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3 libri per comprendere al meglio “come nasce il terrorismo” attraverso le parole di alcuni dei più grandi scrittori del “mondo islamico”. Terza puntata dedicata al Pakistan
La serie
Vista la tensione scatenatasi in Europa dopo i barbari attacchi terroristici, ho pensato che fosse il caso di avviare una riflessione riguardo a “come nascono i terroristi”. Per farlo, ho scelto di usare uno dei miei strumenti preferiti: la letteratura. Questa settimana abbiamo infatti portato 3 puntate nelle quali abbiamo analizzato questo fenomeno attraverso gli scritti di 3 grandi scrittori del “mondo islamico”, di modo da comprendere appieno qualcosa di tanto triste e sul quale sono state formulate tante assurde e fantasiose teorie.

I paesi saranno: il Marocco con “Il grande salto” di Mahi Binebine, l’Egitto con “Palazzo Yacoubian” di ‘Ala al Aswani ed il Pakistan con “Il fondamentalista riluttante” di Mohsin Hamid; buona lettura.
(Piccola nota: ci sono delle leggere differenze fra il film ed il libro e, per semplicità e per immediatezza, ci baseremo sul primo. Nel sito comunque trovate anche qualcosa di specifico sul libro)
Manhattan
“Il fondamentalista riluttante” è senza alcun ombra di dubbio uno dei romanzi imprescindibili per comprendere il fenomeno del terrorismo post-11 settembre e ciò sia per trama che per spunti forniti. Il protagonista, Changez Khan, è un giovane pakistano laureatosi a pieni voti in un’università americana della Ivy League e poi assunto come analista finanziario in un prestigioso studio di Manhattan. Grazie alla sua prestigiosa occupazione, si costruirà amicizie altolocate che gli permetteranno di conoscere Erica, figlia di una ricca e potente famiglia locale e sua futura fidanzata. Changez vive “il sogno americano” nella sua interezza, ma qualcosa sta per crollare, costringendolo a cambiare la sua vita per sempre.

Nel settembre 2001 si ritrova a compiere un viaggio di lavoro per le Filippine e, al ritorno, trova il suo mondo mutato per sempre. L’11 settembre cambierà per sempre il suo destino, trasformandolo da “quasi americano” a “diverso” e guardato con sempre maggior sospetto. Quando arriva in aeroporto è costretto a controlli più invadenti di tutti gli altri passeggeri e gli capiterà persino di essere fermato ed interrogato arbitrariamente. La relazione con Erica si rompe ed inizia sempre di più ad accorgersi delle proprie origini, trovando il suo apice ad Istanbul. Qui si recherà per licenziare il proprietario di una casa editrice e quest’ultimo, stupito dal vedere un pakistano lavorare per gli yankee, gli racconta la storia dei giannizzeri, nei quali si ritrova profondamente. Una volta tornato a New York darà le dimissioni, tornando in Pakistan con una mente nuova.
Lahore
Tornato a Lahore riuscirà in fretta a diventare professore in un’università locale, tenendo discorsi sempre più vivaci e popolari contro la presenza statunitense nel paese. A seguito del rapimento di un professore americano, il giornalista Bobby Lincoln gli porrà una serie di domande sul suo passato, non riuscendo però a fregare Changez. Quest’ultimo ha infatti capito subito che Bobby è in realtà un agente della CIA giunto proprio alla ricerca del suo connazionale e, per questo, fra i due inizia una conversazione sempre più tesa ed infiammata.

Lincoln è infatti sempre più convinto che dietro al rapimento vi sia Changez, ma quest’ultimo non gli rivelerà la risposta sino al finale, lasciando il dubbio sino all’ultima pagina/scena.
Il fondamentalista riluttante
In realtà, come suggerisce il titolo, Khan non è in alcun modo coinvolto nella vicenda, ma non vuole cedere alle pressioni dell’americano perché si rifiuta di collaborare con colui che vede tanto nemico quanto i terroristi. Al contrario dei precedenti libri, infatti, Changez ha la fortuna di avere una tempra mentale estremamente coriacea e ciò gli permetterà di non farsi schiacciare dal peso di tante perdite. Egli si rifiuterà in ogni maniera di perdere la ragione, riuscendo a rifiutare i sedicenti imam che gli si pongono davanti e a riflettere seriamente sulla propria condizione di essere umano. Fino ad allora aveva provato in ogni modo ad inseguire “il sogno americano”, non preoccupandosi in alcuna maniera di formarne uno proprio e rimanendo così intrappolato con la mente al crollo delle Torri gemelle.

Il ricordo dei giannizzeri sarà però fondamentale a sbloccargli il pensiero, permettendogli di comprendere il personaggio che stava interpretando nel corso della storia e riuscendo così ad allinearsi fra i due estremi, trovando così la pace.
Avere un sogno
La molla imprescindibile che porterà Changez ad emanciparsi dalle altre visioni, ancor più che eventi esterni, sarà interiore, profonda ed al contempo semplice da pronunciare: ha un sogno. Può sembrare una banalità, quasi sciocca ai più, ma è, assieme ad una migliore situazione economica, l’unica vera grande differenza rispetto alle altre storie. Quando Changez arriva a concepire questo, riuscirà a crearsi la propria luce interiore, cancellando ogni pericolo tanto dagli abissi quanto dai pescatori. In quel momento acquista la sua bussola mentale, un reale “centro di gravità permanente”, la quale gli permetterà di elaborare “il suo sogno”, che non lo costringa né a cercare la fortuna in altre vesti, né a mettersi le più brutte per cercare il paradiso.

Il discorso meriterebbe un libro intero per essere approfondito ma, banalmente, Changez si porrà una “missione” fatta su misura, riuscendo, proprio grazie alla presenza di quest’ultima, a non cadere seppur fortemente urtato. Tale “missione” è proprio quello che invece mancò ai giovani di Sidi Moumen, completamente abbandonati a sé stessi, ed a Taha, tradito da coloro su cui aveva fatto progetti. Avere “da fare” e/o “qualcosa da perdere” sono ancore di salvezza essenziali per queste anime che, senza avere dei muri contro cui infrangersi, sono destinate a precipitare sempre più rapidamente nell’abisso.
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