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In molti affermano che l’Islam avrebbe al suo interno svariate “sopravvivenze pagane”, ma è davvero così? Lo scopriamo in questo saggio di Alessandro Bausani
Cos’è “islamico”?
In questo saggio, Bausani si propone di analizzare i comportamenti che, secondo alcuni studiosi, sono da considerarsi come “sopravvivenze pagane” all’interno di alcune regioni del mondo islamico. A causa della vastità del territorio e la scarsità dei mezzi a disposizione, infatti, l’Islam non si sviluppò in ogni area attraverso un unico modus operandi, portando alla nascita di alcune sottili differenze. Prima di iniziare tale discorso, tuttavia, è necessario fare un passo logico fondamentale e stabilire cosa può dirsi propriamente “islamico”.
“L’Islam delle origini è un’astrazione, una possibilità di Islam. Non appena esso è entrato nell’arena della storia, soggiace a certe leggi, entra in contatto con il mondo reale, sceglie, assimila. Pertanto, può ben chiamarsi islamico ciò che l’impulso iniziale muhammadico e coranico ha creato, integrando ed assimilando quanto trovava, in tutti i luoghi in cui si è diffuso.
Solo di questo “Islam” si può discutere, non della possibilità che fu la presunta “primitiva idea” di Muhammad.”
La tendenza de-mitologizzatrice
A questo punto, Bausani argomenta di come, piuttosto, sia l’Islam ad avere influenzato altre fede e religioni attraverso il suo atteggiamento monoteistico e de-mitologizzatore; esempio di questo sono gli innumerevoli gruppi religiosi quali Sikh, Ahl Haqq, Drusi e tanti altri che, al proprio interno, mostrano chiare e precise influenze del monoteismo coranico. Secondo il grande islamista, poi, anche ciò che potrebbe apparire come “traccia di paganesimo”, ha subito un processo di destrutturazione e di pulizia da ogni tipo di “politeismo”, risultando quindi, de facto, “islamico”.

Ad esempio, l’animale x, non verrà più considerato “sacro” in quanto tale, ma in quanto “strumento divino” giunto in aiuto di santi o altre figure, cosa radicalmente diversa dal dire “l’animale x è sacro”. Peraltro, pur contemplando (come vedremo più avanti) la possibilità di peculiarità locali risalenti a prima dell’Islam, in gran parte dell’attuale “mondo islamico” ha diviso la sua stessa storia in un “pre” ed un “post” Islam, guardando il primo dei due periodi storici con un mai celato dubbio e disprezzo. Proprio per questo, a lungo archeologia ed etnologia furono osservate con estremo dubbio e diffidenza.
Adat, le “consuetudini locali”
Va però detto che, all’interno di ogni società musulmana, esistono due strati, il primo uniforme in tutto il mondo islamico, mentre il secondo specifico di ogni luogo e con sue regole proprie. Per spiegare appieno il tutto, Bausani ci porta questa citazione dell’olandese Christiaan Snouck Hurgronje, tratta dal suo “De Atjehers”, “Gli Acehnesi”.
“Le consuetudini locali (adat) che controllano le vite dei Beduini d’Arabia, degli egiziani, dei siriani, dei turchi, sono per la maggior parte differenti da quelle dei Giavanesi, dei malesi e degli Acehnesi, ma la relazioni di queste adat con la legge dell’Islam e la tenacia con la quale si mantengono, malgrado quella legge, sono ovunque le stesse…È solo nei suoi dettagli più sottili che tutto questo folklore è specificatamente acehnese.
L’adorazione di alberi sacri, pozzi o pietre sacre può dirsi comune a tutti i paesi musulmani, sebbene sia in contrasto con il programma che l’Islam si era posto nei pochi primi anni della sua esistenza… Queste superstizioni non possono quindi più esser bollate come anti-musulmane, sebbene siano per molti aspetti in conflitto con le originali dottrine dell’Islam. Una religione non nasce adulta, così come non nasce adulto un uomo, e se, quando ha raggiunta la piena maturità, ha perso la forma che aveva in gioventù sì da essere irriconoscibile, non possiamo negarle il diritto a trasformarsi, come sempre avviene in natura.”
Christiaan Snouck Hurgronje
L’evoluzione dell’Islam e del suo rapporto con l’adat
Appurato che quindi non vi è una vera e propria “sopravvivenza pagana” quanto più una “integrazione islamica”, Bausani ci mostra il progresso storico di tale processo, mostrando come la percezione di “paganesimo” sia solo da attribuire ad un arrivo più tardo dell’Islam nella regione che, a causa di questo, ci fa apparire come maggiormente aliene certe usanze rispetto ad altre. Nello specifico:

Vi fu una prima fase chiamata “Islam primitivo”, in cui: ” La personalità profetica di Muhammad ed il suo monoteismo assoluto si integrano con gli elementi “etnici” della civiltà araba circostante: la Kaaba ed i jinn sarebbero quindi le sue presunte “sopravvivenze pagane”.
La seconda fase è invece quella dell’Islam ommayade/abbaside, nel quale: “L’Islam “primitivo” si integra con elementi culturali greco/orientali, siriaci, mesopotamici ed iranici. È lo strato colto dell’Islam universale e le sue “sopravvivenze pagane” sarebbero, per esempio, la dialettica del kalam o l’enciclopedia degli Ikhwan as-Safa”.
L’ultima fase è quella dell’Islam “globale”, nel quale: “L’Islam ommayade/abbaside si integra con elementi locali, vari secondo i paesi, ma in tutti ugualmente presenti: i Beduini “puri” del deserto arabo non hanno meno elementi locali nel loro Islam rispetto ai malesi, solo che questi sono diversi”.
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