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Nell’ultimo capitolo de “Il poema celeste”, Muhammad Iqbal incontrerà finalmente lo Spirito Divino, dando una brillante e poetica conclusione alla sua magnifica opera
Il grido della Bellezza Eterna
I: Chi sono io? Tu chi sei? Dov’è il mondo? Perché questa distanza fra me e Te? Dimmi: perché sono legato al Destino? Perché Tu non muori ed io muoio?
SD: Tu sei stato nel mondo della materia, e tutto ciò che v’entra vi muore. Se tu desideri la vita, proietta potente il tuo Io, annega in te stesso il mondo della materia, e allora vedrai chi sono Io e chi sei tu, e perché vivesti e moristi nel mondo!
I: Accetta le scuse di quest’uomo ignorante e scopri il velo del volto del Destino. Ho visto la rivoluzione di Russia e di Germania, ho visto tumulti nel mondo dell’Islam. Ho visto ciò che propone l’Oriente e l’Occidente; mostrami ciò che il Tuo destino dispone di loro!

Giunto alla conclusione del suo cammino, Iqbal incontrerà finalmente lo Spirito Divino, il quale gli darà le basi per una nuova e più completa dell’universo. Già da questo brano è infatti chiaro come, per poter comprendere appieno il Divino, l’uomo debba fare un passo decisivo: annegare in sé stesso stesso il mondo della materia. Ciò però non significa per forza, come vedremo nel prossimo testo, un percorso ascetico, ma uno in cui vi sia solo Dio al centro, riuscendo a concentrarsi su di lui e sulla nostra anima, secondo concezione sufi “la parte del divino in noi”.
Abbandona l’Oriente e non t’affascini la magia dell’Occidente, poiché non vale un grano d’orzo tutto l’Antico e tutto il Nuovo!
Quell’anello prezioso che hai perso al gioco con i demoni, non si può mettere come posta neanche con l’Angelo Fedelissimo!
La Vita è ornamento della società e custode dell’Io: oh tu che hai parte della Carovana, liberati di tutto e vai con tutti!
Tu sei giunto qui più brillante del sole che tutto illumina il mondo; vivi in modo da irrorare d’un raggio ogni atomo di polvere!
Come esile pagliuzza caduta al passaggio del vento, scomparvero e Alessandro e Dario e Cosroe e Qubad.
La Taverna è disonorata dall’esiguità della tua coppa: afferra un più grande vaso d’ebbrezza, saggiamente libane e va’.

Con tale testo si chiude definitivamente “Il poema celeste” di Muhammad Iqbal, un ghazal posto a sintesi di tutto il lungo percorso fatto finora e che è una summa di tutti i più importanti messaggi del Poeta. Qui viene ancora una volta ribadito il fatto che noi, comuni mortali, abbiamo un tempo tanto limitato da non poterci concentrare che su Dio ed il suo volere, provando ad inseguire i talenti che lo stesso Creatore ci ha fornito. Il terzultimo e l’ultimo verso vanno proprio in quella direzione, ricordandoci sia di “irrorare ogni atomo di polvere con i nostri raggi di brillantezza” sia che “la Taverna è disonorata dall’esiguità della tua coppa”. Un chiaro invito a non porre freni alla propria ambizione per Dio, l’unica che ci porterà ad avere un’inesauribile fonte di luce interiore.
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