del mondo così nuova e audace, così profondamente umanista da essere condannato per impostura ed eresia dai rappresentanti della religione e dell’impero. Muovendo dalle scarse notizie pervenuteci sulla vita e l’opera di Mani, Maalouf ricompone, in un vasto affresco storico e poetico, la vita del fondatore di una delle grandi religioni universali.

“Io non sono un albero” di Maryam Madjidi (Iran)

Maryam Madjidi

Iran, fine degli anni ’70. I genitori di Maryam sono giovani, comunisti e innamorati del loro Paese. Ma l’Iran sta sprofondando verso uno dei regimi più oscurantisti dell’epoca moderna, e la famiglia è costretta a fuggire. Quando, a sei anni, Maryam raggiunge il padre in esilio in Francia, ad accoglierla è prima di tutto una nuova lingua, che lei subito rifiuta, per poi invece sceglierla come unico salvagente possibile, al punto da respingere ogni richiamo alle origini: ”Io non sono un albero, non ho radici”. Solo anni dopo, quando ai genitori ormai stanchi le parole iniziano a mancare, Maryam trova la forza di volgersi indietro, recuperando la lingua come unico strumento per ritrovare la memoria. Con una scrittura intessuta di poesia e di humour, Maryam Madjidi racconta come le radici possano essere un fardello, un’arma di seduzione, un incubo, un’inesauribile risorsa. Il ritorno pieno di strazio e di allegria nella Teheran contemporanea, il viaggio alla riscoperta delle voci perdute dell’Iran, il rifiuto e l’amore come poli fondamentali per la costruzione di ogni identità: questo mémoir è un viaggio di liberazione dall’esilio interiore in cui ogni figlio rischia di confinarsi se dimentica la propria lingua madre.

“Storia della Bosnia. Dalle origini ai giorni nostri” di Noel Malcolm (Uk)

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La Bosnia è una delle repubbliche della ex Jugoslavia che ha proclamato l’indipendenza nel 1992, ma è stata subito dopo sconvolta da uno dei più violenti e tragici conflitti scoppiati in Europa nel XX secolo. Solo l’intervento delle forze dell’ONU e della NATO è riuscito a riportare la pace, sancita nel 1995 dall’accordo di Dayton. I motivi dell’odio etnico tra croati e musulmani da una parte e serbi dall’altra ha radici antiche e Noel Malcolm, profondo conoscitore delle vicende balcaniche, con un meticoloso lavoro di ricerca basato sull’attenta analisi delle fonti di origini diverse ci fornisce una spiegazione documentata e convincente di quanto è avvenuto.

“Storia del Kosovo. Dalle origini ai giorni nostri” di Noel Malcolm (Uk)

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Dalla Serbia medioevale alla nascita della moderna Albania, dell’espansione dell’impero ottomano nei Balcani alla storia globale dell’Europa dell’Est. Una sintesi per comprendere l’ultimo sanguinoso conflitto del Novecento.

“La via al Sufismo. Nella spiritualità e nella pratica” di Gabriele Mandel (Italia)

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I Sufi, detti anche “dervisci”, rappresentano la parte mistica e più illuminata dell’Islam e sono attivi in tutti i campi delle Arti e delle scienze nel rispetto d’ogni cultura e d’ogni religione, diffondendo ovunque la buona parola della bontà e della pace. Gabriele Mandel Khan, Vicario generale per l’Italia della Confraternita sufi Jerrahi-Halveti indica in questo libro la via pratica per giungere alla perfezione del sufi. “Le componenti della dottrina sufi sono l’amore totale per Dio; la gnosi che, superando la conoscenza intellettuale imperfetta e incompleta, unisce direttamente il sufi al divino, da cui la certezza della Sua esistenza e dell’impossibilità di capirlo con le sole forze umane”.

“Il Corano senza segreti” di Gabriele Mandel (Italia)

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Lo studio di Gabriele Mandel dà una risposta a quesiti di estrema attualità, e in modo ortodosso ma obiettivo ripercorre le tappe della composizione, del destino storico, e dell’affidabilità dei testi tramandati. Dopo aver tracciato la biografia di Muhammad, l’autore affronta i temi essenziali del Corano, con una sintesi di tutti i contenuti: il concetto di Dio, la creazione del Mondo, il Giudizio finale, il significato anche emblematico del Paradiso. Due capitoli sono dedicati ai profeti, e altri spiegano il digiuno di ramadan, il pellegrinaggio alla Mecca, la preghiera rituale, le disposizioni della Legge, le impostazioni riguardanti l’uomo, la donna e l’unione coniugale.

“Breviario di Muhammad” a cura di Gabriele Mandel (Italia)

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“Il Profeta Maometto fu non il “fondatore”, ma il “reintegratore” della “Religione monoteistica assoluta” che predica l’abbandono (Islàm) al Dio uno e unico. Una religione che, a partire da Adamo, era già stata predicata da tutti gli altri profeti, come chiaramente spiega il Corano. Per ciò che riguarda la religione, il Profeta Maometto fu il “tramite” attraverso il quale discese in terra il Libro sacro, il Corano, dettatogli dall’arcangelo Gabriele, dal 622 al 632 d.C. Il Corano indica i riti che il musulmano deve compiere ma non ne specifica il rituale, per cui imitare le azioni del Profeta e memorizzarne le parole fu di grande importanza nell’organizzazione della Comunità islamica.” (dalla prefazione di Gabriele Mandel)

“Autotune” di MaRue (Italia)

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La storia della potente new wave del rap – la trap, nata in Usa negli anni duemila e diffusasi rapidamente in tutto il mondo – è una storia di melting pot, di contaminazioni culturali, di periferie e di seconde generazioni. Il musicista che l’ha reinterpretata e importata in Italia si chiama Maruego, anzi MaRue, come si è di recente ribattezzato.
Scoperto da Gué Pequeno, a partire dalla sua hit ”Cioccolata” del 2014 sviluppa una proposta musicale nuova e ambiziosa che nel giro di pochi anni rinnova sonorità e linguaggi dell’hip hop, aprendo la strada a una intera generazione di artisti. E’ stato il primo a sperimentare l’uso massiccio dell”’autotune”. Il suo sound unisce il rap all’elettronica e a influenze di provenienza globale, dalla raï algerina alla trap francese. Le sue rime mescolano l’italiano, il francese, l’arabo e lo slang americano, al servizio di un’inventiva linguistica vulcanica che gli ha guadagnato l’attenzione anche dell’Accademia della Crusca. In questo libro MaRue racconta la sua vita, una vicenda accidentata e romanzesca che è il cuore della sua ispirazione artistica. Dall’infanzia vissuta tra Casablanca e Milano negli ambienti malavitosi all’ombra di un genitore violento, rapito dal padre e salvato dall’amore della madre Nadia, all’adolescenza difficile in una Milano multietnica ma ancora lontana dall’integrazione. E poi l’amicizia e gli esordi con Ghali e Sfera Ebbasta, l’hashish, gli arresti, la gavetta in macelleria e il sogno della musica, le collaborazioni con i più grandi nomi della scena italiana – tra cui Fabri Fibra, Emis Killa, Jake La Furia – fino alla crisi e alla rinascita.

“Dissertazioni” di Massimo di Tiro (Libano)

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Di Massimo di Tiro si conoscono pochi dettagli biografici. Le fonti antiche, concordi nel ritenerlo ‘filosofo’ e ‘filosofo platonico’, affermano che le sue dissertazioni (διαλέξεις) o indagini filosofiche (φιλόσοφα ζητήματα e φιλοσοφούμενα) sono da ricondursi al suo primo soggiorno a Roma, al tempo dell’imperatore Commodo. Le quarantuno dissertazioni filosofiche di Massimo di Tiro offrono una visione privilegiata della cultura imperiale del secondo secolo, epoca in cui, dominante l’eleganza stilistica, anche la filosofia non disdegnava di dispiegare i propri contenuti mediante il bello stilo dello strumento retorico. Nello svolgimento dei temi, perlopiù platonici nell’ispirazione e orientati ad argomenti presenti al dibattito coevo, ma comunque non escludenti altre influenze filosofiche, Massimo di Tiro si mostra pensatore dalla non banale semplicità. Muovendosi fra filosofia e letteratura, fra Platone e Omero, egli calibra l’erudizione sul filtro di un’esigenza educativa di ampio respiro. Nel volume si presenta la prima traduzione italiana completa dal greco. Il commento critico, aggiornato al dibattito accademico internazionale, mira a mostrare come l’opera del pensatore meriti una rinnovata attenzione nell’ambito degli studi classici letterari e filosofici, giacché nel delineare il quadro culturale del tempo essa consente di meglio precisare alcuni non marginali aspetti del platonismo del secondo secolo.

“Immigrato” di Salah Methnani (Tunisia)

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Trascritta da Mario Fortunato, la storia vera di Salah Meènani è il lungo viaggio di un ragazzo di Tunisi attraverso un’Italia tollerante e insieme razzista, generosa eppure violenta: da Palermo a Napoli, Roma, Firenze, Padova, Torino, e finalmente a Milano, nel cuore di un Occidente che non è poi così ricco e civile come si fantasticava. La sua è la storia di una disillusione ma anche di una presa di coscienza finale, che lo porterà a guardare i nuovi fenomeni dell’integralismo islamico e del terrorismo internazionale con gli occhi di chi crede che lo scontro di civiltà sia solo un’invenzione dei potenti della terra: nel Nord come nel Sud del mondo.

“Tehran girl” di Mahsa Mohebali (Iran)

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Elham è l’avvenente segretaria di un uomo d’affari della Repubblica Islamica. È abituata a essere compiacente e carina, a venire considerata solo per il suo aspetto e a ricevere ordini, anche da se stessa. Ma quando il capo le rivela che suo padre, di cui si sono perse le tracce da venticinque anni, è vivo e abita in Svezia, la maschera da bambola crolla e riaffiora la bambina cresciuta in un covo di comunisti durante gli anni della rivoluzione. È stata lei a denunciare la famiglia con le foto che i pasdaran avevano trovato nel suo quaderno? O qualcuno si è servito di lei per far saltare la copertura dei genitori e porre fine alla lotta politica che li stava portando alla rovina? Mentre cerca una risposta, Elham corre per Tehran sulla sua Peugeot, zigzagando tra il traffico, le faccende di lavoro, i pretendenti, la madre oppiomane, il fratello sfaticato e gli ex fidanzati che vivono ancora a casa sua. Attraverso continui balzi temporali Mahsa Mohebali costruisce un romanzo teso in cui ribalta il cliché della donna oggetto e ci racconta il presente e il passato del suo paese, l’Iran, con una scrittura senza filtri, esplicita e irriverente. Che non scende a compromessi con alcun tipo di censura.

“Un re clandestino” di Fahim Mohammed (Bangladesh)

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Fahim, 11 anni, racconta la sua storia, un’autentica favola moderna: immigrato clandestino dal Bangladesh in Francia insieme al padre Nura, Fahim si riscatterà dalla condizione di sans papiers grazie al suo innato e straordinario talento, non prima di aver affrontato difficoltà e patimenti. Una storia bella e commovente di emigrazione e redenzione, coraggio e fede, che tocca i temi universali dell’amicizia, dello spaesamento, della lotta per la vita, della ricerca dell’identità, ma che incrocia anche l’attualità più stringente: le condizioni di vita degli immigrati, la clandestinità, le politiche di integrazione. Dal libro verrà tratto un film che vedrà Daniel Auteuil come regista e nel ruolo di Xavier Parmentier, maestro di scacchi di Fahim.

“La macchina della pace” di Özgür Mumcu (Turchia)

La macchina della pace

Che cosa accadrebbe se una macchina potesse porre fine alla violenza nel mondo una volta per tutte? È l’alba del ventesimo secolo e l’umanità si trova sull’orlo della guerra. Il conflitto sembra inevitabile, ma le moderne scoperte sull’elettromagnetismo suggeriscono prospettive insperate. Celal, giovane scrittore di romanzi erotici, scopre l’esistenza della macchina della pace grazie a una commedia scritta da Sahir Bey, un vecchio amico del padre. Attirato da Sahir e dalla talentuosa Céline, l’illustratrice dei suoi controversi romanzi, in un piano complesso e quanto mai assurdo per rovesciare i governi in carica ed eliminare la violenza dalla terra, Celal viaggerà tra Istanbul, Parigi e Belgrado nei panni di un ufficiale serbo e poi di un circense, per ritrovarsi coinvolto nell’insurrezione serba del 1903. La macchina della pace esiste davvero? È in grado di realizzare quello che Sahir e Céline promettono? Tra malintesi e messinscene traballanti, mentre la storia si fa leggenda, Celal dovrà decidere da che parte schierarsi in una corsa al potere che minaccia di distruggere il mondo. Realtà, scienza e fantasia si intrecciano in un romanzo dedalo che abbraccia il lettore, gli chiede di avere fiducia nell’impossibile e di godersi il viaggio.

“La Cheffe” di Marie Ndiaye (Francia)

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Mani sapienti che trattano tutti gli ingredienti con estremo rispetto, un contegno austero volto alla ricerca della perfezione, capelli sempre tesi e raccolti in uno chignon, solo qualche volta, nel silenzio della cucina al termine del servizio, qualche concessione a un sorriso sbilenco o a confessioni più intime. A raccontare questa donna umanissima ed eccezionale è un uomo che l’ha amata, che ha condiviso con lei lunghe ore di lavoro e di vita: ne ricostruisce l’infanzia modesta, i primi passi nel difficile mondo della ristorazione, il successo e la caduta cercando di farci intravedere la carne e il sangue dietro una maschera solo in apparenza fredda e distaccata. Della Cheffe non viene mai pronunciato un altro nome: nella desinenza femminile della parola che definisce i grandi cuochi è racchiuso il suo destino, quello di una grande donna, schiva vestale della sua arte in un mondo prevalentemente maschile. Per lei non è solo un luogo, o un’arte: è un’avventura spirituale. Non che il piacere e il corpo ne siano esclusi, ma sono gli strumenti di un viaggio. Nello stesso modo, la prosa di Marie Ndiaye avvolge il lettore nel fascino ipnotico dei gesti minimi e infiniti delle mani che preparano un banchetto, disseziona ricordi e sentimenti con feroce determinazione. Per svelarci una protagonista struggente, estrema, insieme malinconica e sensuale, grandiosa come i suoi piatti.

“Così parlò Zarathustra. Testo tedesco a fronte” di Friedrich Nietzsche (Germania)

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“Così parlò Zarathustra”, uno dei cinque libri titanici dell’umanità secondo T.E. Lawrence, è, nel “sistema Nietzsche”, l’esplosione del suo genio linguistico e un’opera misteriosa, nella sua abbagliante chiarezza, che illumina le opere precedenti e susseguenti come il sole i suoi pianeti. E’, in una corona di tutte opere scettiche, un’opera affermativa, in cui Nietzsche raggiunge le sue dimensioni ottime e massime, facendo rifulgere le sue grandissime doti di moralista, poeta, psicologo e profeta. E’ il vangelo della purezza, che si contrappone al vangelo della carità, l’esaltazione della vita nella sua tragica caducità contro ogni trascendenza, un inno alla grandezza con radici terrestri e la sua fenomenologia nel mondo, la sua “storia ideale eterna” iscritta nell’accidentato cammino del suo divenire terreno e del martirio che incombe a chi si mette sul suo sentiero solitario. E’ il vero Ecce homo, non sbandierato al pubblico, ma sussurrato a se stesso in timore e tremore.

“I pescatori” di Chigozie Obioma (Nigeria)

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Nigeria, 1996. Quattro fratelli maschi, in scala, dai quindici ai nove anni. Un padre severo trasferito in una città lontana dalla banca per cui lavora. Una madre presa dai due bambini più piccoli e dal suo banco al mercato. Per Ikenna, Boja, Obe e Ben tutto questo vuol dire libertà. La libertà di andare al fiume, pericoloso e proibito, a farsi pescatori di pesci e di occasioni; la libertà di sfidarsi, litigare, misurare i propri limiti. E’ proprio al fiume che incontrano il pazzo Abulu, un mendicante noto per i suoi vaneggiamenti ridicoli quanto terribili. Ed è su Ikenna, il maggiore, che si abbatte la profezia di Abulu, annunciando un destino spaventoso per tutta la famiglia. I fratelli impareranno presto che quando il male invade la vita è come un fiume grande che ti porta via. Opporsi è inutile; si può solo cercare di raccontare la propria storia con onestà, come fa Ben dando voce anche a chi non c’è più. Il fato, l’infanzia che se ne va, la famiglia: sono i temi dell’esordio di Chigozie Obioma, un romanzo di formazione sospeso tra il mito e l’epica, ma anche concreto e sporco come un gioco nel fango, una storia su ciò che si perde e ciò che del passato resta per sempre con noi.

“Il venditore di sogni” di Ben Okri (Nigeria)

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Quattordici storie fortemente evocative in cui il realismo di Ben Okri offre una chiave di lettura della complessità della vita in Africa. Le storie si dividono tra mondo urbano e mondo rurale, dove diversi sono i modi di sentire e di vivere. Sotto un sole implacabile o nella stagione delle grandi piogge, la vita a Lagos è frenetica, a volte drammatica, ma ricca di calda umanità, talvolta anche di poesia. La narrazione spesso travalica il reale e sfiora un universo onirico intessuto di mitologie ancestrali.

“Commento al Vangelo di Giovanni. Testo greco a fronte” di Origene (Egitto)

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Della vastissima produzione che ci è pervenuta del teologo alessandrino (Alessandria d’Egitto, 185 – Tiro, 254 d.C.) il Commento al Vangelo di Giovanni, composto tra il 225 e il 235 d.C, rappresenta l’espressione più sistematica e compiutamente organica del suo pensiero. La stesura del commentario fu suggerita ad Origene dall’amico Ambrosio, pagano convertito al cristianesimo, con lo scopo di proporre un’interpretazione “ortodossa” della teologia giovannea, contro l’interpretazione gnostico-valentiniana di Eracleone. Origene interpreta il quarto Vangelo interamente alla luce della tradizione platonica, determinando, in questo modo, un’evidente confluenza del neoplatonismo e della filosofia tardo-antica nel paleocristianesimo. Commentando particolarmente il Prologo, deduce una struttura teologica, che sarebbe impensabile senza il riferimento alla henologia neoplatonica: come l’Essere proviene dall’Uno, che è al di là dell’Essere, e nell’Uno ritorna necessariamente, così il Figlio proviene dal Padre, che è l’Uno, e in lui sempre ritorna. La henologia neoplatonica diventa così, per Origene, l’architettura teoretica con cui costruire una “teologia del Logos” come “teologia dell’immagine” e per poter pensare il ritorno dell’anima a Dio, ossia del Figlio al Padre – quella che Origene definisce l'”apocatastasi” come henosis, ossia come “farsi uno con Dio” – “Dio sarà tutto in tutti” (I Cor 1 5, 28). Presentazione di Giuseppe Girgenti.

“Nopi. Il libro delle ricette” di Yotam Ottolenghi e Ramael Scully (Israele & Malesia)

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Le foglie di pandan incontrano i semi di melograno, l’anice stellato incontra il sommacco, il miso e la melassa in questa raccolta di 120 nuove ricette dal ristorante londinese di Yotam Ottolenghi. In collaborazione con il capocuoco di NOPI Ramael Scully, il viaggio di Yotam dal Medio Oriente all’Estremo Oriente è ricco di sapori intensi e audaci, con deviazioni sorprendenti lungo la strada.

“Jerusalem” di Yotam Ottolenghi & Sami Tamimi (Israele & Palestina)

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Yotam Ottolenghi è un ebreo di origini italo-tedesche. Sami Tamimi è un palestinese cresciuto nella zona musulmana di Gerusalemme. Entrambi sono cresciuti nella stessa città, ma bloccati in culture apparentemente lontane e sempre in conflitto. Entrambi hanno deciso di lasciare Gerusalemme, per ritrovare la pace, recuperando le loro tradizioni. Attraverso la cucina. Oggi gestiscono insieme a Londra, a nome “Ottolenghi”, due ristoranti e tre negozi di specialità gastronomiche mediterranee, e un altro a New York. Questo libro è una sintesi dell’arte che hanno imparato, recuperando la memoria di quel che mangiavano da bambini, a Gerusalemme: 120 ricette in cui si respira un’incredibile fusione culturale tra le tradizioni musulmana, ebrea e cristiana.

“Perché no? L’ebreo corrosivo” di Moni Ovadia (Italia)

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Il libretto qui presentato è la rielaborazione di uno spettacolo che Moni Ovadia ha portato in giro per l’Italia. Menestrello, filosofo, poeta, cantante, musicista, mistico, custode della tradizione ebraica, in particolare quella chassidica: tutto questo è Moni Ovadia e altro ancora. Egli è anche, e fondamentalmente, un umorista, nell’accezione che questo termine assume nella cultura ebraica della diaspora. Il titolo “Perché no?” costituisce già una storiella: al gentile che domanda “Perché voi ebrei rispondete a una domanda sempre con una domanda?”, l’ebreo risponde “Perché no?”. Ovadia afferma che “l’ebraico è una lingua sempre sospesa, che sempre si sospende su una domanda”. Infatti, la domanda “apre, lancia il discorso nel futuro”.

“Quando la vita si illumina” di Serdar Özkan (Turchia)

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“Quando la vita si illumina” è un romanzo sulla speranza, sull’amore senza condizioni e sul miracolo della vita qualunque essa sia. E’ la storia di un bambino unico, un po’ speciale, Omero, che trascorre lunghe giornate in mare con la madre e il nonno sul Safa, e che ha un forte desiderio: parlare con il suo Angelo. Il desiderio di Omero sembra però nato a non realizzarsi quando l’incredibile amicizia con un delfino, tenuta debitamente nascosta per evitare la derisione di compagni e maestri, schiuderà al piccolo le porte del Mondo della Luce. Da adulto, in piena crisi, Omero sara poi costretto a riandare ai tempi della sua infanzia, all’innocenza e alle delusioni di quegli anni, alla sua amicizia interrotta col delfino con cui parlava e a un misterioso libro della Speranza lasciato in custodia dagli Immortali. Dopo il successo di “La timidezza delle rose”, tradotto in ventotto paesi, Serdan Ízkan ritorna con un viaggio nel regno della fantasia, dove la speranza ritrovata è in grado di illuminare all’improvviso ogni vita.

“Le afflizioni” di Vikram Paralkar (India)

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Un bibliotecario molto anziano sceglie Mßximo, giovane nano farmacista dal volto deforme, come suo allievo ed erede per affidargli l’Encyclopµdia medicinµ, libro che custodisce il sapere su tutte le malattie che affliggono l’umanità. In esso tutti i mali sono manifestazioni esteriori di difetti morali, vizi, o semplicemente della miseria umana: dal Morbus geographicus, che si cura solo trovando il posto giusto in cui stare, all’Afflizione di Mnemosyne, in cui la memoria diventa prodigiosa, ma a scapito di tutte le altre facoltà; dal Corpus fractum, in cui chi ne è affetto assorbe tratti fisici di persone cui ha fatto torto trasformandosi in un mostro composito, all’Amnesia hystrionis, in cui gli attori perdono la memoria guadagnando così il gusto di scoprire come nuove le opere che ormai conoscevano fino allo sfinimento. Come Mßximo scoprirà presto, la medicina può rivelarsi ben più di quel che pensava. “Le afflizioni” è un compendio magico di pseudo-malattie, un’enciclopedia di medicina arcaica compilata da uno scienziato contemporaneo. A poco a poco questi mali bizzarri o mistici arrivano a comporre il quadro di una lotta eterna: quella tra l’umano desiderio e i limiti dell’esistenza corporea.

“A piedi scalzi nel kibbutz” di Masal Pas Bagdadi (Israele)

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Inverno fra il 1943 e il 1944: nel ghetto di Damasco gli oltraggi antisemiti si fanno ogni giorno più violenti e i giovani fuggono di notte verso la Palestina. La piccola Tune viene affidata dalla madre alla figlia maggiore perché la porti con sé nella fuga. La bambina approda così in un kibbutz dove verrà separata anche dalla sorella: è sola, impaurita, ferita. Ha cambiato nome per non rivelare il suo stato di clandestina: adesso si chiama Masal, ha un’altra identità, ma la sua natura solare e gioiosa non è cambiata. Nel kibbutz si sperimentano sistemi educativi molto liberi e collettivi, e piano piano Masal li assume, concedendosi alla propria vitalità. Comincia a occuparsi di bambini, si arruola nell’esercito israeliano, diventa sergente. E si innamora di un italiano: lo sposa e approda a Milano proprio negli anni in cui la psichiatria si fa ”democratica”. Lì apre un asilo in cui applica alcuni dei metodi appresi nel kibbutz e forte della propria esperienza diventa psicologa dell’infanzia. Sempre conscia che è laggiù, correndo a piedi scalzi sotto il sole di Israele, che ha cominciato a guarire.

“Enneadi” di Plotino (Egitto)

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Le ”Enneadi” contengono tutti gli scritti di Plotino, ossia cinquantaquattro trattati, scritti fra il 254 e il 269, sistemati dal discepolo Porfirio in sei gruppi di nove trattati, donde il nome ”Enneadi” (dal greco ”ennea”, che vuol dire appunto nove). Molte pagine delle ”Enneadi” si collocano allo stesso livello delle più belle pagine di Platone e di Aristotele, e la storia dei loro influssi non è seconda a quella delle opere degli altri due grandi pensatori greci. Quando i Greci si sono interrogati sul senso dell’uomo nel suo più alto significato e valore, hanno risposto in maniera concorde che esso consiste nel ”contemplare”. Il ricercare la verità e il saper guardarla nel suo intero, traendo tutte le conseguenze che ne derivano, è la cifra emblematica del grande pensiero dei Greci. In Plotino la ”contemplazione” assurge a forza creatrice di tutta quanta la realtà. E proprio in questo consiste il messaggio più sconvolgente di Plotino all’uomo contemporaneo: l’uomo di oggi crede che la prassi possa mutare ogni cosa e salvarlo; Plotino spiega invece che la prassi è solo l’orma scomposta della contemplazione che svanisce. Il vero e costruttivo ”fare” suppone sempre strutturalmente un contemplare, che lo sorregge e lo motiva. Nella prassi l’uomo si svuota di sé; nella contemplazione, invece, si riempie dell’Assoluto. Inoltre, l’uomo di oggi non conosce le ansie del ”permanere nell’essere” e del ”ritornare”: cerca di respingere in vari modi autorità e tradizioni culturali, né accetta sostegni metafisici in cui trovare la quiete dello spirito. Il suo paradigma emblematico è la velocità del correre, il fuggire da sé, l’andare oltre, e il rifiuto di tornare e di fermarsi. Ma per l’uomo di oggi che con Brecht dice: ”Non lasciatevi sedurre: non esiste ritorno”, Plotino costituisce come l’anamnesi metafisica del contrario: ”Non lasciatevi sedurre: il ritorno è il destino irreversibile dell’uomo”. Recenti studi sulla storia della scienza hanno messo in rilievo il ruolo determinante delle ”Enneadi” e del Neoplatonismo nell’affermarsi e nel diffondersi della rivoluzione scientifica e in particolare di quella copernicana. La grande rinascita che il Neoplatonismo ha avuto nell’età umanistico-rinascimentale ha contribuito alla dissoluzione di concezioni aristoteliche che facevano da supporto al paradigma tolemaico, spianando così la via alla diffusione di quello eliocentrico alternativo.

“Isagoge. Testo greco a fronte” di Porfirio (Libano)

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“Isagoge” è una breve introduzione alle Categorie di Aristotele, in cui Porfirio (233-305 ca.) – il ben noto discepolo di Plotino e grande commentatore degli scritti di Platone e di Aristotele – scrivendo a un suo allievo, codifica la dottrina dei predicabili (genere, specie, differenza, proprio e accidente), costruendo una struttura logica gerarchica e ponendo il ben noto problema degli universali: i generi e le specie hanno un’esistenza reale o solo materiale? L’opera è stata in seguito assimilata a una delle opere dell’Organon di Aristotele, come introduzione generale allo studio della logica, e, nella versione latina di Boezio, è diventata un punto assolutamente irrinunciabile per molti commentatori medievali.

“Sullo Stige. Testo greco a fronte” di Porfirio (Libano)

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Questo è uno scritto allegorico, pervenuto in frammenti, in cui il filosofo neoplatonico del IV secolo d.C. interpreta simbolicamente la sacra acqua del fiume Stige in Arcadia, con riferimenti congiunti alla tradizione omerica e all’interpretazione neoplatonica riguardante i destini delle anime nell’oltretomba. Porfirio sviluppa un’analisi dell’acqua-psiche come “fons vitae”, inaugurando una lettura che avrà seguito nella poesia e nella cultura occidentale.

“Contro i cristiani. Testo latino, greco e tedesco a fronte” di Porfirio (Libano)

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Verso la fine del III secolo, al tempo di Diocleziano, il filosofo neoplatonico Porfirio scrisse un trattato “Contro i Cristiani” in cui prendeva di mira la nuova fede con un accurato esame storico, filologico, filosofico e teologico dell’Antico e del Nuovo Testamento. Già nel secolo precedente, al tempo di Marco Aurelio, il medioplatonico Gelso aveva scritto un’analoga opera anticristiana, per dimostrare che Gesù Cristo non può essere né il Logos dei filosofi greci né il Messia dei profeti ebrei, una tesi poi confutata da Origene di Alessandria. Porfirio non si limitò a riprendere gli argomenti di Gelso, ma si preoccupò di andare oltre e di rispondere a Origene sia sulla possibilità di conciliare la filosofia greca con il cristianesimo, sia sulla correttezza dell’uso ermeneutico dell’allegoria per interpretare le Scritture. L’opera fu proscritta da Costantino poco prima del Concilio di Nicea (325 d.C.), e definitivamente data alla fiamme in ogni sua copia nel 448 d.C. per ordine congiunto di Teodosio II e Valentiniano III, i due nipoti di Teodosio che regnavano rispettivamente sull’Impero d’Oriente e d’Occidente. Se ne persero così le tracce. Nel 1916, il teologo tedesco Adolf von Harnack ne raccolse i frammenti superstiti, attingendo ai Padri della Chiesa che si cimentarono in confutazioni delle tesi porfiriane (in particolare Eusebio di Cesarea, Macario di Magnesia, Girolamo e Agostino), e nei decenni successivi furono scoperti ulteriori frammenti in altri autori e in nuovi papiri.

“Astinenza dagli animali. Testo greco a fronte” di Porfirio (Libano)

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Si tratta del principale testo filosofico dell’antichità che propone e giustifica la dieta vegetariana, del resto già praticata e ampiamente diffusa nei circoli pitagorici e platonici. Le argomentazioni di Porfirio si basano sulla constatazione che gli animali sono capaci di provare dolore, in quanto partecipi dell’anima universale vivificante e, soprattutto, in quanto dotati di sensibilità: è ingiusto quindi da parte dell’uomo infliggere loro atroci sofferenze, se sono percorribili altre vie per il suo sostentamento. A ciò si aggiunge la credenza religiosa, tipica del neoplatonismo pagano, nella trasmigrazione delle anime anche in corpi animali, per cui la dieta carnivora equivarrebbe a compiere un atto di cannibalismo.

“Vangelo di un pagano. Testo greco a fronte” di Porfirio (Libano)

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Fedele interprete e diffusore della filosofia di Plotino, Porfirio (233-305 ca.) è conosciuto per aver organizzato e pubblicato tutti gli scritti del maestro dividendoli in sei gruppi di nove trattati, da cui il nome “Enneadi”. Come filosofo è stato sempre trascurato e solo negli ultimi decenni ne è stata rivalutata l’originalità e gli influssi sul pensiero cristiano e pagano dei primi secoli. In questo volume sono raccolte quattro opere: “Lettera a Marcella”, che rappresenta il testamento spirituale del filosofo greco; i nove frammenti del “Contro Boeto, Sull’anima” che raccolgono e criticano le varie posizioni dei filosofi sul difficile tema della natura e della funzione dell’anima; i tre testi “Sul conosci te stesso” nei quali è contenuta una serie di interpretazioni dell’oracolo delfico in chiave metafisica ed etica; chiude il volume la “Vita di Porfirio” di Eunapio, che offre notizie utili e dirette sulla vita e l’opera del filosofo.

“Filosofia rivelata dagli oracoli. Con tutti i frammenti di magia, stregoneria, teosofia e teurgia. Testi greci e latini a fronte” di Porfirio (Libano)

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Prima traduzione italiana di tutte le opere in cui Porfirio, filosofo neoplatonico allievo di Plotino, si cimentò nell’edificazione di una filosofia religiosa pagana alternativa al Cristianesimo, con l’esplicito intento di conferire una valenza mistica agli antichi responsi oracolari e alle pratiche magico-astrologiche, e di dare una valenza simbolica alle statue degli dèi; nella “Filosofia degli oracoli” troviamo la prima interpretazione allegorica degli Oracoli caldaici presentati come una rivelazione divina tipica dello zoroastrismo ellenizzato; nel trattato “Sul ritorno dell’anima” troviamo la spiegazione di come la “teurgia”, una versione pagana della “grazia”, possa agire sulla parte irrazionale dell’anima per purificarla e prepararla all’unione con il divino; nel trattato “Sulle immagini degli dèi” troviamo una simbologia filosofica applicata alle statue delle divinità greche, che in tal modo da “idoli” possono diventare autentiche “icone”; nella “Lettera ad Anebo” troviamo l’esposizione della precisa valenza della magia e della teurgia, in contrapposizione al suo allievo Giamblico. Se la “teurgia” serve solo per la parte inferiore dell’anima, e la “teologia” per la parte intellettuale, il punto di arrivo finale per Porfirio è la “teosofia”, la piena e compiuta sapienza divina che riempie di sé l’anima ormai purificata e pronta alla henosis con il Principio.

“Mathematikos” di Porfirio (Libano)

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Il filo rosso che collega gli scritti raccolti in questo volume è la scienza matematica. Porfirio utilizza l’isagoge o introduzione, genere letterario che serve a iniziare i suoi allievi a un’opera del matematico alessandrino Claudio Tolemeo dal titolo ”Tetrabiblos o Quadripartitum”, cioè un trattato in quattro libri che spiega gli effetti prodotti dai corpi celesti sulla Terra. E, giacché lo scritto di Tolemeo si presenta in più punti oscuro per la complessità degli argomenti trattati, Porfirio scrive l’introduzione al ”Trattato sugli effetti prodotti dalle stelle” per chiarire ai suoi discepoli, o ai neofiti, gli argomenti e i passaggi considerati di più difficile comprensione. L’opera – qui tradotta per la prima volta in italiano – pervenuta in modo parziale e corredata degli scolî di Demofilo, un dotto bizantino attivo intorno al X secolo, chiarisce alcuni argomenti quali le figure che i pianeti assumono in cielo e il conseguente influsso che hanno sulle realtà materiali, l’importanza della luce negli effetti prodotti tra le stelle e la realtà terrestre, i calcoli matematici per computare un oroscopo, il ruolo dei segni zodiacali e il potere che essi hanno su particolari punti del corpo umano. In quest’opera Porfirio espone numerosi argomenti provenienti dalla tradizione astrologica caldea, egizia e greca, e li confronta in modo critico con il pensiero di Tolemeo, apportando a sua volta importanti innovazioni. Gli altri scritti raccolti all’interno di questo volume trattano alcune testimonianze e frammenti su opere di aritmetica e geometria. Sugli studi di aritmetica rimangono solo poche testimonianze, mentre sulla geometria rimangono cinque frammenti, in cui Porfirio, esponendo alcuni enunciati di Euclide, ne riporta le dimostrazioni geometriche.

“Schegge” di Ismet Prcić (Bosnia Erzegovina)

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Ismet Prcic è un giovane bosniaco scappato dal suo paese d’origine, straziato dalla guerra. Essendosi lasciato alle spalle la famiglia, gli amici, la propria lingua, e l’amore, non sa bene cosa fare della sua nuova vita nella California meridionale, con i suoi cieli azzurri e i locali pieni di vita. Un giorno, quando sente lo scoppio del motore di una macchina, si getta a terra pensando: “Com’è che delle bombe scoppiate tanto tempo fa a Tuzla possono rimettersi insieme, ritornare nella bocca del mortaio che le ha sparate, essere sparate di nuovo e raggiungermi qui, al bar del Moorpark College?” Ismet vive insieme nel passato e nel presente e “Schegge” è la sua storia, una storia di guerra, di crescita personale e una saga sul destino spezzato di una famiglia.

“Teologia platonica” di Proclo (Turchia)

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La Teologia Platonica di Proclo rappresenta la summa metafisico-teologica della riflessione neoplatonica. All’interno di questa monumentale opera, i miti del paganesimo greco e delle tradizioni misteriche sono intrecciati, in modo sistematico e attraverso una complessa interpretazione simbolico-allegorica, con l’esegesi filosofica neoplatonica della teologia divinamente ispirata di Platone, che agli occhi di Proclo è in grado di rivelarci i segreti della natura divina che permea l’intera realtà. Il Tutto, nelle sue diverse articolazioni, è concepito infatti come una serie di livelli di divinità assiologicamente ordinate sulla base del loro grado di trascendenza. Il fondamento assolutamente originario di questa struttura perfetta e intrinsecamente divinizzata, sulla scorta dell’insegnamento platonico, è identificato con l’Uno-Bene, inteso come l’Assoluto e il Primo Dio, in virtù del quale esiste ogni entità divina. Il contatto con il Primo Dio, attraverso un’ineffabile unione mistica, rappresenta la meta suprema alla quale il filosofo-teologo deve aspirare. È proprio nell’assoluta trascendenza del Principio al di là del Tutto che l’unità armonica del reale ha il suo incomprensibile, paradossale e divino cominciamento.

“Commento al Cratilo di Platone” di Proclo (Turchia)

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Il ”Commento al Cratilo” di Proclo è una raccolta di appunti o di estratti (probabilmente di un allievo) dalle lezioni che il filosofo neoplatonico tenne su questo articolato e complesso dialogo di Platone. Si tratta di un testo significativo per comprendere la concezione tardo-neoplatonica relativa alla natura dei nomi e del linguaggio nel suo insieme.
In esso s’intrecciano considerazioni di vario genere, di carattere non solo ”linguistico” e ”etimologico”, ma anche e soprattutto concezioni teologiche desunte dall’interpretazione dei teonimi. La riflessione sulla natura della realtà divina, nelle sue diverse articolazioni, è strettamente connessa in questo commentario a una ripresa e rielaborazione di arcaiche concezioni mitico-sacrali sulla natura dei nomi divini, cui fa eco un’ampia serie di riferimenti a quella particolare forma di ”magia filosofica” nota come teurgia. In questo testo, la riflessione di natura logico-razionale sul linguaggio viene così a fondersi, in modo affascinante e suggestivo, con prospettive di matrice magica e mistica, anche attraverso una fitta serie di citazioni e rimandi agli oscuri versi degli ”Oracoli Caldaici”, considerati come il prodotto della diretta comunicazione divina.

“Teologia platonica. Testo greco a fronte” di Proclo (Turchia)

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L’opera del neoplatonico Proclo è estremamente ampia e articolata. Dai testi esegetici dedicati ai dialoghi di Platone si passa a commenti e analisi allegoriche di testi poetici (in particolare di Omero ed Esiodo), fino ad arrivare a opere di poesia “ispirata”, i cosiddetti “Inni”. Entro questa vasta produzione esegetico-filosofica e poetica, questo è il testo in cui Proclo raccoglie in modo sistematico quella che nell’ottica neoplatonica è la parte più preziosa dell’insegnamento filosofico di Platone: la speculazione intorno alla forma e la struttura della realtà divina. Si tratta del testo in cui Proclo sviluppa, a livelli più alti, la summa teologico-metafisica del tardo Neoplatonismo.

“Tria opuscola. Provvidenza, libertà, male. Testo latino e greco a fronte” di Proclo (Turchia)

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I “Tria Opuscola” procliani appartengono al gruppo di opere considerate sistematiche: si tratta di scritti di tenore teoretico dove Proclo espone, in modo organico, la propria sintesi filosofica elaborata, secondo la più tipica vocazione speculativa del neoplatonismo, come esplicitazione e spiegazione del verbo di Platone. I “Tria Opuscola” rappresentano un’articolata sintesi della metafisica neoplatonica e greco-antica tracciata a partire da una prospettiva etico-religiosa; i trattati sulla Provvidenza, la Libertà e il Male costituiscono la risposta della sapienza del mondo greco a quelle questioni esistenziali sul male e il destino dell’uomo alle quali le pratiche magiche e i nuovi culti, come il cristianesimo, stavano dando risposte inedite.

“Commento alla Repubblica di Platone. Testo greco a fronte” di Proclo (Turchia)

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Un grandioso commentario alla “Repubblica” di Platone, uno dei testi basilari della civiltà europea. Platone aveva immaginato una Città ideale come proiezione ingrandita della psiche umana illuminata dall’Idea del Bene, e aveva fatto corrispondere ogni virtù a una parte precisa dell’anima e della città. Proclo, ultima voce filosofica del mondo pagano, ne offre la versione sistematica neoplatonica: la “Repubblica” è considerata la base dell’etica, così come il Timeo è la base della fisica e il Parmenide è la base della metafisica. Attraverso la lettura cristiana dello Pseudo-Dionigi Aeropagita, il commento di Proclo è entrato subito a far parte della costituzione etica e catechetica della Chiesa cristiana greca delle origini.

“Il seguito dell’Iliade. Testo greco a fronte” di Quinto di Smirne (Turchia)

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Le vicende dei Tà meth’Hómeron, il “seguito” dell’Iliade, erano state la materia, in età arcaica, del cosiddetto ‘ciclo epico’, una serie di poemi che narravano il mito troiano, dagli antefatti fino ai discendenti dei grandi protagonisti della guerra. Tali poemi, probabilmente, non si leggevano più già ai tempi di Quinto di Smirne. Egli volle così colmare una lacuna, prendendo Omero a maestro dal punto di vista della lingua e dello stile. Ma lo spirito di un’epoca diversa non poteva non penetrare nella sua opera. I personaggi, più drammatici e psicologicamente delineati, si mostrano al lettore nelle loro passioni e nei loro dubbi, nell’odio e nell’amore, e soprattutto nelle loro coscienze: dall’infelice amazzone Pentesilea al gigante etiope Memnone, dall’Aiace impazzito al temerario Euripilo, dal violento Neottolemo alla passionale Enone. Un’epica tradizionale ma diversa, affascinante per molti versi: l’unico poema antico rimastoci che narri questa sezione del mito, e che è stato a lungo ingiustamente dimenticato. Se ne propone ora la prima traduzione italiana integrale e disponibile anche al grande pubblico.

“Mathnawi. Il poema del misticismo universale” di Jalal ad-Din Rumi (Persia)

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Nei paesi musulmani questo testo è detto anche “il Corano in versi”: fiabe, novelle e parabole si alternano a scritti sapienziali e saggi consigli, raggiungendo un elevato grado di insegnamento mistico. Essi, infatti, possiedono quelle caratteristiche che contraddistinguono i sufi: rispetto per tutte le religioni e ideologie, per l’essere umano e la natura, amore per lo studio e corretta educazione del sé.

“La linea del colore” di Igiaba Scego (Italia)

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Quanti di noi scendendo oggi da un treno a Roma Termini ricordano i Cinquecento cui è dedicata la piazza antistante la stazione? È il febbraio del 1887 quando in Italia giunge la notizia: a Dògali, in Eritrea, cinquecento soldati italiani sono stati uccisi dalle truppe etiopi che cercano di contrastarne le mire coloniali. Un’ondata di sdegno invade la città. In quel momento Lafanu Brown sta rientrando dalla sua passeggiata: è una pittrice americana da anni cittadina di Roma e la sua pelle è nera. Su di lei si riversa la rabbia della folla, finché un uomo la porta in salvo. È a lui che Lafanu decide di raccontarsi: la nascita in una tribù indiana Chippewa, lo straniero dalla pelle scurissima che amò sua madre e scomparve, la donna che le permise di studiare ma la considerò un’ingrata, l’abolizionismo e la violenza, l’incontro con la sua mentore Lizzie Manson, fino alla grande scelta di salire su un piroscafo diretta verso l’Europa, in un Grand Tour alla ricerca della bellezza e dell’indipendenza. Nella figura di Lafanu si uniscono le vite di due donne afrodiscendenti realmente esistite: la scultrice Edmonia Lewis e l’ostetrica e attivista Sarah Parker Remond, giunte in Italia dagli Stati Uniti dove fino alla guerra civile i neri non erano nemmeno considerati cittadini. A Lafanu si affianca Leila, ragazza di oggi, che tesse fili tra il passato e il destino suo e delle cugine rimaste in Africa e studia il tòpos dello schiavo nero incatenato presente in tante opere d’arte. Igiaba Scego scrive in queste pagine un romanzo di formazione dalle tonalità ottocentesche nel quale innesta vivide schegge di testimonianza sul presente, e ci racconta di un mondo nel quale almeno sulla carta tutti erano liberi di viaggiare: perché fare memoria della storia è sempre il primo passo verso il futuro che vogliamo costruire.

“Due vendette” di Meir Shalev (Israele)

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“In una buia e piovosa notte del 1930 un giovane contadino della terra d’Israele muore per un suicidio che tale non è, una giovane donna si addormenta per disperazione, un paio di stivali fatti da un ciabattino di Costantinopoli cambia proprietario, una vendetta si consuma. E altre seguiranno, in una catena di eventi, storie e sentimenti che molti anni dopo di allora toccherà a Ruta Taburi raccontare con uno straordinario miscuglio di ironia e malinconia, dolore e leggerezza. Lei è la nipote di nonno Zeev, il capostipite della famiglia nonché protagonista di questa vicenda piena di colpi di scena, di odio e amore, nostalgia e disperazione. Lui arriva dai monti della Galilea a deporre la prima pietra del paese – basalto nero e tenace: e tutto comincia con un toro smisurato che tira un carretto dove ci sono un fucile, una vacca, un albero e una moglie. Di questo è fatta la storia, e di tanto altro, come dice Ruta, che ne è l’indimenticabile voce narrante e la custode fedele: ‘di amori e odii e nascite e morti e vendette, e famiglie – papà e mamma, fratello e sorella, marito e moglie, nipoti e pronipoti’.” (Elena Loewenèal)

“Il mio giardino selvatico” di Meir Shalev (Israele)

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Meir Shalev scrive del suo giardino nella valle di Jezreel, dove ha nutrito alberi e piante selvatici, sparso semi e bulbi di ciclamino, anemone, narciso, croco, papavero e molti altri fiori di campo, e dove conversa con i veri proprietari del luogo: uccelli, ricci, farfalle, cinghiali, serpenti e altri amici. Nessuno di loro sa di vivere in Terra Santa, luogo sacro alle tre religioni che si sono combattute per centinaia di anni. Con amore e umorismo Shalev racconta dei colori, delle fragranze e dei suoni che danno vita al suo giardino, delle stagioni mutevoli e dei tempi che cambiano, dei suoi pensieri su germinazione, essiccazione, piantagione, fioritura e diserbo. Questo libro non è però un manuale di botanica o di giardinaggio. È una raccolta di impressioni su un modesto giardino selvatico e su un giardiniere che se ne occupa perché da uomo maturo si è trovato un nuovo passatempo, e forse anche un nuovo amore.

“Gli assassini del profeta” di Mehmet Murat Somer (Turchia)

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A Istanbul qualcosa è andato terribilmente storto: i travestiti della città vengono uccisi a ripetizione e in modo sempre più bizzarro e il serial killer è a piede libero. Un transessuale con la passione per Audrey Hepburn, di giorno programmatore informatico ed esperto di thai-kickboxing, di notte proprietario e gestore di un locale per trans, lascia da parte il rossetto per mettersi sulle tracce dell’assassino. Fortunatamente, è l’investigatore perfetto per questo caso: conosce tutti in città, è il re del gossip e le sue competenze informatiche non hanno rivali. Come se non bastasse è testardo, molto testardo. Ma gli omicidi continuano sempre più frequenti e il nostro eroe fa quello che può – del resto non è facile correre in tacchi a spillo e tuta di pelle nera. Riuscirà nell’impresa di catturare il serial killer senza rompersi nemmeno un’unghia?

“Africa” di Wole Soyinka (Nigeria)

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“La storia ha sbagliato. Le dichiarazioni secondo cui l’Africa è stata esplorata sono avventate come le notizie della sua morte imminente. Un’indagine davvero illuminante sull’Africa deve ancora avere luogo, e non finge di accadere neanche nelle pagine di questo libro, che si limita a raccogliere qualche seme fecondo abbandonato sull’aia dell’esistenza africana nel suo complesso. Spero che da questi semi nasca una nuova stirpe di esploratori per la corsa alla necessaria Età della Comprensione Universale, ispirata dall’Africa.” (Wole Soyinka)

“La straniera” di Younis Tawfik (Iraq)

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Straniero, diverso, estraneo. Così è l’Architetto, un giovane uomo che da un paese del Medio Oriente si è trasferito in Italia per gli studi universitari e vi è rimasto a lavorare senza incontrare eccessive difficoltà. E così è Amina, una ragazza che l’uomo incontra per caso e dalla quale si sente irresistibilmente attratto, contro la sua stessa volontà. Perché Amina vive una vita ai margini, estremamente diversa dalla sua, la vita di chi non si è mai integrato, e, per resistere, è costretta a vendere il suo corpo. Una storia d’amore multietnica e inquieta, insieme toccante e amara.

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