K2, la montagna pakistana degli italiani

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Il K2, la montagna più pericolosa al mondo, lega profondamente la sua storia all’Italia, primo paese a completarne la scalata nel 1954, anche se con grandi difficoltà. Da allora il picco verrà soprannominato “la montagna degli italiani”.

K2, la più pericolosa di tutte

Posta al confine fra Pakistan e Cina, con i suoi ben 8609 metri, il K2 è la seconda montagna più alta al mondo, seconda solo all’Everest per grandezza; a differenza di quest’ultima, però viene considerata da tutti gli alpinisti come la più pericolosa in assoluto oltre gli 8’000 metri.

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Il K2

Ciò è dovuto a varie considerazioni sia, legate soprattutto alle forme di questo picco. Al contrario dell’himalayana, infatti, i pendii sono molto più ripidi e complessi e questo vale anche per tutto il monte, persino ad alta quota. La sua particolare latitudine, poi, rende i monsoni meno regolari e prevedibili il che, unito alla sua locazione remota (il campo base dista ben 80 km a piedi dal primo villaggio (di cui 60 vanno percorsi sul ghiacciaio Baltoro)), la rendono più un sogno che una vetta effettivamente scalabile. Non è un caso che, a differenza dell’Everest, sia stata scalata, fino al 2007, da sole 278 persone, peraltro con ben 66 decessi; non è mai stata scalata d’inverno.

La montagna degli italiani

Fra i pochi ad aver realizzato l’impresa, però, ci sono anche molti italiani, decisivi più di ogni altro popolo nella scoperta del K2. Nel 1909, infatti, la spedizione di Luigi Amedeo di Savoia, duca degli Abruzzi, inaugurò il cosiddetto Sperone degli Abruzzi, via che non solo esiste ancora oggi, ma è diventata negli anni il punto dal quale la maggior parte degli alpinisti parte per provare a realizzare quest’impresa. Oltre a questo, però, il traguardo più importante è sicuramente quello raggiunto nel 1954, anno in cui il K2 fu domato per la prima volta nella sua storia e a farlo furono degli italiani.

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I membri della spedizione italiana del 1954

Quell’anno venne infatti organizzata da Ardito Desio l’impresa che permetterà al Bel Paese di diventare uno dei luoghi più rappresentativi al mondo per l’alpinismo, il primo di sempre a raggiungere tale vetta. Alla spedizione parteciparono in particolare Walter Bonatti, Lino Lacedelli ed Achille Compagnoni, il cui nome verrà da allora sempre legato al monte pakistano. In realtà, a poter ammirare la cima saranno solo gli ultimi 2, anche se il contribuito di Bonatti fu determinante tanto che, pur non venendogli inizialmente riconosciuto il giusto merito, negli anni la sua figura verrà fortemente rivalutata, risultando imprescindibile per la riuscita del tutto.

La notte del 30 luglio

Il celebre alpinista, infatti, il 30 luglio del 1954 si recherà con Amir Mahdi, il loro aiutante hunza, fino all’8° campo per recuperare le bombole d’ossigeno, fondamentali per gli ultimi metri. Lacedelli e Compagnoni, però, per agevolare la salita del giorno dopo, spostarono il campo di un centinaio di metri più in su, causando enormi problemi ai primi 2. Senza luce e a circa 8100 metri d’altezza, infatti, Bonatti e Mahdi rimangono bloccati per la notte nella zona della morte, con temperature di -50° ed un’improvvisa bufera di neve a condire il tutto.

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Donna del popolo hunza

Se l’italiano riuscirà a passare de facto incolume la pesante nottata, ad Amir verranno amputate alcune dita delle mani e dei piedi per il freddo, costringendolo a recarsi poi in ospedale, dove rimarrà bloccato per circa 8 mesi. Il fatto causò non poche polemiche fra Pakistan ed Italia, tanto che dovrà intervenire persino il nostro ambasciatore per evitare problemi fra i due paesi. I primi sostenevano infatti che a Mahdi non fossero state affidate attrezzature di livello idoneo, creando così i presupposti per le dolorose amputazioni. Anche dopo 65 anni, il K2 rimane la montagna più impervia e pericolosa al mondo, attirando ogni anno avventurieri e folli decisi ad iscrivere il proprio nome nella storia.

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