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Uno dei momenti più importanti e particolari di tutto il mondo persiano, collante fortissimo fra cristianesimo e zoroastrismo sia per significati che per forma. Impossibile non parlarvi di Yalda, la notte più lunga dell’anno, la cui tradizione affonda le proprie origini nell’alba dei tempi.
La notte di Yalda
La notte di Yalda cade fra l’ultimo giorno di Azar e il primo di Dey, mesi lunari che corrispondono ad una data compresa fra il 20, 21 e 22 dicembre. Tale momento è molto importante per la cultura ed il culto zoroastriano, fortissimamente legato al al sole ed ai suoi mutamenti, tanto che, in realtà, tale notte è considerata particolarmente sfortunata.

Cadendo nel solstizio d’inverno, infatti, simboleggia il momento di maggior buio di tutto l’anno, periodo in cui, secondo questa fede, Ahriman e la sua schiera di demoni è al massimo della sua potenza ed operatività.
Simbolismi e convivialità
Tale entità rappresenta qualcosa di molto simile al monoteistico Diavolo, figura simile per moltissimi connotati, fra cui quello di rappresentare il “capo” delle entità maligne. Proprio per questo è tradizione riunirsi insieme a familiari o amici, in modo da passare la maggior parte del tempo svegli e scongiurare così la malasorte.

Elementi tipici di questa notte sono il Divan di Hafiz, l’anguria e il korban. Il primo è probabilmente l’opera più conosciuta in assoluto della letteratura persiana, tanto che è tradizione leggerne dei brani anche prima durante il Nowruz, considerata la notte della “rinascita delle luci sulle tenebre”. Il secondo elemento ha la particolare funzione di celebrare l’estate anche nella notte più lunga dell’anno; oltre all’anguria, infatti, possono essere mangiati anche altri cibi, tutti però dovrebbero puntare a ricordare il caldo e la luce, in modo da augurare fortuna per l’anno venturo. L’ultimo è un particolare tavolo, ormai caduto in disuso, sotto al quale veniva posto un braciere ed intorno al quale vi si radunavano tutti i membri della famiglia ed i loro invitati; luogo perfetto per condividere gioie e caldo, specie nel momento più oscuro dell’anno.
Un “natale persiano”?
Inizialmente il nome di tale festa era Shab-e Cellah, ovvero “notte dei 40”, ad indicare l’inizio dei primi 40 giorni d’inverno; il nome Yalda in realtà ha origini più recenti e legate a doppio filo con il natale. Fra il I ed III secolo, infatti, molti cristiani siriaci fuggirono alla volta dell’Impero sasanide e di quello partico, portando con sé la propria fede e le proprie tradizioni in luoghi per le quali avrebbero subito meno persecuzioni. Qui lo zoroastrismo venne per la prima volta a contatto con la figura di Gesù e della sua nascita miracolosa, chiamata in siriaco, appunto, Yalda. Vista la similitudine di significati e la coincidenza temporale, sempre di più lo Shab-e Cellah venne chiamata Shab-e Yalda, tanto da rendere questi due termini dalle origini tanto diverse dei veri e propri sinonimi.

Anche se il Nowruz porta significati ancor più affini al natale della notte di Yalda, è impossibile non notare fra quest’ultima ed il Natale una profondissima vicinanza di significato, quasi un monito a ricordare la vicinanza del mondo persiano a quello europeo più che a quello semita o indiano. Un’occasione per celebrare un’unione nascosta che continua da millenni.
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