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3 libri che non daranno mai e poi mai giustizia allo straordinario patrimonio culturale della Persia, ma che possono fornire delle basi per comprenderlo al meglio
Piccola ma doverosa premessa
Questa non è un classifica ma un suggerimento a chi dovesse approcciarsi per la prima volta a questi paesi ed a queste aree del mondo ed è legata anche al gusto personale dell’autore. Mettere solo 3 opere (rischiando così di lasciar fuori interi paesi) è stata una scelta ben precisa dovuta a qualcosa che spesso ci si dimentica: i libri non sono gratis. Il nostro intento è quello di fornire a principianti ed esperti 3 titoli effettivamente “irrinunciabili”, che possano così permettergli di godersi un buon testo e/o scoprire qualcosa di nuovo, permettendogli di fare solo spese “azzeccate”.

Un ulteriore precisazione: la letteratura del mondo persiano è fra le più antiche e ricche che la storia dell’umanità abbia mai visto; già solo per questo aspetto è impensabile riuscire a sintetizzare un’intero mondo culturale. Inoltre, l’intento è sempre stato quello di portarvi qualcosa che ho già letto, in modo da poter esser sicuro al 100% delle mie parole; è per questo motivo che mancano opere come lo “Shahnameh” o dei testi di Rumi e Sana’i, che comunque verranno raccontati sul sito una volta iniziati e finiti. Avete degli “imperdibili” diversi? Siamo curiosissimi di conoscerli, in futuro inizieremo delle dirette di 30 minuti/1 ora proprio partendo da queste liste; rimanete collegati per ricevere novità. Vi lasciamo alla lista, buone letture.
“Io non sono un albero” di Maryam Madjidi
Iran, fine degli anni ’70. I genitori di Maryam sono giovani, comunisti e innamorati del loro Paese. Ma l’Iran sta sprofondando verso uno dei regimi più oscurantisti dell’epoca moderna, e la famiglia è costretta a fuggire. Quando, a sei anni, Maryam raggiunge il padre in esilio in Francia, ad accoglierla è prima di tutto una nuova lingua, che lei subito rifiuta, per poi invece sceglierla come unico salvagente possibile, al punto da respingere ogni richiamo alle origini: ”Io non sono un albero, non ho radici”. Solo anni dopo, quando ai genitori ormai stanchi le parole iniziano a mancare, Maryam trova la forza di volgersi indietro, recuperando la lingua come unico strumento per ritrovare la memoria.

Un romanzo di rara poesia e che ci permetterà di inserirci appieno nella mente dell’autrice captandone pensieri, sensazioni e, soprattutto, tanta nostalgia. Fra i ricordi di Omar Khayyam e della sua infanzia, il testo è un meraviglioso affresco delle esperienze vissute dai tanti iraniani fuggiti all’estero, follemente innamorati della propria patria e della propria cultura, ed al tempo stesso da lei respinti. Un libro dolce, ma non mieloso, in grado di farvi immergere con grazia nella cultura persiana.
“Il verbo degli uccelli” di Farid ad Din Attar
“Vennero un giorno a parlamento tutti gli uccelli della terra, i noti e gli ignoti. “Non esiste luogo al mondo”, dissero, “che non abbia un re: perché mai sul nostro paese non regna un sovrano? Se ci uniamo in fraterno sodalizio, potremo partire alla ricerca di re, essendo chiaro che l’ordine e l’armonia non regnano tra sudditi privi di un sovrano.” Fu allora che l’Upupa, eccitata e trepidante, balzò al centro dell’inquieta assemblea. Sul petto portava la veste di chi conosce la via, sul capo la corona della verità. Lungo la via aveva affinato la mente, era venuta a conoscenza del bene e del male. “Amici uccelli”, cominciò “in verità io sono il corriere della divina maestà, il messaggero dell’Invisibile…””

Capolavoro. Potrebbe bastare questa parola a raccontare uno dei testi più profondi e meravigliosi di tutto il pensiero umano, specie all’interno del mondo sufi. Vi basti pensare che l’autore, Farid ad-Din Attar, venne considerato da Rumi come uno dei suoi più grandi maestri, tanto che sono evidenti le influenze del primo nei lavori del secondo. In “Il verbo degli uccelli”, in particolare, assisteremo ad un vero e proprio percorso spirituale, che porterà il lettore e gli uccelli alla presenza del Simurgh/Dio, scoprendo qualcosa di strabiliante. L’opera, bisogna dirlo chiaramente, non è di agevolissima lettura, ma gli sforzi sono ripagati dall’illuminazione raggiunta una volta completato il percorso.
“Le meraviglie del creato e le stranezze degli esseri” di Zakariyya ibn Muhammad Al Qazwini
“Non si muove atomo nei cieli o sulla Terra che nel proprio movimento non abbia una, due, dieci, mille saggezze divine.” Queste parole rivelano il senso profondo di un’opera come “Le meraviglie del creato e le stranezze degli esseri” di Zakariyya ibn Muhammad al-Qazwini (1202-1283), il massimo enciclopedista e cosmografo del Medioevo islamico. L’intero universo, dalle sfere celesti sino ai più infimi animali, obbedisce al disegno di un Artefice che lo ha confezionato con suprema sapienza e bellezza, suscitando in chi lo sa osservare una continua meraviglia.

Sicuramente la scelta più particolare delle 3, anche perché è l’unica ad esser stata scritta prima in arabo e poi tradotta nella lingua nativa dell’autore. Avrei potuto mettere “Il libro della Fortuna di Alessandro” di Nizami o “Persepolis” di Marjane Satrapi, questo, però, credo sia più agevole del primo e più particolare del secondo. L’opera di Qazwini è infatti un’enciclopedia del creato, testo dalla preziosità incredibile per chi desidera immedesimarsi appieno in queste aree. Grazie a questo libro, sarete in grado di orientarvi appieno fra astri, angeli, mesi, settimane e geografia, scoprendo un’incredibile quantità di curiosità che sfuggono ai romanzi. Un testo in grado più che mai di sorprendere e di mostrarvi nuove sfaccettature del mondo persiano-islamico.
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