This article is also available in:
English
Il Kebra Nagast rappresenta un libro chiave per la cultura etiope, tanto legata alle proprie origini salomoniche, che qui vengono narrate approfonditamente
Kebra Nagast
Il “Kebra Nagast”, in lingua ge’ez “La Gloria dei Re”, proclama la discendenza della monarchia etiope dalla stirpe di Davide, a cui appartiene lo stesso Gesù Cristo. Il nucleo più antico del libro ha origine tra il IV e il VI secolo d. C. Il “Kebra Nagast” è un testo sacro denso e affascinante che si presta a molteplici letture. È il racconto avvincente e poetico dell’amore tra Salomone e Makeda, la regina di Saba, vicenda soltanto velatamente accennata nella Bibbia. È un classico della letteratura sacra dell’Africa cristiana ed è, infine, il testo fondamentale del Rastafarianesimo.

Il “Kebra Nagast” è infatti sacro per tutti i credenti della religione rastafariana, convinti che l’Etiopia sia il nuovo Israele e che il Negus Neghesti Haile Selassie I sia letteralmente un Cristo ritornato, colui che realizza concretamente la profezia sul regno terreno che deve instaurarsi prima della fine del mondo. Al centro del libro c’è il trasferimento in Etiopia dal Tempio di Gerusalemme di Zion, dell’Arca dell’Alleanza, segno concreto della presenza divina nel mondo. Dalla Giudea all’Etiopia fino alla Giamaica e ai suoi aneliti di liberazione, l’Arca, simbolo di giustizia e di speranza a cui affidarsi e per cui lottare, rappresenta oggi l’eredità profonda di questo libro alle future generazioni.
Fra fede e tradizione
Va subito fatta una precisazione: da quel che abbiamo capito, il Kebra Nagast in sé non è “sacro”, ma lo sono le storie che in esso vengono raccontate. Detto così probabilmente risulta poco chiaro ma, per intenderci, durante le loro messe non viene letto questo libro, bensì la Bibbia; come detto, però, sono le storie del Kebra Nagast ad esser sacre. Per gli appartenenti a tale religione, infatti, la regina di Saba non fu solo una bella amante di Salomone, ma rappresenta una sorta di “proto Maria” più indipendente e dedita alla conoscenza. Tale aspetto si noterà con estrema chiarezza, in quanto Salomone utilizzerà uno stratagemma per obbligare la regina a concendergli la propria verginità.

La sovrana, inoltre, è un personaggio imprescindibile per la tradizione, in quanto è dovuto a lei il primo legame con Dio e gli etiopi i quali, sino a poco prima, veneravano il Sole e la natura. La sua unione con il profeta biblico rappresenterà la nascita di un nuovo popolo benedetto, in grado di ergersi a faro per l’umanità dopo la disastrosa caduta ebraica.
La triste sorte di Salomone e la gloria di Zion
Ancor più che Menelik, sarà Salomone ad essere il personaggio più interessante in assoluto, eternamente combattuto fra presente e futuro, fra gloria ed infamia. All’inizio del testo, infatti, Salomone è nel suo momento di maggior splendore e ricchezza, eppure, inizierà a percepire i propri errori e quelli del suo popolo, tanto da ricevere precisi avvertimenti da Dio. Il Divino lo rimprovererà a più riprese, avvisandolo che, per riconoscenza a suo padre David, il suo regno sarà splendente, ma quello di suo figlio, Roboamo, sarà catastrofico.

A conferma di questo, Dio avviserà anche Salomone che Zion, l‘Arca dell’Alleanza, verrà portato via per Suo volere e non vi sarà nulla che potrà fare. Nella cultura ebraica, l’Arca dell’Alleanza era il luogo dove furono posti i 10 comandamenti affidati a Mosè rappresentando la presenza fisica di Dio sulla terra. Tale allontanamento simboleggia la fine del rapporto prediletto ed esclusivo riservato al popolo ebraico, una catastrofe per chi ha visto nella fede le basi della propria fortuna. Il grande profeta si troverà così nella dolorosissima condizione di essere l’ultimo momento di gioia prima del grande dolore, eppure, proprio per il volere divino, non può far nulla per cambiarlo.
Oltre a Saba e Salomone
Ovviamente l’incontro fra le due grandi figure sopracitate non è l’unico elemento all’interno del libro, che racconta anche di episodi squisitamente biblici, come quelli riguardanti Adamo, Noè, Abramo e loro discendenza; la cosa che mi ha più sorpreso, da questo punto di vista, è l’origine del re di Babilonia. Conoscendo il grande odio provato dal mondo Rastafari per quella città, ero certo che fosse stata attribuita ad un qualche re malvagio, elemento che però è del tutto assente nel testo.

Elemento invece fortemente presente è richiamo alla venuta di Gesù, che però, se all’inizio dell’opera è estremamente marginale (se presente), sul finale diventa una presenza quasi ingombrante. La cornice dell’intero Kebra Nagast è una riunione fra i Padri della chiesa presieduta da Gregorio Nisseno, dunque non sorprende un richiamo a Cristo; il problema, a mio gusto, è la modalità con cui il tutto viene affrontato. Nel resto del testo, infatti, è la genealogia di Salomone ad essere in primo piano e di “colui che arriverà” se ne parla al massimo sussurrando; sul finale pare invece che, tutti, riferendosi agli argomenti più vari, in realtà stessero profetizzando la venuta di Gesù.
Il Kebra Nagast è un libro estremamente particolare ed affascinante, che sarà in grado di arricchire i lettori più curiosi con nuovi episodi riguardanti la vita di nobili profeti e credenti. Il testo, però, non è di semplicissima comprensione e, seppur la versione in italiano sia calibrata per il grande pubblico, ne consiglio la lettura solo a chi è già avvezzo ad opere dense e/o religiose.
Seguiteci sulla nostra pagina facebook, Spotify, YouTube, Twitter e Instagram, oppure sul nostro canale Telegram. Ogni like, condivisione o supporto è ben accetto e ci aiuta a dedicarci sempre di più alla nostra passione: raccontare il Medio Oriente.