Storia del Kirghizistan

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La storia del Kirghizistan, l’unica democrazia dell’Asia centrale

Le origini dei Kirghisi

I primi resti umani nell’odierno Kirghizistan risalgono addirittura ad una data compresa fra il 200’000 ed il 300’000 a.C., tuttavia per la prima testimonianza scritta bisognerà attendere almeno il I secolo, anno in cui fecero la loro apparsa nello Shiji di Sima Qian, seppur sotto il nome di Jiankun. Secondo alcune recenti scoperte, però, i Kirghisi ed altre popolazioni turche sarebbero i discendenti di alcune comunità agricole nel Nord-est della Cina che, a partire dal 3° millennio a.C., migrarono in Mongolia. Qui nel giro di circa 2000 anni persero completamente le proprie tradizioni agricole, adattandosi alla vita nomade e pastorale. Da qui si sarebbero spostati verso le rive del fiume Enisej, andando così a formare i Kirghisi dell’Enisej, popolazione che farà poi parte della grande confederazione Tiele, che spingerà queste genti più a Sud. Da quel momento in poi i Kirghisi si contraddistingueranno sempre fra le tribù turche, partecipando sia alla creazione del Khanato Göktürk sia a quello degli Uiguri.

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Il Khanato kirghiso alla sua massima espansione

Sarà proprio sconfiggendo quest’ultimi che i Kirghisi vedranno il loro massimo splendore andando a formare un khanato che durò sino al 925 anche se, va detto, una volta che il loro regno sarà terminato bisognerà attendere i mongoli Kara Khitan. Riguardo ai Kirghisi dell’Enisej non vi sono molte testimonianze scritte, ma pare che avessero ottimi rapporti con Arabi, cinesi e Tibetani, scontrandosi de facto solo con gli Uiguri.

Kara-Khitan e Mongoli

I Kara Khitan erano una popolazione mongola sinicizzata che si erano già affermati sui territori dell’odierna Cina grazie alla dinastia Liao, che aveva approfittato dei problemi interni alla dinastia Tang per riuscire ad emergere come potenza regionale. Tuttavia, a causa di alcune pesanti e lunghe lotte contro la dinastia Jin, Yelü Dashi, ultimo legittimo sovrano, fu costretto a fuggire sempre più a Nord-ovest, riuscendo in breve tempo a sottomettere lo Xinjiang e la Kashgaria, ultimi rimasugli dei due grandi khanati precedenti. A questo punto Yelü Dashi sfruttò i problemi interni dell’Impero Karakhanide per impadronirsi in fretta della regione dello Jetysu, conquistandone la capitale, Balasgun, impadronendosi di gran parte dei territori oggi in Kirghizistan. Nel 1220 giungeranno qui i mongoli di Genghis Khan, i quali porranno subito quest’area sotto il loro dominio.

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I Kara-Khitan

Nel 1207 i territori kirghisi di Altaj, Enisej e Tuva erano già caduti ed a partire da quel momento anche i loro abitanti si legheranno ai mongoli, seguendoli sia nelle prime conquiste che nell’Orda d’Oro. Va detto, tuttavia, che il rapporto con i mongoli sarà al quanto conflittuale, tanto che, per gran parte della loro storia, i Kirghisi passeranno più tempo a ribellarsi ai propri dominatori piuttosto che seguirli in battaglia. Verranno poi conquistati da Tamerlano, il quale riuscì a pacificare e sottomettere i Kirghisi del Sud, ma farà decisamente più fatica con le popolazioni del Nord, le quali mantennero sempre una propria autonomia.

Fra Russia e mondo sovietico

All’inizio del 19° secolo il Kirghizistan cadde sotto il controllo del Khanato uzbeko di Kokand, dando via ad una serie di problemi e tensioni politiche che si risolveranno solo con l’arrivo dei russi. I Kirghisi infatti, per quanto ancora divisi fra Nord e Sud, mal sopportavano il dominio dei nuovi arrivati e proprio a tale periodo storico risalgono sia le prime ambizioni di “un’unione kirghisa” sia Kurmanjan Datka, l’ultima leader locale prima dell’arrivo dei russi. Kurmanjan, già leggendaria per tenacia in tenera età, divenne la moglie di Alimbek Datka, signore dei monti Alai e primo ad iniziare una campagna di riunificazione kirghisa contro la leadership uzbeka di Kokand. Nel 1862 il marito venne assassinato e lei verrà riconosciuta come nuova signora degli Alai sia dall’Emiro di Bukhara che dal Khan di Kokand, ottenendo un potere che, però, avrà vita brevissima.

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Kurmanjan Datka

Già nel 1872 i russi giungeranno nell’odierno Kirghizistan e, per evitare inutili sofferenze al proprio popolo, Kurmanjan si ritroverà costretta a piegarsi al giogo di Mosca, assistendo persino alla pubblica esecuzione di uno dei figli, nel frattempo divenuto contrabbandiere d’armi. Con l’arrivo dell’Unione Sovietica, si passò dall’alfabeto arabo a quello cirillico e vi fu un grande sviluppo a livello economico e culturale. Il problema è che tali progressi erano legati a doppio filo con la comunità russa da poco giunta nel paese e, come nel caso del Tagikistan, ciò nel corso del tempo diventerà un problema per il paese.

Il Kirghizistan e l’era Akayev

Il 1990, l’anno prima dell’indipendenza, si rivelerà cruciale per le sorti del paese preparandolo, in un certo senso, a ciò che lo avrebbe atteso dopo. Nel 1990 verrà infatti eletto a segretario del partito comunista locale Absamat Masaliyev, il quale si troverà ad assistere alle rivolte di Osh, nelle quali vennero massacrati dai 600 ai 1000 civili fra Kirghisi ed Uzbeki. Le cause di tali sommosse sono da ricercare nel caos compiuto dai sovietici nel dare ad ogni minoranza un territorio preciso, cosa che si riuscirà a fare solo in parte e che provocherà violente ribellioni. Nello specifico, in questa regione gli Uzbeki si ritrovarono ad essere una popolazione ricca e mercantile ma con un infinitesimale ruolo politico, mentre, di contro, i Kirghisi saranno esageratamente rappresentati ma senza potersi vantare della potenza economica uzbeka. Anche alla luce di tali eventi, sul finire di quello stesso anno vi furono nuove votazioni, che questa volta videro vincitore Askar Akayev, che sarà poi rieletto l’anno dopo quale primo presidente del Kirghizistan indipendente.

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Askar Akayev

I problemi per il neo presidente inizieranno nel 1993 quando iniziarono a saltar fuori casi di corruzione tanto gravi da far dimettere il suo primo ministro. Anche se la sua immagine non venne così compromessa, già a partire dalle seconde elezioni fu sempre più evidente che Akayev fosse interessato ad imitare altri leader dell’Asia centrale nell’assicurarsi il potere. La prova di questo sta che nel 1996, a pochi mesi dalla sua elezione, attribuì nuovi poteri al presidente, fra cui quello di sciogliere il parlamento, organo politico fino ad allora indipendente dall’area esecutiva. Da quel momento in avanti la maggior parte delle elezioni nel paese subirono pesantissime pressioni nel governo; la situazione però cambierà incredibilmente nel 2005 con la Rivoluzione dei tulipani.

La Rivoluzione dei tulipani e la vittoria di Bakiyev

Approfittando dell’onda di “rivoluzioni colorate” che stavano scuotendo il resto dell’ex Unione sovietica, i leader dell’opposizione kirghisa presero coraggio ed iniziarono a portare in piazza sempre più persone per protestare contro il governo corrotto di Akayev. Il 20 marzo del 2005 le forze di opposizione entrarono pacificamente dentro i palazzi governativi e dopo appena 4 giorni Akayev si ritrovò costretto a fuggire prima in Kazakistan e poi in Russia, rassegnando le dimissioni il 3 aprile, accolte l’11 dello stesso mese dal nuovo governo ad interim. Le elezioni del 2005 videro vincitore Kurmanbek Bakiyev, ex presidente ad interim durante il periodo di transizione.

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Kurmanbek Bakiyev

Quest’ultimo sembrava essere la risposta ai molti problemi che animavano i kirghisi, ma in breve tempo parve adottare anch’egli un approccio molto simile a quello di Putin o Nazarbayev, cosa che in breve tempo gli alienò gran parte delle simpatie, tanto che già nel 2007 la gente riprese a scendere in piazza. L’11 aprile Bakiyev firmò un emendamento costituzionale che limitava i poteri presidenziali e questo acquietò abbastanza il popolo, che lo rielesse nel 2009. Quell’anno il paese soffrì particolarmente di blackout e di carenza energetica, con il costo dell’energia che aumentò sempre di più, tanto da portare ad una nuova rivoluzione detta “dei meloni”.

Kirghizistan contemporaneo

Il 6 aprile si registrarono le prime proteste che, a differenza delle precedenti, si trasformarono in breve tempo in violente, tanto che Bakiyev si ritrovò a fuggire in Kazakistan solo 9 giorni dopo, rassegnando di conseguenza le proprie dimissioni. Tuttavia Bakiyev continuò a considerarsi come “ingiustamente spodestato” e per questo andrà ad alimentare un clima di tensione e di violenza che dal 10 giugno esplosero in tutta la loro potenza. La questione uzbeka non era infatti mai stata risolta e l’uscita di scena del presidente fornirà a molti gli stimoli giusti per procedere con le barbarie. A partire da quella data le regioni di Osh e di Jalal Abad diedero vita ad un’incessante serie di pogrom interetnici, tanto che solo 2 giorni dopo Roza Otunbayeva, il nuovo presidente ad interim, si trovò costretta a dichiarare lo stato d’emergenza.

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Il 13 giugno alla polizia fu concesso di sparare per uccidere, cosa che complicherà ulteriormente le manovre di pacificazione, anche a seguito di numerose testimonianze in cui la polizia prese le difese dei Kirghisi senza farsi problemi a sparare anche quando non necessario. Nello specifico, vennero registrati molti casi in cui i poliziotti spararono a dei civili per rubargli tutti i loro averi, oltre che procedere ad arresti arbitrari, violazioni verso gli avvocati difensori ed altre tristi cose che andarono ad alimentare il fuoco della violenza. Il 15 giugno Alik Orozov, il presidente del consiglio di sicurezza nazionale si ritrovò a dire: “Le persone sono diventate pazze, si stanno affrontando le une con le altre. La situazione è diventata incontrollabile, è vero caos”. I numeri ufficiali parleranno di 893 e fra i 100’000 ed i 200’000 rifugiati ma, secondo diverse associazioni umanitarie, vi sarebbero circa 400’000 rifugiati ed oltre 2000 morti, diversi dei quali bruciati vivi e stuprati. Dal 2011 al 2016 Almazbek Atambayev sarà l’unico presidente a concludere un mandato senza proteste in quanto il suo successore Sooronbay Jeenbekov sarà costretto a dimettersi dopo nuove proteste scoppiate nell’ottobre del 2020 a seguito di un grande scandalo di corruzione.

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