Storia dell’Etiopia

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Un luogo benedetto di cui volevamo assolutamente raccontare la storia. L’Etiopia è un paese dalla ricchezza culturale, storica e di fede con pochi uguali nel mondo, speriamo di avergli reso giustizia.

Origini

I territori dell’odierna Etiopia vennero abitati sin da tempi antichissimi, tanto che Lucy, la celeberrima australopiteca, venne ritrovata proprio in questi luoghi. Il primo accenno all’esistenza di una civiltà risale al 3000 a.C. ed uno scambio commerciale effettuato fra antichi egizi ed alcuni mercanti di Punt, regione mai identificata con certezza ma che si troverebbe fra: Eritrea, Sudan, Somalia e, appunto, Etiopia. Il primo vero e proprio regno, tuttavia, sarà quello di D’mt, che avrà per capitale Yeha e che illuminerà per primo il paese dal 980 al 400 a.C. .

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Menelik I porta Zion da Gerusalemme in Etiopia

Seppur la tradizione etiope identifica la leggendaria regina di Saba e suo figlio Menelik come propri capostipiti, è molto probabile che l’influenza sabea su questi territori sia stata appena di qualche decade. Non sono infatti stati effettuati ritrovamenti significativi riguardo quella civiltà che, secondo diversi storici, potrebbe più che altro esser stato un grande partner commerciale e militare dei regni locali; tuttavia, proprio per mancanza di ritrovamenti, è molto arduo far previsioni.

Il regno di Axum e l’arrivo del cristianesimo

Nell’80 a.C. venne fondato il regno di Axum dalle ceneri di quello di D’mt, arrivando in brevissimo tempo a confermarsi come una delle più grandi potenze della storia africana; non a caso Mani, il fondatore del Manicheismo, la poneva al livello di Roma, Persia a Cina. Al suo apogeo arrivò a conquistare Eritrea, Somalia, Gibuti, Etiopia, alcune parti del Sudan. Nel 330, Ezanà di Aksum accettò gli insegnamenti di San Frumenzio di Tiro e si convertì al cristianesimo, tuttavia sarà re Kaleb ad esser ancor più celebrato dagli etiopi.

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Re Kaleb

Quest’ultimo, infatti, attorno al 520 inizierà una violenta campagna militare contro il regno himyarita di Sana’a, colpevole di aver messo a morte dei cristiani senza alcun motivo. Tale campagna si concluderà con la vittoria di Kaleb, ma il viceré da lui scelto sarà presto ucciso da Abraha, leggendario condottiero etiope. Secondo il Corano, quest’ultimo, una volta impadronitosi dello Yemen, proverà a distruggere Mecca, vedendo però i suoi elefanti fermati da una pioggia di sassi. In ogni caso, suo figlio non riuscì a mantenere il dominio di quelle terre, tanto che i locali invocarono ed ottennero l’aiuto di Cosroe I, il grande imperatore persiano che, giunto nella Penisola arabica, sbaragliò in breve tempo gli axumiti, assicurandosene il controllo.

L’arrivo dell’Islam

L’Etiopia sarà il primo paese non musulmano a difendere i diritti di quest’ultimi, tanto che è leggendario un episodio riguardante Najashi, negus ai tempi del Profeta. Muhammad inviò infatti dei suoi seguaci in Africa proprio per la grande fama che avvolgeva questo regno, tanto che la prima Egira avvenne proprio verso l’Etiopia. I politeisti meccani, però, inviarono dei loro uomini di fiducia per farsi consegnare i fuggitivi, una volta sentite le parole dei musulmani, tuttavia, Najashi fece una striscia nella sabbia e dichiarò che quella era la differenza fra Islam e cristianesimo e che, proprio per questo, non li avrebbe mai consegnati, garantendogli anzi libertà di culto. Tanta fu la purezza d’animo di questo sovrano, che ancora oggi viene ricordato con incredibile ammirazione e rispetto da ogni fedele.

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Il grande negus Najashi nel film “Il messaggio” di Mustapha Akkad

Purtroppo, però, la nascita dei califfati portò rapidamente in disgrazia il regno di Axum, che si ritrovò in breve tempo ad essere molto isolato sia politicamente che economicamente; rimanendo tuttavia luogo ancora interessante per molti mercanti arabi.

La dinastia Zagwe

Attorno al 960, una regina malvagia di nome Gudit provò distrusse molte chiese ed edifici, provando persino ad assassinare tutta la famiglia reale di Aksum, che fu costretta a spostarsi nell’entroterra e cedere il proprio ruolo ad una nuova dinastia: gli Zagwe. Tale stirpe fu la prima a non far parte della Casata di Salomone e (forse), proprio per questo, di lei rimangono pochissime fonti e testimonianze scritte. Secondo la tradizione, Mara Takla Haymanot sposò la figlia di Dil Na’od, ultimo negus axumita, spostando la capitale a Lalibela, leggendaria città della regione di Lasta.

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Le chiese a croce di Lalibela

In tale luogo sono presenti delle spettacolari chiese intagliata a forma di croce nella pietra che, secondo la maggior parte degli storici, sarebbero una rappresentazione di Gerusalemme, luogo che gli etiopi avrebbero visitato sotto il dominio di Saladino. Nel 1270 Yekuno Amlak distrusse definitivamente la dinastia, permettendo il ritorno di quella di Salomone ed avviando la scrittura del Kebra Nagast, il “Libro dei Re”.

Il ritorno della stirpe di Salomone

Una volta tornata al potere, la Casata di Salomone allargò i confini del paese, ponendo come province di maggior importanza Tigrè, Amhara e Shewa. Il quel periodo il regno di Etiopia divenne sempre conosciuto all’estero grazie agli innumerevoli ambasciatori inviati in gran parte d’Europa, luogo ove fu a lungo confuso per il leggendario regno del Prete Gianni. Tali contatti si riveleranno poi decisivi durante la guerra con il sultanato di Adal che fra il 1528 ed il 1540 mise seriamente a rischio l’esistenza del paese, tanto da essersi salvato quasi per caso. Ahmad ibn Ibrahim al Ghazi, grande imam e condottiero del sultanato, impegnò infatti strenuamente le forze del negus, costringendolo a ritirarsi nelle fortezze dell’entroterra.

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Ahmad ibn Ibrahim al Ghazi

Qui si rivelò decisiva la presenza di João Bermudes, uno dei pochi missionari portoghesi che avevano scelto di rimanere in Etiopia. Quest’ultimo fu inviato a Lisbona e, grazie alla sua intermediazione, la corona portoghese inviò a Massawa 400 moschettieri comandati da Cristóvão da Gama. Ciononostante, quest’ultimi saranno rapidamente sconfitti e solo con la battaglia di Wayna Daga del 1543, ove morirà il grande condottiero, che i somali verranno definitivamente respinti.

Zemene Mesafint, “L’era dei principi”

Con la salita al trono di Iyasu I nel 1682, il regno visse un incredibile exploit politico e militare, che vide però la sua fine proprio con questo grande re. Il negus, infatti nel 1706, sconvolto dalla morte della propria concubina prediletta, scelse di recarsi in esilio sul lago Tana, portando non pochi problemi alla casata reale. Il figlio di Iyasu I, Tekle Haymanot, non solo non fu considerato all’altezza, ma morì pochi anni dopo in circostanze misteriose, ponendo le basi di una delle epoche più turbolente di tutta la storia etiope: la Zemene Mesafint o “Era dei principi”.

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Iyasu I

Ben 7 diversi reali si alternarono fra il 1706 ed il 1730, trascinando il paese in una fase di stallo e permettendo alla nobiltà locale di comprendere per la prima volta il proprio potere e la propria influenza, messa rapidamente in campo. Con la morte del negus Iyasu II, infatti, Ras Mikael Sehul approfittò delle sue parentele e della propria supremazia per guadagnarsi un posto di maggior rilievo nel paese, arrivando a far uccidere pubblicamente il monarca Iyoas, trasformando per la prima volta il potere della Casata in una mera formalità. Da quel momento, infatti, sarà il titolo di Ras ad essere determinante, portando molti conflitti e guerre nel regno, che si risolveranno solo con la salita al potere dell’Imperatore Tewodros II nel 1855.

Tewodros II e l’affaire britannico

In pochi anni il nuovo negus riuscì a riportare tutto il territorio sotto il suo diretto controllo, ma ciò lo portò ad inimicarsi gran parte della nobiltà, cosa che fu maggiormente acuita dalla morte di sua moglie, l’imperatrice Tewabech. Come Iyasu, anche Tewodros II impazzì per la sua morte, ma, a differenza del grande predecessore, riversò la propria collera sui suoi rivali, rivelando una forte tendenza verso la brutale violenza. Tale comportamento, com’è ovvio immaginare, porto il sovrano a sviluppare un timore sempre crescente verso i regni musulmani di Egitto e Sudan, portandolo ad inviare un messo a Londra per ottenere aiuto; sfortunatamente, però, quello sarà l’inizio della sua fine.

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Tewodros II

A causa degli strettissimi legami con entrambi i reami, l’Impero britannico non era in alcun modo interessato ad indire una “pseudo-crociata” in quei territori, motivo per cui la missiva venne ignorata per ben 2 anni, alterando non poco il sovrano etiope. Tewodros II, infatti, iniziò ad imprigionare tutti i britannici presenti sul suo territorio, iniziando effettivamente ad attirare l’attenzione della corona. Venne allora una missione diplomatica capeggiata dall’Assiro Hormuzd Rassam, che però fu fatta prigioniera non appena giunta sul suolo etiope. A questo punto Londra, furibonda per l’affronto subito, inviò 13’000 uomini e 26’000 fra ingegneri militari, dottori e macchinisti al fine di ottener giustizia; in appena 6 mesi le truppe britanniche portarono il re a suicidarsi a Magdala, sua capitale.

Soli contro il mondo

Il successore di Tewodros II, Yohannes IV, si ritrovò a capo di un paese dalla situazione politica quanto mai complessa e preoccupante, con una nuova e ritrovata identità nazionale, ma con sempre più nemici esterni. Infatti, seppur il negus avesse anche ampliato i propri domini ad altre vicine regioni cristiane, l’Egitto aveva avviato una campagna militare in grande scala per la conquista dell’Eritrea. Ciò impegnerà molto le forze imperiali, che dovranno poi vedersela anche con il Mahdi del Sudan, nuova potenza che sembrava davvero poter affermare il proprio status quo nella regione.

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Yohannes IV

Nel frattempo, gli italiani avevano fatto i primi passi in Abissinia acquistando, nel 1869, il porto di Assab, nell’attuale Eritrea. Nel giro di pochi anni, i territori italici crebbero sempre di più, tanto che, nel 1882, venne proclamata la nascita dell’Eritrea italiana, territorio che continuò ad espandersi sfruttando la difficile e confusa situazione politica in corso in quel momento in Etiopia.

Menelik II

Con la morte improvvisa di Yohannes, avvenuta proprio durante gli scontri con il Mahdi sudanese, a prendere il potere fu Menelik II, probabilmente il padre dell’Etiopia moderna. Sotto il suo regno, infatti, non solo venne definitivamente confermato il potere imperiale, ma vennero conquistate molte province, tanto da formare i confini dell’odierna Etiopia. Tuttavia non sempre il sovrano si comportò al meglio, onorò infatti chi a lui si sottometteva spontaneamente, ma agli altri sottoponeva atroci crudeltà, tanto che fu guardato a lungo con sospetto dagli inglesi, reale potenza egemone dell’epoca. In termini di politica estera, però non fu la perfida Albione a gettar terrore, bensì il Bel Paese, ormai pronto ad iniziare la propria politica coloniale armata.

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Menelik II

Con il trattato di Uccialli del 1889, tuttavia, sembrava che l’Italia volesse una politica d’alleanza con l’Etiopia, peccato che, all’interno di quest’ultimo fu inserita una variante non indifferente: nella versione in amarico si parlava di “alleanza”, in quella in italiano di “protettorato italiano”. Sarà proprio quest’ultima variazione a causare l’ira del negus, che si rifiutò (giustamente) di firmarlo, ed il conseguente attacco italico. Roma, tuttavia, nella sua grande fame di conquista, non aveva controllato l’esercito e l’armamentario etiope, dando vita al più imbarazzante tentativo coloniale di tutta la storia europea. Gli italiani infatti, convinti di aver davanti un piccolo esercito armato di arco e frecce, inviò circa 22’000, peccato che le forze imperiali ne avessero a disposizione 196’000, di cui 96’000 meglio armati dell’esercito italico. Dopo la battaglia di Adua del 23 ottobre 1896, gli italiani furono finalmente respinti ed il trattato di Uccialli venne annullato; ciò però non segnerà la fine dei problemi per il paese che, poco dopo, si ritroverà a fare i conti con una difficile successione.

La salita al trono di Ras Tafari

Infatti, nessuno dei pretendenti al trono sembrava dotato delle giuste caratteristiche e ciò spinse Menelik a pronunciarsi solo dopo che venne colpito da un ictus. Il prescelto sarà Lij Iyasu, il quale, però, porterà grande turbamento nella nazione. Il nuovo sovrano, infatti, non riuscirà a coltivare rapporti proficui con la nobiltà locale e, la sua scelta di favorire musulmani ed Imperi centrali, lo portò ad essere impopolare anche al di fuori dei suoi confini. Proprio per questo, nel 1916 il trono passerà all’imperatrice Zewditu, la quale dedicherà poco tempo alla politica e troppo alla fede, favorendo la nascita di una nuova figura, il suo reggente: Ras Tafari Makonenn, il futuro Hailé Selassié.

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Hailé Selassié o Ras Tafari Makonenn

Spaventato per il troppo potere nelle mani del reggente, il marito di Zawditu, Ras Gugsa Welle, iniziò a far guerra a Ras Tafari, ma venne sconfitto nella battaglia di Anchim. La morte dell’imperatrice permetterà a Makonenn di venir proclamato ufficialmente come nuovo signore d’Etiopia, dando via ad una gran lista di importanti innovazioni. Particolarmente importanti, da questo punto di vista, l’apertura di svariate nuove scuole nel paese e il primo significativo di cancellare la schiavitù dal paese. Il suo lavoro sarà però interrotto nel 1935, quando le forze fasciste occuparono il suolo etiope.

Fascisti e democrazia

L’occupazione italiana si rivelerà pesante per il paese, e ciò soprattutto in termini di vite umane; solo con i militari etiopi superarono le 350’000 vittime, ma a subirne davvero furono i civili, 35’000 dei quali morirono in campi di concentramento, mentre altri 30’000 furono barbaramente massacrati dopo un fallito attentato a Rodolfo Graziani. In questo periodo, inoltre, entrambi gli schieramenti violarono la Convenzione di Ginevra più volte, con gli italiani che si resero colpevoli di spari alla Croce Rossa e bombardamenti con il gas mostarda anche su aree civili. L’unico dato positivo di questo triste periodo fu la scomparsa pressoché totale della schiavitù e la costruzione di 900 km di asfalto, cose che però non rendono e non renderanno mai giusta un’occupazione.

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Rodolfo Graziani

Nel 1941 i britannici libereranno il paese consentendo ad Hailè Selassiè di farvi ritorno e di proseguire con i propri piani di ammodernamento. Nel 1950 venne costruita l’università di Addis Abeba e nel 1955 venne varata una nuova costituzione che dava ancor più potere al parlamento. Tuttavia non si può certo dire che il ritorno di Ras Tafari abbia rappresentato un totale ritorno dei diritti umani, visto che l’Etiopia inglobò l’Eritrea, rifiutando fino al 1991 di riconoscerla come stato e organizzando violente rappresaglie con gli indipendentisti locali. Il mancato sviluppo economico, poi, favorì l’emergere del Derg, giunta militare di stampo socialista che dal 1974 al 1991 prese il controllo del paese. Con la caduta di quest’ultimo, l’Eritrea tornò finalmente libera ed il paese intero poté iniziare la sua storia democratica.

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