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Una pianta straordinaria, le cui origini non sono ancora state comprese appieno e che divenne per secoli uno degli enigmi dei grandi botanici.
L’agnello vegetale, una creatura mitica
La storia dell’agnello vegetale affonda le sue origini addirittura nell’epica ebraica, secondo la quale esisteva lo Yeduah ידוע, una leggendaria pianta dal cui fusto spuntava una sorta di agnello. Quest’ultimo divorava la vegetazione attorno, morendo assieme alla pianta una volta finito il nutrimento; per ucciderlo era necessario trafiggere il gambo con frecce e/o dardi, raccogliendo poi il prezioso animale, parte fondamentale di diversi antichi rituali.

La presenza di una bestia simile sarà poi confermata da Erodoto, il quale, parlando di un albero indiano afferma: “Il frutto è una lana che supera per bellezza e bontà quella delle pecore. Gli indigeni vestono questa lana d’albero.” Con tali frasi lo storico greco intendeva chiaramente parlare del cotone, a causa dell’ignoranza dei tempi, però, esso divenne in breve tempo una vera e propria specie a parte, tanto che nel corso dei secoli furono in molti a trattarne in modo approfondito.
La nascita ufficiale di una specie inventata
A partire dal XIV secolo, infatti, il mito dell’agnello vegetale iniziò a prendere sempre più forza, anche grazie a “I viaggi di Sir John Mandeville” opera che, per quanto basata perlopiù su fantasia, rilanciò incredibilmente il mito attorno a tale creatura. Il leggendario avventuriero inglese, tuttavia, non la descrisse tanto quanto una pianta con della lana, ma piuttosto come una zucca che, una volta maturata, rivelava un vero e proprio agnello posto al suo interno. Tale versione acquistò sempre maggior rilevanza anche alle parole di Odorico da Pordenone, reale viaggiatore italiano che divenne celeberrimo nel Medioevo.

A metà del XVI secolo sarà Sigismund von Herberstein, ambasciatore degli Asburgo in Russia, a dare sostanza a quello che, almeno fino ad allora era comunque considerato alla stregua di una leggenda. Egli ne fornì infatti una precisa descrizione per quanto riguarda: altezza, comportamento, habitat, predatori e persino gusto, dando così l’impressione che potesse esserci effettivamente qualcosa di vero nella vicenda.
2 trattati ed una strana conclusione
Da quel momento in poi, la ricerca a questa pianta non ebbe mai fine, con diverse spedizioni che vagarono per l’intera Asia alla sua ricerca, la maggior parte delle quali, tuttavia, terminarono senza alcun esito. Bisognerà attendere addirittura il 1887 per vedere un nuovo documento naturalistico a tema, ma questa volta arrivò un libro interamente dedicato a questa strana forma di vita: “The vegetable lamb of Tartary” di Henry Lee. In tale opera si identificarono in modo stabile tutte le caratteristiche della bestia, fornendo gli standard per la specie. Pochi anni dopo, il naturalista olandese Gustaaf Schlegel scrisse a sua volta un trattato chiamato : “The Shui-yang or Watersheep and The Agnus Scythicus or Vegetable Lamb“. Qui lo studioso metteva in relazione la leggenda dell’agnello vegetale a quella dell’agnello marino, mostrando per la prima volta una possibile vicinanza fra i 2 miti.

In realtà lo Shui Yang altri non era che un modo di spiegare la nascita del bisso, particolare fibra ottenuta dalla Pinna nobilis, particolare bivalve che vive nel mar Mediterraneo. Anche se al giorno d’oggi pare quasi scontato immaginare questa favolosa pianta come il cotone, nel 1600 si stabilì che il leggendario agnello fosse in realtà il Cibotium Barometz, particolare felce lanosa della Cina e della penisola malese.
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