“Il leone del deserto” di Mustafa Akkad

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Il film che più di tutti mette in luce gli abomini operati dal colonialismo in Africa, con un’occhio di riguardo per il fascismo, probabilmente l’invenzione più squallida ed abbietta che l’umanità sia stata in grado di elaborare.

Il leone del deserto

Mussolini nominò sesto Governatore di Libia, successore di Pietro Badoglio, il generale Rodolfo Graziani, sicuro che un militare di tale credito avrebbe saputo schiacciare la ribellione e ristabilire la pace e la sicurezza dei coloni italiani, in gran parte provenienti dalle regioni povere del Sud Italia, dal Veneto e dall’Emilia. Seguendo una strategia precisa dettata da Badoglio, Graziani deporta popolazioni di pastori seminomadi, fa distruggere il loro bestiame e, per impedire rifornimenti dall’Egitto, fa costruire un reticolato di 270 km di filo spinato lungo il confine, costantemente presidiato dalle truppe italiane. Organizza campi di concentramento dove regnano denutrizione, stenti, epidemie e soffoca nel sangue la ribellione.

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L’idea era di fiaccare l’opposizione dei ribelli libici coinvolgendo nella repressione l’intera popolazione che forniva assistenza, visto che la sola opzione militare si era dimostrata insufficiente. Ad ispirare e guidare la resistenza dei guerriglieri è Omar al-Mukhtar: insegnante di professione e guerrigliero per dovere, quest’ultimo si è votato ad una lotta che non potrà vedere vinta nel corso della propria vita.

Il leone e la iena

Il film è tanto forte che almeno in 3 diversi punti ho avuto paura di non riuscirlo a terminare, troppo agitato dalla rabbia e dal disgusto che le vigliacche azioni fasciste ispiravano il mio animo. In quest’opera viene mostrata tutto lo squallore di questo gruppo politico, purtroppo padrone dell’Italia per i 20 anni più imbarazzanti dell’intera storia della penisola. Stupri, torture, campi di concentramento, gas e decimazioni, i nostri compatrioti non si fecero mancare nulla in Libia, portando in alto il loro abominevole credo e più affondo che mai l’onore del Bel Paese.

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Il generale Graziani con Omar al Mukhtar

Quella iena di Graziani, in particolare, viene mostrata in tutta la sua pochezza e nel suo vano tentativo di sentirsi grande ed onorevole nei confronti di chi, invece, tali attributi li meritava davvero. Squallido come, nell’ultima scena, egli pensi di ricevere qualsivoglia riconoscimento da Omar al-Mukhtar il quale, ancora una volta dimostrerà la sua superiorità di fronte a questi animali dal manto nero. Il leggendario capo libico, infatti, sembrerà a tratti quasi angelico, portando rispetto ed umanità a nemici decisamente peggiori delle bestie più abbiette (peraltro anche completamente incapaci, visto che impiegarono più di 20 anni a bloccare una rivolta completamente sprovvista di mezzi); come i nazisti ma prima di loro ed in maniera molto più “cafona”.

Molto peggio dei francesi

Lungi da me esprimere anche un minimo parere positivo sull’operato tedesco, però sia fascismo che nazismo sono figli della stessa sgualdrina ed un paragone viene naturale. I soldati di Hitler, infatti, erano noti per la fredda disciplina e cinismo, qui invece si osservano solo dei contadini razzisti ed ignoranti, più simili a dei ladri di pecore con i soldi che ad un esercito “con una missione” (per quanto folle, meschina ed abominevole).

Battaglia Algeri
Il colonnello Philippe Mathieu

Anche facendo un confronto con “La battaglia di Algeri“, il confronto non può che andar contro gli italiani, visto che lì il generale Mathieu sembra comunque rispettare i ribelli; qui Graziani si mostra in tutta la sua viltà, non provando alcun sentimento se non l’odio indiscriminato e tentando sempre solo all’ultimo di rifarsi con offerte al limite del ridicolo.

Non siamo solo questo schifo

Akkad però ci mostrerà anche italiani “normali”, unica speranza in un mondo che sembra mostrarsi solo ed esclusivamente tramite violenza e barbarie. Menzione d’onore, in particolare, per un sergente che preferì morire piuttosto che tradire un nemico tanto leale e per Raf Vallone, che nel film interpreta il colonnello Diodice, colui che sarà a capo delle farsose trattative con al Mukhtar.

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Raf Vallone in “Riso Amaro”

La menzione d’onore, in questo caso, è dovuta sia al ruolo interpretato nel film, sia alla vita personale dell’attore che durante il II conflitto mondiale divenne partigiano; sono sicuro che desiderò anche e sopratutto per questo recitare in questa pellicola. Il film risulta come uno dei più belli e forti sul colonialismo italiano, tanto da essere censurato in Italia sino al 2009, caso più unico che raro e che da un’idea ben precisa della sua potenza narrativa. Imperdibile sia per tutti, specie per i fascisti orgogliosi, il film non potrà che portargli vergogna.

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