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Quarta puntata del “Progetto Kitab” con la casa editrice Ponte33 che ha presente nel suo catalogo ben 14 libri affini al nostro progetto
La casa editrice
Una Associazione culturale che si pone l’obiettivo di far conoscere in Italia la letteratura contemporanea in lingua persiana prodotta in Iran, Afghanistan, Tagikistan e all’estero, principalmente Stati Uniti e Europa, dove molti scrittori provenienti da questi paesi vivono e lavorano. L’idea è nata nella primavera del 2008 a Tehran, dove Felicetta Ferraro e Bianca Maria Filippini hanno deciso di trasformare la conoscenza, l’interesse e la passione per un paese nel quale entrambe si erano trovate a lavorare e a vivere (Bianca Maria Filippini come ricercatrice impegnata nella stesura della tesi di dottorato, Felicetta Ferraro come addetto culturale dell’ambasciata d’Italia) in un progetto editoriale destinato a prendere vita al loro rientro in Italia. Più che una casa editrice classica, uno spazio nel quale far ‘transitare’ verso l’Italia scrittori, poeti, grafici, artisti (il genere in italiano è maschile, ma la sostanza, in Iran soprattutto, oggi è in primo luogo femminile) e presentare una produzione culturale autentica, molto diversa dagli stereotipi infarciti di chador e di veli che ormai hanno invaso il mercato editoriale. Una produzione variegata e multiforme, in cui la letteratura, ancor più del cinema e delle arti visive, ha un posto di primo piano nello svelare le contraddizioni, queste sì vere e dolorose, che si agitano all’interno di società nelle quali la contemporaneità si trova a convivere con resistenze antiche e nuove opposizioni. E nel mettere in luce come la collisione tra queste tensioni produca anche uno straordinario dinamismo, che cambia le mentalità senza spezzare la trama forte delle identità, e della storia.

L’intenzione è dunque quella di offrire per tutta l’area di lingua persiana una sorta di sguardo “dall’interno”, quello sguardo che solo la letteratura può dare, se è vero che per conoscere un paese occorre viverci oppure leggerne gli scrittori. Il nome Ponte33 richiama il persiano Si-o-se pol, bellissimo ponte di Isfahan sotto le cui arcate (33 per l’appunto) da sempre giovani e meno giovani si incontrano, parlano, discutono, recitano versi, leggono libri.
Sommario
Al fine di ottimizzare al massimo la vostra esperienza, vi metto l’elenco di tutte e 14 le pubblicazioni che troverete in questa lista:
- “L’ariete” di Mehdi Asadzadeh (Iran)
- “Particelle” di Soheila Beski (Iran)
- “Ritornerai a Isfahan” di Mostafa Ensafi (Iran)
- “L’autunno è l’ultima stagione dell’anno” di Nasim Marashi (Iran)
- “Osso di maiale e mani di lebbroso” di Mostafa Mastur (Iran)
- “I fichi rossi di Mazar-e Sharif” di Mohammad Hossein Mohammadi (Afghanistan)
- “Quell’angolino tranquillo a sinistra” di Mehdi Rabbi (Iran)
- “Paura e tremore” di Gholamhoseyn Saedi (Iran)
- “Probabilmente mi sono persa” di Sara Salar (Iran)
- “A quarant’anni” di Nahid Tabatai (Iran)
- “Le lezioni di papà” di Mohammad Tolouei (Iran)
- “Come un uccello in volo” di Fariba Vafi (Iran)
- “Manuale di letteratura e saggistica persiana contemporanea” di Mohammad Ja‘far Yāhaqqi (Iran)
“L’ariete” di Mehdi Asadzadeh (Iran)

Hamed è un ventenne di Tehran che, come tanti suoi coetanei, sta facendo il servizio militare. Un giovane ariete testardo, impulsivo e passionale, che non riesce a dimenticare l’ex ragazza, Samira, con cui aveva condiviso un’infinità di pomeriggi strampalati, passati a bazzicare tra teatri e librerie dell’usato o a visitare vecchi santuari e cimiteri. Quando viene a sapere che lei si sta per sposare con il nuovo fidanzato, perde la testa e abbandona la caserma senza permesso. Ha così inizio una giornata rovinosa e rocambolesca, in cui insegue il miraggio di riconquistarla presentandosi di sorpresa al matrimonio con una collezione di libri rari come regalo. Per comprarli, però, ha bisogno di un bel po’ di soldi, che al momento non ha…
“Particelle” di Soheila Beski (Iran)

Mammone, debole, opportunista. Attento al rispetto delle norme sociali per amore del quieto vivere ma pronto a irridere gli eccessi di ossequio religioso o la mistificazione ingenua della democrazia, giudicata nient’altro che un nuovo conformismo. Ossessionato in egual misura dal sesso e da una nevrosi esistenziale che le sue avventure extraconiugali ampliano fino alla paranoia, il protagonista di questo romanzo di Soheila Beski fluttua tra le norme, i divieti, le consuetudini e gli accomodamenti della società iraniana di oggi cogliendo con cinismo le opportunità che la sua condizione di maschio gli offre. Una particella che vaga tra la realtà concreta fatta di madri, padri, figli, amici, lavoro, amori, tradimenti, piccole viltà –e scarse, scarsissime virtù – e un mondo virtuale dalle seducenti possibilità spalancato da un semplice computer da ufficio. Infilarsi nel buco nero del mondo virtuale, per sfuggire alle trappole che la vita e la sua incapacità di affrontarla responsabilmente gli tendono, diventa per questo sessantenne vicino alla resa dei conti un espediente per ancorarsi ad una realtà più vasta dove tutto può essere “svelato rimanendo velati”.
“Ritornerai a Isfahan” di Mostafa Ensafi (Iran)

Shamim Shamse, affermato professore di letteratura persiana dell’Università di Tehran, si sta affacciando alla soglia dei quarant’anni quando il passato riemerge con prepotenza nella sua vita. Una studentessa polacca, Eliza, si presenta nel suo studio senza preavviso dicendo di essere la figlia di Adri, la ragazza che Shamim aveva amato da giovane e che gli aveva spezzato il cuore con una partenza tanto inspiegabile quanto definitiva. Adesso, ventitré anni dopo, Eliza è arrivata da Varsavia carica di notizie e determinata a far luce sul vissuto di sua madre e della nonna, Barbara, che durante la Seconda guerra mondiale aveva trovato rifugio nella città di Isfahan dopo essere approdata in Iran insieme ad altre migliaia di profughi polacchi reduci dai gulag sovietici. Nonostante la moglie e la figlia insistano per lasciare il paese, sempre più in balia del tumultuoso clima elettorale del 2009, Shamim decide di rimanere. Incoraggiato dall’inseparabile amico d’infanzia, Taher, accetta di aiutare Eliza nelle sue ricerche, anche nella speranza di dare finalmente un senso all’abisso di domande che Adri aveva lasciato dietro di sé.
“L’autunno è l’ultima stagione dell’anno” di Nasim Marashi (Iran)

Tre giovani donne, la cui amicizia è nata nelle aule della facoltà di ingegneria dell’Università di Tehran, si confrontano, sulla soglia dei trent’anni, con scelte importanti dalle quali dipenderà il loro destino futuro.
Leila cerca disperatamente di ritrovare il suo posto nel mondo dopo che ha deciso di non seguire il marito all’estero per proseguire gli studi. Incapace di rassegnarsi alla fine di quello che era stato un grande amore e un matrimonio felice, cerca conforto nel lavoro in un giornale che le mutate condizioni politiche costringeranno di lì a poco a chiudere. Attorno a lei si muovono le figure di Roja e Shabane, con le loro storie familiari e le angosce di chi si appresta ad entrare nel mondo degli adulti. Roja coltiva il sogno di un dottorato in Francia e di una carriera importante, per il quale è pronta a sacrificare il legame con la madre e con il fratello, suoi unici affetti dopo la morte tragica del padre. Shabaneh vive il rimorso di aver forse provocato il dramma che rende infelice la sua famiglia e oscilla tra il desiderio di vivere una propria vita, sposando finalmente un collega di lavoro la cui pazienza è giunta ormai al limite, e il timore di venir meno al suo dovere di figlia. Tre storie che si intrecciano nella Tehran dei nostri giorni mettendo in luce problematiche personali e sociali che contraddistinguono tanti giovani della classe media urbana.
“Osso di maiale e mani di lebbroso” di Mostafa Mastur (Iran)

Utilizzando la scrittura come una macchina da presa, Mostafa Mastur esplora la quotidianità palpitante di un condominio di Tehran, megalopoli metafisica nella quale si coagulano le contraddizioni irrisolte di un’intera società. Decine di appartamenti di un grattacielo ultramoderno, angusti come celle o risplendenti di uno sfarzo desolante come le vite dei proprietari, costituiscono il fondale di uno spettacolo nel quale il lettore si trasforma in spettatore di un mondo in frantumi, in cui le fondamenta di qualsiasi fede stanno crollando. Porte e finestre si aprono e si chiudono lasciando filtrare tracce di quella sostanza amara che è la vita. Nonostante i continui riferimenti religiosi, i personaggi di Mastur sono in preda ad un’assoluta mancanza di certezze, scaraventati nel caos della vita fino a sfiorare talvolta il baratro della pazzia. Ad ogni pagina, il lettore viene trascinato in un vortice dove Susan, Nowzar, Malul, Bandar e tutti le altre monadi angosciate di questo microcosmo simbolico di un Iran che non riesce a trovare se stesso, si agitano freneticamente alla ricerca della fortuna come una terra promessa o una patria perduta.
“I fichi rossi di Mazar-e Sharif” di Mohammad Hossein Mohammadi (Afghanistan)

La dolcezza del passato e l’orrore di un lungo presente, simboleggiati dall’albero di fichi del titolo che in un giardino di Mazar-e Sharif una bambina fruga alla ricerca di un frutto maturo, mentre il rombo degli aerei preannuncia morte e terrore, sono narrati attraverso una sapiente miscela di fantasia e realtà. Mohammadi, uno dei protagonisti della società civile di un Paese che cerca disperatamente di ritrovare una propria strada verso la normalità, ha scelto di far parlare tutti i protagonisti della tragedia corale nella quale l’insensatezza della guerra ha gettato l’Afghanistan: contadini uccisi mentre si apprestano a raccogliere il grano nell’intervallo tra una battaglia e l’altra; bambini che la guerra ha reso orfani, mutilati, segnati a fuoco dall’orrore senza fine degli adulti; madri di famiglia costrette a prostituirsi nonostante l’incubo della lapidazione; giovani fanciulle concupite come bottino di guerra; uomini normali che la guerra trasforma in mostri irsuti e insensibili; combattenti che scoprono le loro debolezze di uomini; difensori della libertà che dimenticano il rispetto di valori che neanche la guerra dovrebbe calpestare. Mohammadi riserva ad ognuno di essi, anche a quei talebani esecrati dall’Occidente e temuti in Afghanistan, uno sguardo che scandaglia i loro sentimenti più profondi, e un posto nella Storia che la cronaca giornalistica ha spesso loro negato.
“Quell’angolino tranquillo a sinistra” di Mehdi Rabbi (Iran)

Mehdi Rabbi afferma: “Io scrivo storie perché non posso farne a meno. La scrittura è per me come una passeggiata notturna infinita e gioiosa”. Caratterizzati da una lingua che tiene conto dell’estrazione popolare di molti dei personaggi narrati e punteggiata da vocaboli in dezfuli e dall’arabo locale, i racconti che un giovanissimo Rabbi ha messo insieme in questa raccolta sono effettivamente una passeggiata in una realtà di provincia apparentemente lontana dalla scintillante capitale Tehran. In essi, amore, amicizia, solitudine, desiderio di realizzarsi, rapporti genitori-figli, disincanto giovanile emergono ancora una volta come il tema principale della società iraniana di oggi. Qui, però, le contraddizioni sono meno evidenti che altrove; il cambiamento segue ritmi forse maggiormente aderenti alle norme non scritte che regolano i rapporti sociali e la convivenza familiare; l’ambiente circostante e la cultura locale sono più presenti. Racconto dopo racconto ci si immerge nella città di Ahvaz – con il suo clima, il suo fiume, i magnifici ponti, gli alberi esotici, i mercatini con le donne arabe accovacciate, i giovani universitari – facendo un tuffo in una realtà inedita per chi dell’Iran conosce solo il caos di Tehran o la serena bellezza di Isfahan e Shiraz.
“Paura e tremore” di Gholamhoseyn Saedi (Iran)
I sei racconti di Paura e tremore, pubblicati da Gholamhoseyn Saedi nel 1968, nascono dalla sua esperienza di medico nel Golfo Persico, dove la povertà e le difficilissime condizioni di vita creavano una costante atmosfera di timore e insicurezza. Due anni prima Saedi aveva pubblicato Ahl-e hava (La gente del vento), un saggio antropologico sulle popolazioni della stessa area che ha poi costituito la base per le storie di Paura e tremore. I racconti di Paura e tremore trasfigurano in forma narrativa lo strano mondo che Saedi aveva scoperto durante i suoi viaggi e le sue ricerche scientifiche. Nel mondo magico dei suoi racconti il moto ondoso del mare e il gioco di luci e ombre nell’oscurità della sera contribuiscono ad annullare i confini tra reale e fantastico. I personaggi sono tutti ugualmente dominati da un sentimento metafisico di paura e insicurezza che si fa vera e propria ‘crisi della presenza’, controllabile, ma non sempre, attraverso il ricorso a pratiche magiche. Il ritmo serrato e il finale aperto dei racconti consente, poi, al lettore di estendere la trama nella propria immaginazione e così diventare a sua volta vittima di paura e tremore.

Questo il titolo in persiano del presente Manuale di letteratura e saggistica persiana contemporanea, presenta finalmente, in una veste critica puntuale e moderna, la letteratura e la saggistica prodotta in Iran, ma anche in Afghanistan e Tagikistan, a partire dagli anni che precedono la rivoluzione costituzionale (1905-11) fino ai nostri giorni. Arricchito da specifici capitoli che trattano della lingua persiana e della letteratura femminile in questi tre paesi, il volume costituisce uno strumento indispensabile di conoscenza in un campo di studi di particolare rilevanza. In Iran, Juybār-e Lahzehā ha conosciuto uno straordinario successo di pubblico, arrivando in pochissimo tempo alla quindicesima ristampa.
“Probabilmente mi sono persa” di Sara Salar (Iran)

Un viaggio dentro di sé alla ricerca di un’amica perduta e di un passato troppo a lungo negato, chiusa in macchina nella Tehran caotica e pulsante di oggi. Sara Salar porta il lettore nelle strade di una megalopoli soffocata dal traffico e ricoperta di cartelloni pubblicitari inneggianti ad un consumismo pacchiano da cui la protagonista, una giovane donna sposata e con un figlio, è respinta e attratta insieme. Così come è combattuta tra la repulsione e l’attrazione per il socio del marito che la corteggia pressante, approfittando della sua incapacità di sottrarsi fino in fondo alle lusinghe di una mondanità vuota e superficiale e di uno smarrimento che la isola anche dagli affetti più cari. Lo straniamento della protagonista ha radici lontane, in una sperduta cittadina del Baluchistan da dove è partita per un viaggio nella vita che l’avrebbe portata a tradire la famiglia, il proprio mondo, l’adorata amica Gandom e, soprattutto, se stessa.
“A quarant’anni” di Nahid Tabatai (Iran)

La crisi di una quarantenne iraniana che, come tante coetanee occidentali borghesi, rimpiange la gioventù e il primo grande amore, ma soprattutto le realizzazioni mancate nel frastuono della guerra e del nuovo ordine sociale imposto dalla rivoluzione khomeinista. A quarant’anni descrive minuziosamente la vita di una donna che l’autrice intende proporci come modello di una nuova realtà femminile iraniana: il lavoro in un grande ufficio della capitale, fonte di indipendenza economica, nonché luogo privilegiato di rapporti sociali che possono essere talvolta frustranti o competitivi, ma che costituiscono in ogni caso un’alternativa al cerchio chiuso della rete parentale; una famiglia che si discosta dal modello tradizionale in cui la cura dei figli, del marito, dei genitori, costituisce un ostacolo alla realizzazione professionale anche per le donne della classe media. Alaleh, la protagonista, ha un’unica figlia, alla quale la legano amicizia e complicità, e un marito affettuoso, disponibile, comprensivo, con cui condivide alla pari la gestione del ménage quotidiano e la tempesta di sentimenti provocata dal ritorno di un uomo un tempo amato, proprio nel delicato momento di passaggio all’età matura.
“Le lezioni di papà” di Mohammad Tolouei (Iran)

In questa raccolta di racconti Mohammad Tolouei compone una piccola saga attorno alla figura di suo padre, Ziya, improbabile capofamiglia che parte per il fronte dopo una lite coniugale, nasconde un passato da guerrigliero, sogna di trascinare la famiglia in Europa e tenta di approfittare del clima di incertezza seguito alla rivoluzione del ’79 per compiere il salto sociale. Un personaggio animato da un idealismo rocambolesco e da un opportunismo un po’ ingenuo che la madre di Mohammad, donna dal carattere schivo e severo, controbilancia con entrate in scena tanto dosate quanto risolutive. “Perché mai i papà pensano che la memoria dei figli sia solo dispari, come i rami di un Lucky Bamboo? Come mai credono che i figli si debbano ricordare soltanto il lato positivo?” si chiede l’autore che, ormai trentenne e intento a costruirsi una carriera nella capitale, cerca di tenere le fila di un rapporto non proprio idilliaco ma silenziosamente permeato da un affetto incontenibile. Sarà forse un viaggio a offrire ai due l’occasione per riconciliarsi e accettarsi l’un l’altro così come sono?
“Come un uccello in volo” di Fariba Vafi (Iran)

Lontano dalla descrizione stereotipata del modello femminile cui la letteratura mainstream sul Medio Oriente ci ha abituato, Come un uccello in volo ci accompagna nel viaggio interiore di una giovane donna alla ricerca della propria identità nell’Iran contemporaneo. Casalinga e madre riluttante, la protagonista – che ha in comune con l’autrice numerosi tratti biografici – si rivela nella sua complessa umanità attraverso la scoperta e la tentata ridefinizione del proprio ruolo di madre, moglie e figlia. Fossilizzata in una condizione di inerzia alla quale sembra averla condannata il suo passato familiare, essa comincia a prendere coscienza di se stessa nel confronto con un marito instancabilmente inquieto, la cui unica risposta all’insoddisfazione e alle difficoltà del vivere imposte da un Iran mai citato direttamente, eppure così vivido nella sua minuta quotidianità, si cristallizza nel sogno ossessivo dell’emigrazione in Canada. Lo stile asciutto e denso insieme, le immagini di forte impatto, le secche battute miste a una sottile e lieve ironia, riflettono le reticenze della narratrice, la cui auto-rivelazione avviene grazie alla riscoperta di recessi del passato, rimasti intoccati da anni di silenzio, soggezione e sensi di colpa. Emergendo dai luoghi bui della sua infanzia e dalla “gabbia” che i legami affettivi le hanno creato intorno, come un uccello in volo, la protagonista esplorerà gli spazi aperti iniziando a cantare.
“Manuale di letteratura e saggistica persiana contemporanea” di Mohammad Ja‘far Yāhaqqi (Iran)

Juybār-e Lahzehā, questo il titolo in persiano del presente Manuale di letteratura e saggistica persiana contemporanea, presenta finalmente, in una veste critica puntuale e moderna, la letteratura e la saggistica prodotta in Iran, ma anche in Afghanistan e Tagikistan, a partire dagli anni che precedono la rivoluzione costituzionale (1905-11) fino ai nostri giorni. Arricchito da specifici capitoli che trattano della lingua persiana e della letteratura femminile in questi tre paesi, il volume costituisce uno strumento indispensabile di conoscenza in un campo di studi di particolare rilevanza. In Iran, Juybār-e Lahzehā ha conosciuto uno straordinario successo di pubblico, arrivando in pochissimo tempo alla quindicesima ristampa.
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