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Prima puntata di “Progetto Kitab” con la casa editrice ADD Editore che ha presenti nel suo catalogo ben 17 libri affini al nostro progetto
“Coach Wooden and me” di Kareem Abdul-Jabbar (Usa)

All’età di 18 anni Lew Alcindor da New York approda a Los Angeles, a Ucla, alla corte di John Wooden, allenatore del Midwest con la fama di essere un vincente. Tra i due nasce un rapporto di stima che, nel corso degli anni, diventerà un’amicizia tra le più durature della storia dello sport. La forza di questo legame è conservata in due foto scattate nello stesso luogo a 41 anni di distanza una dall’altra. Nella prima, un allenatore bianco indica a un ragazzo nero di due metri e venti come si sta in campo. Nella seconda, lo stesso allenatore, quasi centenario, si appoggia a quel ragazzo, ormai uomo e noto con il nome di Kareem Adbul-Jabbar, per uscire dal campo. Ricco di aneddoti, di affetto e di basket, il libro ripercorre le tappe di una storia eccezionale. Le pagine ci portano nel mondo dell’Ncaa e negli anni dei Lakers, passando dalle rivolte giovanili degli anni sessanta alla conversione di Jabbar, dal rapporto con Muhammad Ali e Bruce Lee a quello con i compagni di squadra, dalla lotta alla discriminazione, all’America dei nostri giorni.
“Sulle spalle dei giganti” di Kareem Abdul-Jabbar (Usa)

Harlem, capitale virtuale di una altrettanto virtuale nazione: l’America nera. Sulle strade illuminate dai club per bianchi, agitate dalle rivolte e scaldate dalle parole di Martin Luther King e Malcolm X, Kareem Abdul-Jabbar fa le prime esperienze e incontra le tracce del suo passato. A conquistarlo è l’onda lunga dell’Harlem Renaissance, il periodo che dagli anni Venti fino ai Quaranta del Novecento ha impegnato artisti, scrittori, intellettuali che volevano dare dignità ai neri e costruire l’immagine dell’afroamericano moderno. Unendo alla Storia le sue passioni, Jabbar ci racconta il basket degli incredibili Harlem Rens che hanno permesso ai neri di dare una spallata alla discriminazione razziale, la letteratura nata ad Harlem che ha cambiato il suo modo di vedere il mondo, e il jazz, la musica che si è portato dentro per tutta la vita. Sulle spalle dei giganti è un’autobiografia di un luogo e di uno dei più grandi sportivi di tutti i tempi, uomo di pallacanestro e acuto intellettuale. Come ha detto Spike Lee: «Con questo libro Kareem ha lanciato in aria un altro dei suoi incredibili ganci-cielo». Prefazione di Quincy Jones.
“Lo sguardo avanti” di Abdullahi Ahmed (Somalia)

Quando Abdullahi parte da Mogadiscio ha 19 anni. Alle spalle si lascia una nazione nel pieno di una guerra civile in cui è difficile capire le forze in campo e vedere una speranza oltre agli attentati e alla distruzione. La sua idea è raggiungere un posto in cui poter studiare e mettere da parte qualche soldo che serva a dare un futuro a lui e ai suoi fratelli. Il viaggio che affronta passa attraverso l’inferno del Sahara, la Libia e un attracco a Lampedusa dove verrà accolto e caricato su un aereo per la destinazione che qualcuno ha pensato per lui: la provincia di Torino. Comincia da qui la nuova vita di Abdullahi, a Settimo Torinese, dove diventa un cittadino attivo dedicandosi al lavoro di mediatore culturale e impegnandosi nelle scuole dove ha incontrato migliaia di studenti per parlare di migrazioni, accoglienza, culture, popoli, diritti. Nel 2016 diventa cittadino italiano.Tra gli obiettivi più importanti raggiunti da Abdullahi, ci sono il Festival dell’Europa e del Mediterraneo a Ventotene e l’associazione Generazione Ponte con la quale fa dialogare i ragazzi somali con quelli italiani, per scambiare punti di vista ed esperienze, guardando all’Europa come luogo del possibile. Dopo tredici anni, Abdullahi si sta preparando a tornare in Somalia con alcune borse di studio per i ragazzi di Mogadiscio che ancora devono costruire il proprio mondo. Il libro è una storia e un punto di partenza, pensato anche come strumento didattico, che unisce il racconto di un viaggio e la bellezza di un approdo, la paura per un futuro difficile da immaginare e la gioia di lavorare per migliorare la vita degli altri.
“Introfada” di Hamja Ahsan (Uk)

I Militanti Introversi e la loro unità operativa, gli Isolazionisti Armati, sono un movimento d’avanguardia che mira a demolire le politiche suprematiste basate sulla cultura assertiva del XXI secolo. Radicalizzati contro il dominio imperialista degli estroversi, trovano rifugio nell’Aspergistan, governato dalla legge della Ssssh’ria e soggetto all’ideologia pantimidista, per proteggere i diritti degli oppressi timidi e pacati. L’Aspergistan proibisce severamente il mainstream, tutte le sue politiche sono underground. In questo manifesto, Hamja Ahsan immagina una nazione utopica – l’Aspergistan – in cui vive il popolo dei timidi, degli introversi e degli appartenenti allo spettro autistico. Con sovversiva ironia parla a chi è vittima di bullismo, socialmente impacciato, emarginato e medicalizzato per incoraggiare il dibattito sulle strutture che determinano l’esclusione sociale. È una satira che si appoggia sulla teoria anticoloniale e sull’intersezionalità per costruire una critica alla cultura dominante e alla condizione della salute mentale nella società capitalista.
“Il libro dell’acqua e di altri specchi” di Nadeem Aslam (Pakistan)

“Il libro dell’acqua e di altri specchi” si apre in una città fittizia chiamata Zamana, in Pakistan. Nargise Massud sono una coppia di architetti, uniti da un’affinità elettiva con cui hanno sapientemente modulato ogni fase della loro relazione. Eppure Nargis ha nascosto per tutta la vita al marito un elemento fondante e pericoloso della sua identità: è nata cristiana, con il nome di Margaret, ma crescendo si è finta musulmana per sfuggire agli abusi e alle oppressioni. Quando Massud muore in uno scontro a fuoco, la vita di Nargis inizia a sgretolarsi. Intanto qualcuno si serve degli altoparlanti dei minareti per rivelare i segreti e le dissolutezze degli abitanti, diffondendo il terrore in un Paese in cui l’accusa di blasfemia può costare la vita. I misteriosi annunci presto diventano persecuzioni e Nargis sarà costretta a fuggire. In questo mondo al limite della distopia, diverse trame amorose si liberano come fiumi in piena e con la loro poesia fanno da contraltare all’orrore. Questo romanzo è un ritratto rivelatore dello spirito umano, una storia di corruzione e resistenza, di amore e terrore, e delle maschere che a volte è necessario indossare per salvarsi.
“Nessun amico se non le montagne” di Behrouz Boochani (Iran)

2013, Ilam, Kurdistan iraniano. Dopo le intimidazioni e l’arresto di alcuni colleghi giornalisti, Behrouz Boochani raggiunge clandestinamente l’Indonesia. Sopravvissuto a un naufragio nel tentativo di arrivare in Australia, si ritrova esiliato in un’isola nel mezzo dell’oceano, nel centro di detenzione per immigrati irregolari di Manus Island in Papua Nuova Guinea. Qui Boochani inizia un’intensa campagna di denuncia della politica anti-migratoria australiana e delle umiliazioni cui vengono sottoposti i rifugiati: articoli, documentari e questo libro, digitato in persiano su un cellulare e mandato, di messaggio in messaggio, a Omid Tofighian che lo ha tradotto in inglese. “Nessun amico se non le montagne” racconta i terrificanti viaggi per mare, e la vita quotidiana nel carcere di Manus, nella sua banalità degradante e disumanizzante – la fame, il sole impietoso, le zanzare torturatrici, i bagni che non funzionano, le code per mangiare, per il telefono e per farsi curare. «Aspettare», scrive Boochani, «è uno strumento di tortura usato nelle segrete del tempo.» In uno stile che intreccia prosa e poesia, commento politico e mito, Boochani mette in scena un’umanità tragica e grottesca, ma anche generosa e resistente. Nel suo palcoscenico si muovono Nostra Signora Golshifteh, Il Primo Ministro, Il Gigante Gentile, La Mucca, il Ragazzo dagli Occhi azzurri, Il Pinguino, Il Profeta, Il Papà Del Bambino Di Pochi Mesi, Maysam la Puttana, Il Ragazzo Rohingya… Sullo sfondo, sempre presente, una natura magnifica e terribile, compagna e incubo dei prigionieri senza speranza sull’isola di Manus, in attesa che le loro vite riprendano.
“La felicità araba” di Shady Hamadi (Italia)

Ibrahim, Mohamed e Shady Hamadi: tre generazioni di una famiglia siriana che ha vissuto sulla pelle i dolori della dittatura. Poi ci sono Abo Imad, Eva Zidan, Rami Jarrah e molti altri ragazzi che hanno raccontato al mondo la grande rivolta siriana, eroi che lottano per la libertà di un paese schiavo della propria infelicità. Nelle pagine di Shady Hamadi si incrociano i racconti di una stagione di lotte e di speranze che l’Occidente, distratto e colpevole, ha guardato troppo poco. Hamadi raccoglie testimonianze di sacrifici, di sofferenza, di dolore ma anche di coraggio e di aspettative portate avanti con orgoglio. Il libro è un manifesto per il popolo siriano che sta vivendo la sua primavera nelle piazze e nella rete. “La felicità araba” ci racconta quello che per troppo tempo non abbiamo voluto vedere. Prefazione di Dario Fo.
“Esilio dalla Siria” di Shady Hamadi (Italia)*

Che fine hanno fatto la Siria, la sua rivoluzione e il popolo siriano? Shady Hamadi torna a raccontare una terra di cui si parla spesso in modo superficiale, mentre continua il suo impervio percorso di pacificazione. Attraverso il suo personale esilio e il racconto della sofferenza di un popolo che sta conducendo una lotta quotidiana contro l’indifferenza, Hamadi affronta temi fondamentali come identità, integralismo, rapporto tra le religioni, libertà e lotta contro la dittatura. Ricordi, incontri, riflessioni sulla società siriana si alternano in questo volume che «vuole essere un ambasciatore capace di arrivare a tutti coloro che sono confusi dal tanto rumore che si fa quando si parla di terrorismo e mondo arabo». La morte di Mustafa, inghiottito nelle carceri del regime siriano; il viaggio di Samer, un borsellino per bagaglio e tanta determinazione; il ragazzo dell’ospedale di Tripoli pronto a uscire per combattere con un braccio solo; il confronto con gli attivisti della società civile e con la gente di tutti i giorni, puntellano una narrazione che dà volto e dignità alla Siria e a un popolo che vuole l’emancipazione dalla dittatura e dal fondamentalismo, sotto lo sguardo disinteressato (o forse troppo interessato e per questo muto) dell’occidente.
“La nostra Siria grande come il mondo” di Mohamed e Shady Hamadi (Siria e Italia)

Mohamed e Shady Hamadi, un padre e un figlio, due storie legate da una terra: la Siria. Per uno luogo di nascita, dell’infanzia e di un regime da cui fuggire, per l’altro luogo della ricerca di sé e del desiderio di ritorno; per entrambi un luogo negato, una ferita con cui ancora fare i conti. In questo libro due generazioni si parlano e si raccontano, scoprendo un dialogo che non sempre è stato facile: diversi i percorsi, le ansie, le aspirazioni. Avventurosa e sorprendente la vita di Mohamed che per molto tempo ha nascosto al figlio ciò che aveva subìto nelle carceri siriane: per pudore, paura di non essere compreso e per un’idea di protezione. Intima e tormentata l’esperienza di Shady, a cavallo tra due mondi, la Siria e l’Italia, in cerca di un’identità. Le loro voci si alternano capitolo dopo capitolo, e al racconto della Siria di cinquant’anni fa, di cosa ha significato dover scappare per salvarsi dal regime, si intreccia il presente di chi deve lasciare una nazione, l’Italia, dove sembra impossibile realizzare i propri sogni. A poco a poco, in un dialogo che diventa sempre più fitto, emerge la consapevolezza che si può essere allo stesso tempo stranieri ovunque e sentirsi a casa nel mondo. “Perché si scappa, e perché noi due ci abbiamo messo tanto tempo a raccontarcelo? Perché, per anni, non abbiamo trovato le parole, io per chiedere le cose giuste, e mio padre per raccontare la propria storia? La guerra è stata l’evento che ha aperto una porta chiusa da anni, come in un gioco di specchi, in cui le nostre immagini hanno cominciato a riflettersi l’una nell’altra. La Siria era qualcosa che riguardava entrambi.”
“Educazione rap” di Amir Issaa (Italia)

Dopo Vivo per questo, che lo ha portato nelle università americane e nelle scuole italiane, Amir Issaa ha cominciato a usare il rap come strumento didattico. Rileggendo in chiave rap elementi di poetica, fa scoprire ai ragazzi che le canzoni che ascoltano dal cellulare sono anche il risultato di un esercizio linguistico. Educazione rap, oltre a essere il racconto delle esperienze peculiari vissute da Amir nelle scuole e università, è anche uno strumento per un percorso che mette al centro gli studenti e la parola, le emozioni e la lingua, la vita e l’esercizio.
“La sobrietà felice” di Pierre Rabhi (Algeria)

Questo libro arriva nel pieno della crisi finanziaria globale, ed è un testo che nasce come risposta alla dilagante incertezza e alla caduta dei mercati. In queste pagine Pierre Rabhi, personaggio di grande carisma e fascino, sottolinea come lo stile di vita del benessere e dell’opulenza non sia più praticabile e sia quindi arrivato il momento di fare spazio a una “decrescita sostenibile” e, dunque, a una sobrietà che sappia essere felice. Quelle di Rabhi non sono solo parole, ma una scelta di vita che ha messo in pratica sin dal 1961 nell’Ardèche, una presa di posizione politica, una dichiarazione di resistenza contro la società dei consumi. Con una lucidità poetica e visionaria Rabhi descrive il presente in cui l’uomo sopravvive in un costante stato di alienazione, ossessionato dal tempo e dalla produttività, e in cui il progresso sta distruggendo l’intero pianeta e le sue fonti di sostentamento. Dopo il successo di “Manifesto per la terra e per l’uomo”, Rabhi ritorna con la sua esperienza di “contadino-poeta” e la sua armonica convivenza con la natura.
“Manifesto per la terra e per l’uomo” di Pierre Rabhi (Algeria)

“Non molto tempo fa, il bambino del deserto che sono stato, al termine di una giornata infuocata, stendeva la schiena sulla terrazza a cielo aperto e, con il corpo così abbandonato, poteva contemplare una volta celeste disseminata di pepite d’oro”. Dice questo di sé Pierre Rabhi, contadino francese di origine algerina, che oggi abita nell’Ardèche e sta cercando di difendere con l’impegno di tutti i giorni il mondo in cui viviamo. Lo fa con il suo lavoro, coltivare e insegnare le buone pratiche dell’agricoltura, rispettando l’ambiente e la natura, ma lo fa anche con i suoi libri in cui apre strade e disegna possibili scenari, dicendo in modo chiaro e diretto cosa dobbiamo fare per salvare questo pianeta. “Manifesto per la terra e per l’uomo” non solo racconta preoccupato come stiamo compromettendo il nostro futuro, ma ci dice anche come possiamo e dobbiamo cambiare le cose. In meglio, perché è necessario farlo. Con una prefazione di Nicolas Hulot.
“La casa di pietra” di Anthony Shadid (Usa)

Si comincia con una casa da rimettere in sesto, nel sud del Libano, una casa di famiglia in cui sono passati i propri avi accumulando oggetti, sentimenti, culture. Per un anno intero Anthony Shadid abita e ristruttura quella casa, scoprendo in quelle stanze, attraversate con il passo del cronista, la storia della propria famiglia e di tutto il Medio Oriente. Muovendosi tra le grandezze e le meschinità dell’uomo, tra epoche di glorie e declino fino a una quotidianità sempre più difficile, Shadid racconta come si mischiano tra loro e come si scontrano le culture e perché ognuno di noi è inscindibilmente legato alle proprie radici.
“Non è mica la vergine Maria” di Feby Indirani (Indonesia)

In Indonesia, la più popolosa nazione musulmana al mondo, i veli che coprono i volti delle donne – e delle bambine – sono esplosi come una moda. Di recente il governatore della capitale Jakarta, Ahok, è stato arrestato con l’accusa di blasfemia perché, cattolico, ha osato citare il Corano in campagna elettorale. Da questo clima nascono i diciannove racconti di Feby Indirani, parodie provocatorie che con acume e umorismo mettono in rilievo le incongruenze dell’islam radicale. Musulmana ed emancipata, l’autrice offre una lettura femminista della vita sociale dell’Indonesia contemporanea sottoposta all’ortodossia islamica. Scenari surreali, fate, animali che parlano, diavoli annoiati contribuiscono a creare storie esilaranti che giocano con il paradosso e la contraddizione: una giovane modella per riviste erotiche sostiene di essere incinta senza aver fatto sesso; una maialina, animale impuro per eccellenza, vuole convertirsi all’islam prima di morire; un uomo esasperato elabora piani sofisticati per assassinare il muezzin che ogni notte lo disturba pregando dagli altoparlanti della moschea vicina.
“Indonesia ecc.” di Elizabeth Pisani (Uk)

“Indonesia ecc.” è il racconto di un’avventura lunga 20.000 km attraverso terra, mare e cielo indonesiani. L’autrice ha viaggiato sola, con ogni mezzo, usando empatia e capacità di osservazione per offrirci un racconto divertente senza essere banale, informativo e mai noioso. Immancabile lettura per chiunque si avvicini all’Indonesia, il libro di Elizabeth Pisani sa divertire e far innamorare di questa “improbabile nazione” anche i non viaggiatori e tutti coloro che sono curiosi del mondo e di luoghi ricchi di vita e umanità: dalle isole remote e rurali agli angoli più cosmopoliti e contemporanei dell’arcipelago.
“Munnu. Un ragazzo del Kashmir” di Malik Sajad (India)

Munnu ha sette anni e vive con la famiglia nel Kashmir amministrato dall’India, dove ogni giorno fa i conti con la presenza della polizia indiana, della censura, del fanatismo religioso, della povertà. Affascinato dal lavoro di intagliatore del padre, scopre la sua abilità disegnando AK-47 per i compagni di classe e il suo talento lo porterà a diventare Sajad, il vignettista politico di un importante giornale. La complessa e violenta storia del Kashmir emerge dagli avvenimenti minuti della vita di Munnu: la prima cotta alla scuola coranica, le punizioni pubbliche, le corse in bicicletta a dispetto dei posti di blocco militari, i cortei funebri e gli slogan politici, i campi di addestramento, i rastrellamenti, le fughe a Nuova Delhi, la misteriosa visita di una ragazza americana cui mostrare il proprio mondo. Nei disegni, ispirati alle incisioni su legno, all’arte rupestre e alle miniature tipiche della regione, i personaggi di Munnu sono trasfigurati in cervi del Kashmir, una specie in estinzione. Sulle tracce dei grandi fumettisti contemporanei, Malik Sajad dà voce a un popolo poco narrato, in una storia di formazione che non lascia indifferenti per la forza dell’immagine e l’amara tenerezza dei suoi protagonisti.
“Freedom hospital. Una storia siriana” di Hamid Sulaiman (Siria)

È la primavera del 2012 e 40.000 persone sono morte dall’inizio della primavera araba siriana. In una piccola città di provincia, inventata ma che somiglia a molte città del nord della Siria, Yasmine, pacifista militante, ha istituito un ospedale clandestino. La città in cui vive è controllata dal regime di Assad, ma è relativamente stabile. Nell’ospedale vivono con lei undici figure, malati e medici, che rispecchiano la complessità della società siriana: un curdo, un alauita, una giornalista franco-siriana, membri dell’armata libera e un islamista radicale. Al ritmo delle stagioni, il libro racconta le loro vite, l’impegno politico, il tradimento, le amicizie che si rompono e si ricompongono, sotto l’ombrello onnipresente della guerra. Fino a una nuova primavera. Prefazione di Cecilia Strada.
Menzioni speciali:
° “Caetano Veloso” di Igiaba Scego
Il prossimo appuntamento sarà settimana prossima con la casa editrice “La nave di Teseo”. Quando trovate un “*” vicino al titolo del libro vuol dire che lo abbiamo già acquistato, se presente anche il link vuol dire che è persino presente sul sito.
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