Al di là dei cieli, Iqbal e l’incontro con Nietzsche ed i grandi di Persia

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Il penultimo capitolo del “Poema celeste” di Muhammad Iqbal, momento decisivo in cui incontrerà: Nietzsche, due sufi del Kashmir e due dei più grandi signori di Persia

La sede del filosofo tedesco Nietzsche

Io dissi a Rumi: “Chi è questo pazzo?”. Mi rispose: “È un saggio tedesco. Il suo luogo è fra questi due mondi, un canto antico è quello del suo flauto! Questo Hallaj senza corda e patibolo in un modo nuovo disse quelle antiche parole! Le sue parole furono ardite ed il suo pensiero grandioso, spaccò in due gli europei con la spada del suo dire.

Nessun compagno trovò alla sua estasi: estatico, lo considerarono pazzo. Gli intellettuali non hanno parte dei segreti dell’amore e della bellezza: misero il suo polso in mano ad un medico. Coi dottori non c’è frode ed ipocrisia: guai all’estatico che ha la sventura di nascere in Europa! […] Egli fu un Hallaj straniero nella sua patria, si salvò la vita dai preti e lo uccisero i medici!

Nietzsche
Friedrich Nietzsche

“Al di là dei cieli” non poteva che esser la sede di Nietzsche, filosofo a cui Iqbal deve molto e che qui è celebrato alla stregua di un mistico sufi. Secondo il Poeta, quest’ultimo è, sia per concetti che per forma, un vero e proprio antenato di Hallaj, personaggio cardine del mondo sufi e del quale abbiamo trattato domenica. Entrambi desiderarono spingersi al di là della comprensione umana, non riuscendo tuttavia a completare la propria opera, fermati dalla smodata ambizione o dal popolo, quasi spaventato dalle frasi dei due grandi pensatori.

Non v’era in Europa un uomo esperto nella Via, perciò la sua melodia eccedette la forza della corda del suo liuto. Nessuno indicò a quel viandante la via e cento inconvenienti occorsero al suo viaggio! Era moneta e nessuno la provo all’assaggio, fu un teorico dell’azione e nessuno lo rese un uomo d’azione. Un amante che si perse nel suo sospiro d’amore, un viandante che si smarrì nel suo cammino. La sua ebbrezza infranse ogni duro ostacolo, si strappò da Dio e si tagliò via anche da se stesso. Volle vedere col suo occhio esteriore il mistico amplesso dell’Amore e della Potenza.

Volle che da acqua e fango spuntasse quella spiga che solo può germogliare nel seminato del cuore. Ciò che egli cerca è lo stadio della Potenza Divina e questo stadio sublime è al di là della ragione e della saggezza. La vita è il commento dei simboli dell’Io, “non c’è” e “se non” sono stazioni dell’Io! Egli s’arrestò al “non c’è” e non giunse fino al “se non”, scomparve ancora ignaro del senso di “servo di Dio”.

nietzsche
Friedrich Nietzsche

Nella seconda parte del testo, Iqbal termina il paragone con Hallaj ed inizia ad illustrarci la figura di Nietzsche nello specifico, andando a compiere un’analisi molto simile a quella fatta per Marx. Come l’altro grande filosofo tedesco, infatti, anche l’ideatore del “superuomo” aveva ottimi propositi ma una lacuna di fondo che non gli permise di comprendere appieno l’illuminazione che gli giunse. Con la frase “la vita è il commento dei simboli dell’Io, “non c’è” e “se non” sono stazioni dell’Io!“, il Poeta ci mostra il suo sbaglio, ovvero l’essersi fermato alla prima parte della shahada, la testimonianza di fede musulmana; essa cita infatti: “La ilaha illa Allah Muhammadun rasul Allah” ovvero “Non c’è Dio all’infuori di Iddio e Muhammad è il suo profeta”. Semplice, a questo punto, comprendere cosa intendesse dire esattamente l’autore de “Il poema celeste”.

Visita al grande Amir Sayyid Ali di Hamadan e a Mulla Ghani del Kashmir

Principe di Hamadan

A te dirò un segreto sottile, oh figlio: il corpo non è che terra e l’anima è perla sublime. Bisogna liquefare il corpo per trovare l’anima, bisogna distinguere “perla” da “terra”! Se tu tagli via dal corpo una parte del corpo, quel brandello di carne lo perdi, mentre l’anima ebbra di visioni, se la perdi e la getti, ritorna a te! La sua sostanza non è simile a nulla, è legata, eppure da tutto disciolta. Se tu la conservi e la guardi, se ne muore entro il tuo corpo; se tu la getti via, illumina la società dei tuoi fratelli! Che significa, oh generoso, “anima ebbra di visioni”? Che significa “perdere l’anima”?

Perdere l’anima significa consegnarla a Dio, fondere i monti con i fuochi dello spirito. Esser ebbro di visioni significa aver trovato se stesso, brillare nella notte come una stella! Non trovare se stesso significa non essere, trovarsi è donare sé a sé. Chi ha scorto l’Io e non ha scorto cosa estranea all’Io, ha portato il suo bagaglio fuori dalla prigione dell’egoismo. L’ebbro di visioni che ha scorto l’Io considera il morso della vespa più dolce del miele. […] Solo quando ha rinunciato all’anima, l’anima è veramente sua, altrimenti non è che ospite per qualche istante!

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Mir Sayyid Ali Hamadani

In questo brano ci viene riportato uno dei concetti più basilari dell’Islam ed in generale della fede, come al solito, con parole che tolgono il fiato. Il Principe di Hamadan, un mistico persiano di fine ‘300, ci spiegherà come la carità sia parte fondante della vita e dell’anima, grazie alla quale prospera e cresce. “Carità” ed “anima” trovano la loro unione, in particolare, con un celebre hadith del Profeta, celebre in tale situazione: “Sì in questo mondo come un forestiero o un viandante”.

Proprio grazie a tale detto, comprendiamo appieno come questa vita e tutto ciò che abbiamo intorno sia passeggero, onde per cui ciò che ci permette di vivere per sempre è proprio “donare ad altri” ciò che di meglio abbiamo. Qualcosa, sotto svariati aspetti, di molto simile a ciò che fece San Francesco d’Assisi, in questo caso, però, posta in maniera meno materialistica e più metaforica.

Ghani

Non sai che un giorno nel lago di Vular un’onda mormorava d’ultra onda: “Fino a quando staremo a lottare l’una con l’altra in questo mare? Su, vieni, assaltiamo tutte insieme le rive! Nostro figlio, cioè quell’antico fiume, ha portato il suo tumulto spumeggiante fra monti, prati e valli. Continuerà a gettarsi sul sasso del suo letto fino a quando sradicherà le fondamenta delle montagne.

Quel giovane che ha conquistato e città e deserti e pianure è stato nutrito dal latte di 100 madri: la sua potenza è spavento per tutti gli abitanti della terra ebbene, tutto questo viene da noi, non da altri! Vivere nei limiti delle sponde è un peccato, la nostra sponda non è che una pietra sul nostro cammino! Adattarsi alla riva significa morte eterna, anche se ti rotoli sera e mattina nel mare; la vita significa spumeggiare fra monti e deserti; oh, felice l’ondata che è traboccata oltre la riva!”

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Tahir Ghani Kashmiri

Qui il Poeta prova ad esprimere più concetti, legati sia ad una prospettiva filosofica e generica, sia da una molto più concreta ed attuale, simboleggiata proprio dal luogo in cui avviene il dialogo fra onde. Il lago di Vular è infatti situato in Kashmir, terra d’origine degli antenati di Iqbal, e il fiume citato è il Jhelum, affluente dell’Indo, simbolo della civiltà indiana in toto e, oggi in particolare, del Pakistan. Facile comprendere allora come, oltre ad andare oltre i propri limiti, non si debba nemmeno dimenticare la forza dell’unione, da sempre distruttrice di catene e che non attende d’esser risvegliata.

Partenza per il palazzo dei re dell’Oriente: Nadir, Abdali ed il Sultano Martire

Nadir

N: Benvenuto, oh elegante parlatore d’Oriente, oh tu cui s’addice la dolce lingua di Persia! Siamo tuoi intimi confidenti: dimmi il tuo segreto, narrami quello che sai dell’Iran

I: Dopo tanto tempo la Persia ha infine aperto gli occhi su se stessa, ma è, ahimè, caduta nel laccio di una rete. È uccisa dalle moine di idoli sfacciati e graziosi; lei che creò cultura, imita, ora, l’Europa! Sta vagando fra i concetti di “monarchia” e di “razza”, non fa che menzionare Sapore e disprezzare gli Arabi. Priva com’è la sua storia d’oggi di gloriosi avvenimenti, va in cerca di vita nella terra di vecchi sepolcri! S’è attaccata alla “patria” ed ha abbandonato sé stessa, ha dato il cuore a Rustam e lo ha stornato da Ali! Accetta dell’Europa immagini vane, dall’Europa apprende la sua stessa storia.

Vecchio era già l’Iran al tempo di Yazdagird, il suo volto era privo di luce per la freddezza del suo sangue. Antica era la sua religione, i suoi costumi, il suo ordinamento, antichi erano i soli e le stelle delle sue albe e dei suoi tramonti! Nel fiasco della sua vigna non si vedeva l’ondeggiare del vino, nessuna scintilla nella informe massa della sua polvere. Quand’ecco le giunse dal deserto una chiamata finale che le diede nuova vita! In tal modo la Persia rimase, mentre è scomparsa la grande Roma.

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Nadir Shah Afshar

A colloquio con il grande Nadir Shah Afshar, Iqbal lancerà ancora una volta una chiamata al risveglio del mondo islamico. Fin troppo chiaro il testo per necessitare di ulteriori analisi, il messaggio del Poeta tuona forte e chiaro in ogni angolo del mondo persiano.

Abdali

[…]L’imitazione dell’Occidente ha portato fuor di sé l’Oriente, ora bisogna che questi popoli critichino l’Occidente: la forza dell’Occidente non viene dalla musica moderna, non dalla danza di fanciulle svelate, non dal fascino di guance tulipano, non dalle gambe nude né dai capelli corti! La sua solidità non proviene dall’ateismo, né la sua gloria dall’usare la scrittura latina! La forza dell’Europa è nella scienza e nella tecnica, è da questo fuoco che si accende la sua lampada.

La saggezza non consiste nel tagliarsi corte le vesti, il turbante non è un impedimento alle scienze ed alle arti. Per la scienza e l’industria, oh grazioso giovane, ci vuole il cervello, non i vestiti europei! Su questa via non si richiede che acutezza di vista: poco importa questa o quella forma di copricapo! Basterà che tu sia agile di pensiero, basterà che tu abbia un’indole penetrante!

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Ahmad Shah Durrani

Nell’ultimo brano di oggi, viene espressa da Abdali (ovvero Ahmad Shah Durrani) una profonda critica verso il comportamento tenuto dall’orientale medio nei confronti degli “occidentali”, i quali sarebbero continuamente copiati pedestremente dai primi, ridotti a provare vestiti nuovi per sentirsi attuali. La critica continuerebbe poi con un feroce attacco all’operato di Atatürk ma sono essenzialmente le stesse tematiche già affrontate nel cielo di Mercurio.

Ci attende solo l’ultima puntata: “Alla presenza di Dio”. Seguiteci sulla nostra pagina facebookSpotifyYouTubeTwitter e Instagram, oppure sul nostro canale Telegram. Ogni like, condivisione o supporto è ben accetto e ci aiuta a dedicarci sempre di più alla nostra passione: raccontare il Medio Oriente.

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