Mario Scalesi, poeta maledetto del Maghreb

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Uno dei poeti più straordinari e meno conosciuti dell’intera letteratura mondiale. Mario Scalesi fu il “poeta maledetto” della Tunisia, in grado di affascinare migliaia di lettori grazie alla sua capacità di infondere nei propri versi tutto il dolore subito in vita.

Una vita infelice

Mario Scalesi nasce nel 1892 da padre trapanese e madre tunisina con origini maltesi e genovesi. A 5 anni cade dalle scale rimanendo per sempre invalido, condizione che peggiorerà nel corso degli anni, portandogli grande dolore sia fisico che psichico per tutta la vita. Dopo esser diventato ragioniere per contribuire al sostentamento della famiglia, conobbe Arthur Pellegrin, intellettuale franco-tunisino che lo spingerà sempre di più nel mondo della letteratura. Da quel momento collaborerà infatti con i periodici locali “Soleil” e “Le Tunisie Illustrèe”, dove proporrà la nascita di una nuova letteratura maghrebina in lingua francese.

Mario Scalesi
 «Ce livre, insoucieux de gloire, / N’est pas né d’un jeu cérébral […] / s’il contient tant de vers funèbres, / ces vers sont le cri révolté /d’une existence de ténèbres / et non d’un spleen prémédité ».

Quest’ultima, a differenza del passato, non sarebbe dovuta essere un mero esercizio di esotismo, ma che si sentisse parte integrante della patria francese. Le sue idee rivoluzionarie gli varranno un posto d’onore nella letteratura nordafricana, tanto che saranno innumerevoli i poeti tunisini a citarlo apertamente come proprio maestro; purtroppo, però, ciò avverrà solo da postumo. Nel 1921, infatti, le sue condizioni di salute peggioreranno sempre di più, tanto da esser trasferito all’ospedale di Palermo, dove morirà nel 1922 per marasmo, venendo poi gettato in una fossa comune.

Les poèmes d’un Maudit

Nel 1923, un anno dopo la sua morte, uscirà “Les poèmes d’un Maudit” (/”Le liriche di un maledetto”), sua unica raccolta poetica, in grado di donargli, però, fama immortale. Leggendo i versi dell’opera ci si accorge ben presto di esser davanti ad un vero e proprio “poeta maledetto”, alla pari Baudelaire e Rimbaud, posto però dall’altra parte del mare.

Mario Scalesi
 «L’instant ou j’ai cessé de vivre, / je le verrai longtemps encor, / (quand l’espoir a fermé son livre / on peu bien dire qu’on est mort) / […] Je sens fuir mes pensées malades / vers l’escalier où je suis mort».

Tutta l’opera vede nel suo centro “il rifiuto”, l’abbandono totale ad un’esistenza nata male e continuata peggio, dove l’invalidità diventa maledizione, trasformando il poeta, fin da ragazzino, alla condizione di “morto parlante”. La stessa scelta di utilizzare il francese, piuttosto che l’arabo o l’italiano, va letta proprio nel’ottica di un difficilissimo rapporto con le proprie origini e con il mondo attorno. Nato straniero nella propria madrepatria, Scalesi dovrà destreggiarsi nella complicatissima ricerca di sé stesso, provando a reinventarsi con l’introduzione del francese, vista come cultura “neutra” poiché lontana sia dalla famiglia che dal paese. Un poeta fin troppo poco conosciuto in Italia e che meriterebbe senza alcun ombra di dubbio una ristampa, troppo prezioso il suo patrimonio perché vada perso.

Il fascino per una figura tanto singolare e vicina agli ultimi, deve aver sicuramente colpito Craxi, con il quale vi erano anche comuni origini sicule. Inoltre l’ex premier aveva un contatto continuo e costante con il mondo francese ed africano, difficile che gli sia sfuggito un tale capolavoro, specie dopo i suoi ultimi anni in Tunisia.

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