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Terza puntata del “Progetto Kitab” con la casa editrice Edizioni Q che ha presente nel suo catalogo ben 32 libri affini al nostro progetto
Sommario
Al fine di ottimizzare al massimo la vostra esperienza, vi metto l’elenco di tutte e 32 le pubblicazioni che troverete in questa lista:
- “La mappa del mio ritorno” di Salman Abu Sitta (Palestina)
- “Versi in Galilea” di Samih Al Qasim (Palestina)
- “In piazza in piazza. Tutti in piazza.” di Samia Atout (Palestina)
- “Il paese del mare” di Ahmad Rafiq Awad (Palestina)
- “Palestinese! E altri racconti” di Samira Azzam (Palestina)
- “Il concorso” di Salwa Bakr (Egitto)
- “Su Pessotimista” di Mohamed Bakri (Palestina)
- “Una lanterna che non si spegne” di Jamal Bannura (Palestina)
- “Per non dimenticare e altri racconti” di Jamal Bannura (Palestina)
- “Vita da donna” di Daniela Bredi (Italia)
- “Stato d’assedio” di Mahmoud Darwish (Palestina)
- “L’amore vola” di Mofid Fares (Palestina)
- “I pozzi di Betlemme” di Giabra Ibrahim Giabra (Palestina)
- “Il venditore del tempo” di Talal Haidar (Libano)
- “Non si alza il vento” di Hamze Jammoul (Libano)
- “La piccola lanterna” di Ghassan Kanafani (Palestina)
- “So di una donna e altre poesie” di Leila Karami (Iran)
- “Islam e istruzione delle donne. Studi e testimonianze” di Leila Karami (Iran)
- “Note sul linguaggio teatrale arabo-libanese” di Angela Daiana Langone (Italia)
- “Kān ya ma kān. Racconti popolari di Damasco” di Angela Daiana Langone (Italia)
- “Il lungo cammino della Palestina: 1917-2017” di Alessandra Mecozzi (Italia)
- “L’Arabo parlato ad Amman. Varietà tradizionali e standardizzate” di Giuliano Mion (Italia)
- “Specchi degli angeli” di Ibrahim Nasrallah (Palestina)
- “Versi” di Ibrahim Nasrallah (Palestina)
- “Memoria” di Salman Natur (Palestina)
- “Palestina: un paese normale” di Lucia Rostagno (Italia)
- “Nakba. La memoria letteraria della catastrofe palestinese” di Simone Sibilio (Italia)
- “Le vittime ebree del sionismo” di Ella Shohat (Israele)
- “Mia cugina Condoleezza ed altri racconti” di Mahmud Shukair (Palestina)
- “La foto di Shakira ed altri racconti” di Mahmud Shukair (Palestina)
- “I giorni ebbri” di Sa‘dallah Wannus (Siria)
- “In cammino invocano i fratelli. Versi scelti” di Ghassan Zaqtan (Palestina)
“La mappa del mio ritorno” di Salman Abu Sitta (Palestina)

In questa autobiografia, La mappa del mio ritorno, Salman Abu Sitta racconta in dimensione personale i drammatici avvenimenti che precedono, attraversano e seguono la nakba del 1948. Racconta dell’infanzia felice trascorsa nella terra di famiglia, l’espulsione, gli anni di studio passati al Cairo durante la caduta della monarchia e l’avvento del nasserismo, la guerra di Suez del 1956 e l’occupazione israeliana di Gaza, gli studi di dottorato e ricerca scientifica nell’Inghilterra dei primi anni ’60 , il lavoro di professore universitario in Canada, la sconfitta degli eserciti arabi nella guerra dei Sei giorni del 1967, l’occupazione di Gerusalemme e di vasti territori arabi, l’impegno politico e l’invasione israeliana del Libano nel 1982, il lavoro da ingegnere in Kuwait e la fuga durante la prima guerra del Golfo nel 1990. Questo libro di Abu Sitta è percorso da un forte senso di giustizia teso a recuperare ciò che appartiene di diritto ai palestinesi: la loro terra.
“Versi in Galilea” di Samih Al Qasim (Palestina)

La poesie qui presentate sono in rapporto stretto con la drammatica storia recente della Palestina. Samih al-Qasim vive in prima persona il peso del processo di trasformazione del suo paese, la Palestina, in un altro, Israele, che tende a cancellare la cultura arabo-palestinese e sostituire gli abitanti autoctoni. La distruzione di una società, la fine di un mondo, la resistenza dei sopravvissuti, la fiducia e la speranza in un futuro di liberazione e fratellanza riecheggiano nei versi del poeta. Delle sue numerose raccolte poetiche vengono presentate in questo volume alcune composizioni esemplificative, tutte impregnate di ribellione verso ogni ingiustizia.
“In piazza in piazza. Tutti in piazza.” di Samia Atout (Palestina)

I pochi anni che ci separano dalle ‘Primavere arabe’ sono stati riempiti dalla perdita delle illusioni: forse perciò sono divenute oggetto di sintesi letterarie di cui questo libro è un esempio. L’opera della palestinese Samia Atout è costituita soprattutto da racconti che si distinguono per il loro carattere sperimentale. Una sperimentalità riscontrabile anche in questo romanzo.
“Il paese del mare” di Ahmad Rafiq Awad (Palestina)

Il paese del mare racconta la storia della Palestina osservata lungo diversi e cruciali periodi storici. Come in un sogno il protagonista si muove tra le diverse occupazioni: da quella medievale con l’assedio e la riconquista di Acri, ultimo avamposto dei crociati in Palestina, all’occupazione sionista con l’intifada e l’attuale lotta del popolo palestinese per la sopravvivenza. Da un lato la storia, dall’altro il territorio e la natura circostante. Se quella dei palestinesi è una storia di guerre continue, occupazioni ed esili forzati, il rapporto con la propria terra è fusione ideale e fisica che resiste a qualsiasi usurpazione e che lega in modo inscindibile il popolo palestinese al ‘paese del mare’.
“Palestinese! E altri racconti” di Samira Azzam (Palestina)

I racconti qui presentati sono in rapporto con la storia recente della Palestina. La scrittrice assiste fin dalla prima infanzia negli anni Trenta del secolo scorso al processo di trasformazione del suo paese che ha portato alla sostituzione degli abitanti autoctoni palestinesi con una nuova popolazione, quella israeliana, che proprio in quegli anni cominciava ad affluire in Palestina. Dal ricordo dei momenti più drammatici di quella storia e dall’osservazione costante della condizione dei palestinesi nel passaggio da una vita ‘normale’ a quella di profughi, emergono i contenuti di questi racconti in cui i personaggi e le loro storie superano la sfera dell’appartenenza a un’area determinata, per rientrare nella più generale umanità dolente.
“Il concorso” di Salwa Bakr (Egitto)

Il concorso narra dell’incontro tra un misterioso uomo d’affari e una giovane giornalista di un settimanale cairota che lancia un concorso da un milione di ghinee, per premiare il progetto più utile a migliorare la società egiziana. Tra degrado, corruzione generalizzata, arretratezza sociale e sogni di rinascita e progetto, si snoda un polifonico confronto sui temi scottanti dell’Egitto di fine secondo millennio. Quale progetto vincerà il concorso?
“Su Pessotimista” di Mohamed Bakri (Palestina)

Su pessotimista (Il pessottimista) è la versione sardo-campidanese del monologo teatrale “al-Mutasha’il” di Mohammad Bakri, che riprende il personaggio creato dallo scrittore palestinese Emil Habibi. In questo monologo dissacrante e beffardo, il pessottimista racconta le strane avventure che lo hanno portato a vivere come quei palestinesi invisibili, rimasti in Palestina, che fingono di essere docili e ingenui, passano la vita a sopportare e a barcamenarsi, ma che alla fine dovranno fare i conti con la ribellione dei figli.
“Una lanterna che non si spegne” di Jamal Bannura (Palestina)

Una lanterna che non si spegne riunisce sette storie, scritte e ambientate negli anni della prima Intifada, e mette in luce la continuità formale e tematica dei testi delle raccolte di Jamal Bannura, nel preannunciare o esaminare situazioni emblematiche di un risveglio che promette di superare la difficile congiuntura, venutasi a creare nel 1967, con la sconfitta dei paesi arabi nella guerra dei Sei Giorni. Nelle storie presentate, rivolte innanzitutto a un destinatario interno, Bannura limita al massimo i riferimenti al contesto e privilegia i discorsi e i pensieri dei personaggi, l’accostamento e l’intreccio dei punti di vista, di modi diversi di vivere e combattere l’occupazione, ricondotti a unità dal sotterraneo o esplicito richiamo a incalzare la lentezza della storia, alla necessità del rifiuto e della speranza.
“Per non dimenticare e altri racconti” di Jamal Bannura (Palestina)

Le sei storie presentate nella raccolta Per non dimenticare e altri racconti compongono una sorta di paradigma di immagini e riferimenti, la cui valenza politica e simbolica è continuamente ridefinita e avvalorata dal lettore, chiamato a rintracciare nel racconto la chiave di lettura del ‘conflitto israelo-palestinese’ e di un presente incerto e drammatico. Le voci dei personaggi, uomini provati dalle imposizioni e dall’isolamento e donne che si rivelano eccellenti protagoniste di una resistenza che continua nel quotidiano, refrattaria a qualunque forma di concessione, compromesso e cedimento, prevalgono spesso sulla narrazione e contribuiscono al coinvolgimento del lettore, all’attualizzazione degli eventi ‘vissuti’ attraverso le storie raccontate, e a trarne ispirazione per non perdere la speranza in un mondo migliore.
“Vita da donna” di Daniela Bredi (Italia)

Questo volume presenta la prima antologia di racconti indiani tradotti direttamente dall’urdu all’italiano. I racconti sono stati scelti con lo scopo di dare un’idea della condizione femminile in India e in Pakistan nel ’900, soprattutto nell’arco di tempo che precede e segue l’indipendenza e la spartizione del subcontinente indiano nel 1947. La selezione proposta offre inoltre un esempio della produzione letteraria di scrittrici indiane e pakistane che hanno scritto in urdu piuttosto che in inglese, rivolgendosi quindi a un diverso settore, di lettori. I racconti delle otto autrici rappresentano una sorta di percorso socio-storico delle donne indo-musulmane, mentre i due racconti di Saadat Hasan Manto, un autore che scrive di donne, testimoniano di un punto di vista maschile su due tipologie femminili: la prostituta e la ragazza per bene.
“Stato d’assedio” di Mahmoud Darwish (Palestina)

Stato d’assedio (Hàlat Hisàr) è un ‘testo’, come lo ha definito lo stesso autore, elaborato a Ramallah nel gennaio 2002, nelle settimane in cui la città era assediata dalle truppe israeliane del generale Ariel Sharon. Mahmud Darwish, che a Ramallah viveva, si è trovato perciò nella hàla, ossia nella ‘condizione’ di assediato. Con questo ‘testo’ il poeta palestinese non vuole solo descrivere lo stato d’assedio, vuole invece e soprattutto dare corpo alle parole per esprimere la hàla quando ci si ritrova a essere assediati. Lo ‘stato dell’assedio’ nei versi di Darwish va al di là della condizione di vita nella quale si trovano le moltitudini concrete di cui il poeta è portavoce, di queste esprimendo sentimenti e pensieri. Il risultato è che il ‘testo’ è formato da frammenti che a volte risuonano come antichi aforismi, spesso lamenti di solitudine, tutti con al fondo il pensiero della morte che pure percorre l’intera opera di Darwish. Sono oggetto di riflessione: la poesia nel suo farsi, la storia, il ‘luogo’, ossia lo spazio del pensiero, la forza che è impressa nell’affermazione della propria identità.
“L’amore vola” di Mofid Fares (Palestina)

“Parlando del sentimento più profondo, io mi sono innamorata di questo racconto fin dalla prima volta che l’ho sentito. Era una sera d’estate a Roma, di tre anni fa, vicino al Colosseo, seduti in mezzo a tanta gente, una serata allegra. Il mio bambino giocava attorno a noi e io ero contenta di rivedere Mofid dopo 12 anni. Mofid ha iniziato a raccontarmi questa storia senza avvisarmi, come se fosse uno dei molti ricordi che voleva condividere in quel momento con me, dopo tanto tempo. Scandiva le parole, con calma cercando di trattenere l’emozione, perché ognuna di esse usciva con la voce tremante. Parole forti che pesavano come macigni, dense, concentrate, piene di sofferenza, di nostalgia, di desideri, piene di sentimenti contrastanti e piene di AMORE. Eh si, nonostante questo piccolo libro sia così esile e leggero, le sue parole all’interno sono colme di questo sentimento e pesano, pesano tanto più del mondo intero. AMORE della madre per i figli, AMORE per la natura, AMORE per gli animali.
AMORE per la vita, spezzata, umiliata, martoriata, disprezzata, denigrata, derisa, ma che ogni volta si rialza con più forza, più dignità, più desideri da realizzare, con più AMORE. AMORE per la propria terra, la Palestina, AMORE per la patria, per il popolo, per la famiglia, per una casa, per una cucina, per un letto su cui dormire e sognare. Tanto tantissimo AMORE, che sempre mi sorprende, di fronte invece a tanto odio, tanta crudeltà inutile e disumana. E allora con la testa piena dei ricordi di Mofid, sono tornata nel mio piccolo mondo, nella nebbiosa bassa veronese ed ho cominciato a lavorarci su. Per più di due anni ho fatto e rifatto i disegni, con i colori, senza i colori, con le matite, senza le matite, con gli acquerelli, senza gli acquerelli. Niente. Non usciva niente che mi piacesse abbastanza. Nel frattempo io facevo già un altro lavoro, da diversi anni, in una comunità per disabili e l’anno scorso ad aprile sono stata licenziata. I due mesi successivi al licenziamento sono stati quelli in cui ho fatto tutti i disegni di questa storia. Era la rabbia o era un senso di libertà, desiderio di ribellione o un senso di ingiustizia. Non so ancora, ma così è andata. Mofid mi ringrazia spesso, ma sono io che devo ringraziare lui e la Palestina che con tanta forza mi hanno salvata dal desiderio di vendetta, mantenendo salda invece la mia dignità. Mofid ha ancora molti ricordi e storie da raccontare.
La Palestina è dentro di noi, con le sofferenze, le difficoltà e i problemi da risolvere tutti i giorni, incessantemente. Per questo, noi dobbiamo stare ed essere lì con la Palestina, sempre e incessantemente.” Letizia Camiletti
“I pozzi di Betlemme” di Giabra Ibrahim Giabra (Palestina)

I pozzi di Betlemme è un libro autobiografico che insieme ai ricordi d’infanzia rievoca la società della Betlemme degli anni Venti del secolo scorso e quella della Gerusalemme nel decennio successivo. Dai ricordi sono estratti come da un archetipo i molteplici significati di cui “il primo pozzo” è investito, a contenuto e tema centrale del racconto. E se al pozzo, o ai pozzi della propria esperienza, si sovrappone la ricchezza delle connotazioni culturali che vi si addensano, a prendere corpo sono i ricordi il cui senso è chiarito dallo stesso Giabra: «Dietro l’utilizzazione della memoria, c’è la volontà di ricostruire gli avvenimenti, i fatti della memoria, in modo che ogni dettaglio appaia con tutta la sua forza e lasci un segno anche nella memoria del lettore. È su questo punto che fondo il mio modo di intendere la narrazione».
“Il venditore del tempo” di Talal Haidar (Libano)

Il venditore del tempo di Talal Haidar è un’ampia selezione antologica della prima e più celebre raccolta del poeta di Baalbek, in dialetto arabo-libanese, qui pubblicata per la prima volta in traduzione con testo a fronte in una lingua straniera. Con quest’opera, vincitrice nel 1972 del premio “Said Aql” (Libano), Haidar offre un valido contributo ai dibattiti sulla modernità poetica e sul linguaggio della letteratura nel Libano contemporaneo. Per Haidar, l’adozione dell’arabo-libanese come lingua poetica — scrive Simone Sibilio nella prefazione — “si inserisce in una più ampia prospettiva filosofica che interroga non solo l’identità, nelle sue più articolate diramazioni, ma l’essenza stessa della poesia”.
“Non si alza il vento” di Hamze Jammoul (Libano)

Non si alza il vento racconta la guerra scatenata da Israele contro il Libano nel 2006, osservata da un giovane libanese immigrato in Italia. L’autore protagonista affida al diario i pensieri e i sentimenti che la guerra scatena in chi assiste impotente e lontano da casa, alla distruzione del proprio ambiente naturale e urbano. L’ansia e la preoccupazione per la sorte dei familiari lontani permeano la vita dell’immigrato che, in un clima carico di pregiudizi e luoghi comuni, di fronte alla precostruita ostilità degli invadenti mezzi di informazione nei confronti degli arabi, dei musulmani e dei lavoratori immigrati, cerca di ricostruirsi un equilibrio trovando la forza nell’amore e nella solidarietà delle persone che lo circondano. Non si alza il vento è la storia di una resistenza.
“La piccola lanterna” di Ghassan Kanafani (Palestina)

Questo libro è stato pensato come compagno di giochi e scoperte per i bambini durante la loro crescita dai 2 ai 12 anni. “La piccola lanterna”, con la principessa alle prese con un sole troppo grande, è una bella storia da ascoltare, leggere o raccontare, disegnare. Il libro prende per mano il bambino e lo accompagna in un viaggio fatto di colori, luci e fantasia che lo porterà a far parte della storia.
“So di una donna e altre poesie” di Leila Karami (Iran)

Questo libro, affettuosamente pensato da alcune amiche e allieve vicine a Biancamaria Scarcia Amoretti. Le suggestioni e le intuizioni della poesia restituiscono a Biancamaria il suo essere, donna innanzitutto e maestra per molti di noi. Pensato al femminile, questo libro contiene voci diverse, persiane, palestinesi, italiane, musulmane, baha’i, inutile una etichettatura; si tratta di autrici che appartengono a generazioni diverse e che si affidano al gesto poetico, alla sua forza evocatrice, per restituire le innumerevoli intuizioni, curiosità, pensieri dei quali Biancamaria ci ha reso partecipi. La molteplicità di queste voci rende bene l’insieme degli interessi e delle curiosità coltivate da Biancamaria, nella sua infaticabile, originale, a volte ‘eretica’, esperienza intellettuale. Alcune poesie sono già state pubblicate, come quelle suggestive di Salma Khadra Jayyushi, che ci accompagnano nell’ardua Salita sulle alte vette dell’esistenza e nella sua Discesa, o i versi ribelli, visionari e vigorosi di Jumana Mustafa. Altre poesie raggiungono il pubblico italiano per la prima volta, come quelle di Fariba Sheshboluki – una delle quali dà il titolo a questo libro, So di una donna – e quelle di Fereshte Sari, che reinterpretano suggestioni mitiche calandole nella realtà del quotidiano. Alcune circolano sul web in versione orale, come i versi di Hila Sedighi, che rinnovano e rinvigoriscono gli stilemi classici del mathnawi e del ghazal, o come le performances di Rafeef Ziadah, che racconta l’alienazione dei palestinesi con il linguaggio asciutto dello spoken word, secondo la tradizione degli hakawati. Inediti sono invece i raffinati versi di Alessandra Ilaria Scarcia, nei quali solo la natura restituisce speranza a un profondo senso di privazione e perdita. L’amore assoluto cantato da Tahere Qorrato ‘l‘Ayn, il vigore e l’essenzialità di Chista Yasrebi, sono le altre voci che compongono questo diwan di poesie.
“Islam e istruzione delle donne. Studi e testimonianze” di Leila Karami (Iran)

A cura di Leila Karami con scritti di: Ersilia Francesca: Introduzione
Katiuscia Carnà: L’educazione religiosa nell’affermazione identitaria femminile. Le donne musulmane bangladesi: tra tradizione ed emancipazione
Melissa Fedi: Iniziative di educazione e istruzione femminile nelle aree rurali svantaggiate della Turchia
Leila Karami: L’educazione femminile in Iran. Tracce del passato, strategie di lotta, progetti politici
Federica Ponzo: La riforma del sistema d’istruzione nell’IS e le sue aspettative sul ruolo femminile
Alessandra Mecozzi: Donne di Palestina. La forza della cultura
Licia Romano: Archeologia, cultura e Iraq al femminile
Igor Baglioni: Postfazione: Islam e istruzione delle donne. Note a margine di un libro
“Note sul linguaggio teatrale arabo-libanese” di Angela Daiana Langone (Italia)

Btəsem ’ənte Ləbnēni (‘Sorridi, sei libanese!’) è la prima opera teatrale dello scrittore libanese Yaḥyā Ǧābir, composta nel 1995 nel dialetto, o meglio, nei diversi dialetti del Libano. Con il presente lavoro viene proposto il testo integrale della commedia in trascrizione scientifica, la relativa traduzione in italiano e diverse note esplicative. Quest’opera rappresenta un ottimo strumento per conoscere la complessa e ricca situazione linguistica del Libano e, allo stesso tempo, fornisce utili informazioni sulla storia contemporanea del Paese dei Cedri. Angela Daiana Langone insegna Lingua e Letteratura Araba presso l’Università della Tuscia di Viterbo. Specialista di dialettologia araba, i suoi scritti sono pubblicati sulle riviste scientifiche specializzate in Italia e all’estero.
“Kān ya ma kān. Racconti popolari di Damasco” di Angela Daiana Langone (Italia)

Il volume raccoglie racconti della tradizione orale siriana registrati a Damasco durante alcuni soggiorni di ricerca. Il lavoro si presenta suddiviso in due parti. La prima, di ordine più generale e teorico, traccia un sintetico quadro degli studi compiuti sul dialetto di Damasco, nell’ottica più generale della situazione linguistica del mondo arabo, per presentare poi la ricerca svolta e fornire spunti di riflessione sullo stile dei racconti raccolti. La seconda parte comprende la trascrizione di trenta fiabe, la loro traduzione e le note di commento. Le schede informative relative a ciascuno dei collaboratori presso i quali sono state raccolte le fiabe si trovano in appendice al volume. Nella bibliografia finale sono raccolti i testi citati e titoli inerenti l’arabo damasceno e la dialettologia araba che possano suscitare l’interesse scientifico del lettore.
“Il lungo cammino della Palestina: 1917-2017” di Alessandra Mecozzi (Italia)

Questo libro è utile: documenta, in modo semplice e chiaro, i dati che lungo tutto un secolo stanno al fondo del ‘problema israelo-palestinese’. Organizzato per schede tematiche, e quindi di facile consultazione, il volume si aggiunge solo in parte ai molti che trattano il tema israelo-palestinese. È utile anche perché ha il merito di non fornire informazioni precostituite: per quanto è possibile, su un argomento controverso come pochi, gli autori hanno adottato un punto di vista che non è quello della classe politica palestinese né, come è ovvio, quello delle élite sioniste, ma si attengono all’esposizione di fatti e fenomeni. In appendice, una serie di mappe a colori mette in evidenza l’espansione del colonialismo in Palestina.
“L’Arabo parlato ad Amman. Varietà tradizionali e standardizzate” di Giuliano Mion (Italia)

Questo studio è il primo profilo descrittivo in italiano delle varietà di arabo dialettale parlate ad Amman. Paese a tradizione originariamente beduina, per la sua posizione geopolitica il Regno di Giordania è stato al centro di ingenti flussi migratori provenienti da regioni a cultura sedentaria che hanno avuto ripercussioni notevoli sulla situazione linguistica nazionale. Amman, in particolare, è una metropoli in cui convivono ormai da decenni differenti dialetti arabi. Nella città, questa frammentazione dialettale di lunga data si sta ormai risolvendo in un lento processo di standardizzazione, non ancora del tutto terminato, che porta al graduale avvicinamento delle varietà tradizionali, o autoctone, a quelle vicinorientali importate dai flussi migratori, principalmente palestinesi. Il volume, dopo un’introduzione sulla situazione sociolinguistica del paese, fornisce una descrizione delle strutture grammaticali delle varietà standardizzate parlate ad Amman, con una comparazione costante alle varietà tradizionali.
“Specchi degli angeli” di Ibrahim Nasrallah (Palestina)

A dieci anni dall’uscita della raccolta antologica Versi, dove erano incluse alcune delle composizioni di questo Specchi degli angeli, Edizioni Q offre al lettore italiano l’opportunità di addentrarsi nella produzione poetica dello scrittore palestinese Ibrahim Nasrallah. A differenza del precedente, Specchi degli angeli si condensa in un solo tema: una bambina ancora in culla, colpita a morte nel corso di un bombardamento, dialoga col suo angelo custode. Qui la figura dell’angelo affonda nel mito dell’angelo protettore, il custode di ogni bambino delle credenze popolari. Specchi degli angeli si frammenta in distacchi emotivi racchiusi nelle strofe, scansioni che si diramano soprattutto dai dialoghi dei due personaggi principali. Ma il racconto è affidato anche ad altri punti di vista: prendono la parola la madre o il padre e, come per una sorta di indicazione del passare delle generazioni, la “nonna”. È la nonna a ricordare che i palestinesi possono trovare nella speranza un rimedio collettivo di sopravvivenza ed è la nonna a essere sovrapponibile alla bambina, se le fosse stato dato di crescere.
“Versi” di Ibrahim Nasrallah (Palestina)

Le poesie contenute in quest’antologia – la prima in italiano del poeta e scrittore palestinese Ibrahim Nasrallah – sono tratte da raccolte diverse formate da serie mono-tematiche e vogliono essere esemplificative della sua vasta produzione. Una produzione che s’inscrive in quel genere di poesia araba che, superata la fase di adesione al verso libero occidentalizzante, è più attenta agli aspetti formali e contenutistici nei quali la memoria dell’antica tradizione letteraria agisce come possibilità di mutamento dell’esistente. Rivisitati e rielaborati in chiave sperimentale, forme e temi sono ripensati per addentrarsi nelle profondità dei problemi contemporanei: la lotta anticoloniale – una condizione ancora attuale per i palestinesi – anzitutto.
“Memoria” di Salman Natur (Palestina)

Memoria raccoglie i brandelli di una realtà frantumata, sopravvissuti agli anni e ai giorni di un secolo che ha conosciuto, tra molte altre tragedie, la distruzione della Palestina, lo sradicamento della sua popolazione e la creazione di uno stato coloniale sul suo territorio. Salman Natur affida il racconto della catastrofe alle riflessioni e ai ricordi di voci che sottraggono alla distruzione e all’oblio singolari e sconcertanti momenti della propria storia. Memoria alterna primi e secondi piani, oblitera le ‘questioni private’, così presenti nella letteratura della nostra resistenza, e guida il lettore tra le case cancellate o ancora in piedi, perché imprima nella memoria ciò che è accaduto all’intero paese e al più piccolo dei suoi abitanti.
“Palestina: un paese normale” di Lucia Rostagno (Italia)

Palestina: un paese normale presenta la figura e l’opera di Giovanni Mariti, commerciante e funzionario consolare toscano che, alla metà del ’700, passò sette anni in Levante. La sua produzione letteraria relativa alla Palestina è una testimonianza chiave per la ricostruzione dell’immagine che l’Europa è andata elaborando di quella terra sacra ai fedeli delle tre grandi religioni monoteiste. In un momento cruciale per la costruzione dell’identità europea, quando la definizione del sé occidentale dipende ancora dalla concretezza dell’immagine dell’altro, egli riesce a raccontare la normalità della Palestina. Ai nostri occhi non appare un paese inventato, ma un ambiente reale, abitato da persone che, pur avendo avuto la ventura di vivere in una terra carica di sacralità, sono come noi. Le sue pagine ci restituiscono il quadro di un mondo normale, inimmaginabile se confrontato con la realtà odierna. Eppure è esistito.
“Nakba. La memoria letteraria della catastrofe palestinese” di Simone Sibilio (Italia)

Nakba. La memoria letteraria della catastrofe palestinese prende in esame una selezione di opere letterarie palestinesi connesse al ricordo traumatico dell’espulsione di massa del 1948, indagandone in una prospettiva interdisciplinare le diverse modalità di configurazione e rappresentazione.
La poesia riporta in vita tracce e luoghi cancellati dalla storia e dalle mappe geografiche. Interrogando il senso di ‘dislocazione’ derivato da quella frattura, esprime l’ineludibile tensione tra memoria e oblio, presenza e assenza. Le opere in prosa di Kanafani, Natur, Habibi e Darwish vengono esplorate come potenziali serbatoi di contro-memorie della catastrofe del 1948. La memoria è volta a ristabilire un legame positivo con il proprio passato a rischio di oblio, è un atto di resistenza alle atrocità del presente.
“Le vittime ebree del sionismo” di Ella Shohat (Israele)

Le vittime ebree del sionismo tratta un argomento di cui poco si parla: è dedicato infatti alle ripercussioni che la fondazione dello Stato d’Israele ha avuto sulle comunità ebraiche orientali. È questo il contenuto del saggio iniziale di Vera Pegna, Ricordi di una vita felice in Egitto, prima di Israele, che ricostruisce il rapporto tra le comunità ebraiche e quelle cristiane e musulmane. Ai ricordi personali l’autrice intreccia riflessioni storico-politiche che danno un quadro inedito della condizione dell’ebraismo orientale. Della funzione svolta dalla componente ebraico-araba nella realizzazione della società israeliana parla il saggio della studiosa di origine irachena, Ella Shohat, Il sionismo dal punto di vista delle sue vittime ebree, dal quale si evince tra l’altro che, come scrive nella Prefazione Cinzia Nachira curatrice del volume, “La cruda ricostruzione dell’arrivo in Israele degli ebrei arabi fa emergere come in realtà l’obiettivo dell’istituzione dello Stato di Israele fosse quello di creare uno ‘Stato omogeneo’, annullando le diverse appartenenze geografiche e culturali”. Chiude il libro un’intervista di Cinzia Nachira e Nicola Perugini alla stessa Ella Shohat, dove vengono valutati i cambiamenti intervenuti nella società israeliana negli ultimi anni.
“Mia cugina Condoleezza ed altri racconti” di Mahmud Shukair (Palestina)

Mia cugina Condoleezza e altri racconti è una raccolta di undici racconti brevi che oscillano tra il grottesco e il sarcastico, nei quali Mahmud Shukair dipinge i dettagli di un quadro al cui centro emergono personaggi quasi caricaturali di un microcosmo isolato e assediato, ma che, per l’apparire di personalità di fama internazionale usate come pretesto narrativo, assume una dimensione globale. Seppur divertiti dal registro ironico della narrazione, ci si ritrova davanti alla presenza costante e ineludibile dei soldati israeliani, all’immagine ricorrente delle code ai checkpoint e alle traiettorie che il muro d’apartheid obbliga a percorrere.
“La foto di Shakira ed altri racconti” di Mahmud Shukair (Palestina)

La foto di Shakira e altri racconti di Mahmud Shukair è una raccolta di ventinove racconti brevi, nei quali i personaggi si muovono sulla scena dell’occupazione israeliana della Palestina storica. Sono i dettagli, le piccole annotazioni a ricordarcelo. Raramente la letteratura ha saputo illustrare l’atmosfera dell’occupazione in modo così efficace. Quanto più essa è pesante, tanto più viene descritta senza enfasi: una catastrofe assurda che cambia il senso delle cose, in primo luogo di quelle che rappresentano la normalità. Nessuno sfugge allo sguardo ironico dell’autore, tanto meno lui stesso. Le sue sono, soprattutto, storie di famiglia, talvolta raccontate in prima persona. Storie che, pur raffigurando un microcosmo, assumono una dimensione globale per l’apparire di personalità di fama internazionale usate come pretesto narrativo.
“I giorni ebbri” di Sa‘dallah Wannus (Siria)

Quest’opera, ultima pièce scritta prima della morte, dell’autore, rappresenta la sintesi del percorso letterario e artistico del grande drammaturgo siriano Sa‘dallah Wannus. Lo scenario che fa da sfondo alla narrazione è quello dell’occupazione francese, della frammentazione della regione e della nascita dei nuovi stati di Siria e Libano. L’idea di “progresso” come imitazione del modello del vincitore svela tutta la sua fragilità nello svolgersi delle drammatiche vicende dei protagonisti, membri di un nucleo familiare la cui vita è scossa dalla fuga della madre con l’amante. In questo dramma, suddiviso in 26 scene, Wannus usa una tecnica narrativa innovativa che avvicina l’opera teatrale al cinema. Il nipote, alla ricerca del passato, interroga i suoi familiari, attori della propria storia. Il racconto è quindi il risultato dell’intreccio delle loro voci.
“In cammino invocano i fratelli. Versi scelti” di Ghassan Zaqtan (Palestina)

Con In cammino invocano i fratelli per la prima volta si presenta al lettore italiano l’opera poetica di uno dei più apprezzati scrittori palestinesi, Ghassan Zaqtan, attraverso una selezione antologica di tre recenti lavori, di cui due inediti in traduzione straniera. Scelte di concerto con l’autore queste tre opere, che segnano l’apice della sua produzione poetica, sono rappresentative di un progetto di scrittura organico, i cui tratti distintivi sono esaminati nel saggio introduttivo di Simone Sibilio. La poesia di Zaqtan si inscrive nel solco della modernità e fa tesoro delle irradiazioni dei suoi accesi dibattiti, accogliendo senza indugi le tensioni espresse dai nuovi indirizzi di ricerca estetica. Il poeta rinnova in queste tre raccolte la sua personale indagine sulla presenza viva degli assenti in un tempo mobile, interrogando un luogo sovraccarico di storie, visioni, miti e spettri.
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