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Prendendo spunto dalla raccolta di saggi “Il “pazzo sacro” nell’Islam” di Alessandro Bausani, compiremo un vero e proprio viaggio nel mondo islamico, analizzandone alcuni fra gli aspetti culturali più interessanti. Prima puntata sul “pazzo sacro” nell’Islam.
Premessa
In questo saggio, tratto dall’omonima raccolta, Alessandro Bausani ci illustra la categoria del “pazzo sacro”, elemento sempre presente all’interno del mondo islamico, ma che merita un approfondimento maggiore per la varietà e la profondità di temi messi a disposizione. Seguendo lo schema del libro, ci concentreremo su: i Malamatiyya, “mistici dell’osceno”, su Bahlul e Nasreddin Khoja, i “pazzi astuti” ed infine sulla figura del Diavolo in tutto questo.
I Malamatiyya, i mistici dell’osceno
I Malamatiyya sono un gruppo di mistici attivi nel 9° secolo nella regione che può oggi esser definita con il nome di “Grande Khorasan“. In queste terre tanto lontane, fiorì uno dei gruppi più particolari che l’intera Storia, allo stesso tempo incredibilmente fedeli e straordinariamente eretici, esempio perfetto di “pazzi sacri”; il nome loro nome viene dalla parola araba “malama”, ovvero “colpa”, oggetto costante del loro desiderio. Seguendo un principio incredibilmente taoista, infatti, quest’ultimi consideravano meritevole la lotta più che il dialogo con Dio, differenziandosi quindi in modo inequivocabile con il mondo sufi, vera spina dorsale del pensiero mistico islamico.

I tratti centrali di questa scuola, in particolare, erano: la costante lite con il Divino, forte gioia nello spezzare leggi, convenienze e morale ed infine un vero e proprio capovolgimento dei valori, con un’incredibile gioia per l’esser torturati o addirittura uccisi (secondo loro da Dio in persona). La figura più leggendaria di tale gruppo, ovvero Meshreb, d’altronde, sembra non lasciare spazio ad analisi con questa sua frase, decisamente rappresentativa dei Malamati:
“Dio non ama i senza peccato, ama i peccatori. Quindi io ora commetterò un peccato osceno; se l’uomo di Dio mi farà poi impiccare e morire, meglio così”
Tale percorso iniziatico, porta quindi il fedele a diventare volontariamente “pazzo”, invogliandolo a compiere azioni sempre più eretiche e turpi proprio come esercizio di avvicinamento a Dio, cosa molto diversa dal “pazzo alla Nasreddin Khoja”.
Il pazzo-astuto
Quest’ultimo, infatti, posa la sua storia e la sua figura su personaggi molto diversi, maggiormente legati alla cultura dei marabutti ma decisamente più simile ad un “guru impenitente” piuttosto che ad un “flagellante del peccato”. Tale pazzo ha infatti più le caratteristiche di un “buffone astuto”, qualcuno di completamente libero dai vincoli del gusto e della morale che tende ad infrangere, però, proprio per la disattenzione dovuta alla propria condizione di “oltreuomo“. Tali soggetti, infatti, non sono “alla ricerca del peccato o del Male”, trovandosi, anzi, spesso e volentieri dalla parte del Bene, diventando spesso un aiuto imprescindibile per il protagonista nelle molte storie in cui sono presenti.

Prendendo tale paragone con le giuste pinze, si potrebbe dire che questa figura è presente anche nello stesso Corano nella figura di al Khidr, personaggio che ripetutamente si troverà a compiere atti impuri alla presenza di Mosè ma che, tuttavia, è a lui nettamente superiore in termini di fede. Da un punto di vista squisitamente letterario, poi, non può non esser citato “Notti delle mille ed una notte” di Naguib Mahfouz, nel quale uno dei protagonisti acquista esattamente tale funzione.
Il pazzo come alter ego del Diavolo
Ultimo capitolo, sicuramente il più spinoso, riguarda la figura del Diavolo che, per molti autori musulmani, rappresenta il folle che, troppo innamorato del suo Signore, scelse la dannazione eterna piuttosto che tradire il proprio ideale. Secondo tali autori, infatti, quando Shaytan si rifiutò di prostrarsi davanti ad Adamo, non fu per arroganza, bensì per la promessa che quest’ultimo aveva da poco fatto al proprio Dio ovvero quella di non sottomettersi a nessuno se non a Lui.

Letta in quest’ottica, la figura di Shaytan acquista allora una valenza decisamente più simile a quella dei Malamati, ma con degli elementi che sono profondamente collegati al gruppo di Nasreddin Khoja. Egli, infatti, non punta a compiere il peccato ma è Dio che, conscio della fedeltà del proprio servo, lo farà inciampare, costringendolo quindi ad adattarsi alla situazione di peccato. Alla luce di questo, appare allora evidente come, nel mondo islamico, il Diavolo non sia tanto in contrasto con Dio, che è suo Signore tanto quanto lo è per gli uomini, ma contro la stirpe di Adamo, immeritevole del ruolo riservatogli dal Divino. Nella tradizione islamica sono tuttavia presenti anche figure come i jinn che, in certi casi, possono ereditare la funzione del “diavolo astuto” o del “trickster”, ma sono legati sopratutto a favole più che a fede.
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