Le nazioni mobili dei mongoli

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Tante volte si tende ad identificare popoli come i mongoli quali “feroci barbari” provenienti da terre lontane; basterebbe fare un passo indietro e ricordarsi delle caratteristiche di quel suolo per aprirsi un vero e proprio universo.

Non “barbari” ma nomadi

Un altro degli aspetti che non può non colpire ogni lettore di epopee mongole è: la mobilità. Migliaia di anni di Storia ci hanno infatti spinto a considerare la terra ed il suolo come principale fonte di ricchezza e di desiderio, finendo per cancellare del tutto in noi l’immagine di qualcosa di diverso. Nelle storie dei mongoli, però, tale concetto viene fuori in maniera poderosa, spingendo il lettore a scontrarsi con le proprie concezioni al fine di capire appieno una società tanto lontana dalla nostra.

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Se non si comprende appieno tale aspetto, infatti, si rischierà di prendere tali abitanti per semplici “barbari“, mancando analisi decisamente più complesse ed affascinanti e che spiegano molto bene aspetti che riguarderanno poi anche il popolo turco.

La ricchezza dei pastori

Innanzitutto, è necessaria una doverosa premessa sulle occupazioni principali dei mongoli, elemento talvolta trascurato ma di grande aiuto per semplificare il ragionamento; quest’ultimi, infatti, a causa delle rigidissime condizioni climatiche del proprio territorio, furono costretti fin dall’alba dei tempi a svolgere il mestiere di pastori, elemento chiave in tutta la loro epopea. Non potendo far affidamento sulla terra, infatti, iniziarono a sostentarsi con le bestie, potendo così preoccuparsi dello stato attuale del suolo e non di cos’avrebbe riservato in futuro, costringendoli però ad una vita in movimento. Molto interessante che, sempre dal loro nomadismo, nascerà la loro propensione per l’arco e le frecce, armi della caccia, piuttosto che per scudo e spada, associati decisamente alla vita nei campi.

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Nel momento in cui la terra vale poco o nulla, è molto semplice che essa decada come valore, imponendo ai locali nuovi modi per valutare la ricchezza dei vari khan, utilizzando spesso logiche diverse.

Uomini del presente

Proprio per tale motivo la società mongola non si cura (salvo quando non fu obbligata dalle conquiste di Genghis Khan) di “ciò che puoi fare”, caratteristica imprescindibile di ogni uomo libero, ma piuttosto di “cos’hai”. Leggendari le storie su sovrani ed imperatori pronti a ricompensare i “barbari” di “beni trasportabili” al fine di veder (quasi sempre) salva la propria città, tutte riconducibili proprio a tale aspetto.

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Un uomo era solo perlopiù ciò che possedeva e mostrava, valutandolo, a causa della quasi totale mancanza di artigiani e centri abitati, il più delle volte come un qualcosa di unico ed incredibilmente raro, spingendo i mongoli a dar grande valore ai vari oggetti. Inoltre, la mancanza di uno stato con confini fissi, rendeva i sudditi molto simili a “dei confini statali”, sostituendo molte volte gli acri degli agricoltori con le braccia degli schiavi, reale ricchezza pratica e trasportabile dal pastore, assieme alle proprie bestie. Aspetti decisamente affascinanti e che si possono comprendere solo facendo lo sforzo di mettersi nei panni “dell’altro”.

Le informazioni di questa settimana mongola sono prese perlopiù da “Storia segreta dei mongoli”. Vuoi seguire le orme del leggendario Ibn Battuta? Scopri qui come fare; dal 1 marzo si parte. Seguiteci sulla nostra pagina facebookSpotifyYouTubeTwitter e Instagram, oppure sul nostro canale Telegram. Ogni like, condivisione o supporto è ben accetto e ci aiuta a dedicarci sempre di più alla nostra passione: raccontare il Medio Oriente.

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