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Il secondo racconto di Lovecraft, Dagon, è profondamente legato all’immaginario biblico e mesopotamico, fornendo al lettore aneddoti molto interessanti di “mutazioni divine”.
Dagon secondo Lovecraft
La storia di Dagon fu la seconda di Lovecraft ad essere pubblicata, un indizio in più di come il celebre scrittore americano prese spunto dagli antichi miti babilonesi e fenici. In questo racconto, in particolare, saremo trasportati nel racconto di un ex marine fatto prigioniero dai tedeschi durante la Prima guerra mondiale e poi fuggito su un’isola deserta al centro del Oceano pacifico. Qui, con incredibile reticenza, si avvierà alla scoperta del luogo, trovando inquietanti segnali di presenze inumane.

Avventurandosi sull’atollo, infatti, scoprirà prima l’esistenza di una sorta di cimitero di pesci a cielo aperto, poi un monolite decorato con bassorilievo a tema marino ed infine la bestia in essi raffigurata. Quest’ultima comparirà improvvisamente dalle acque, andando ad abbracciare lo stesso monumento e portando il protagonista alla pazzia. Non a caso quest’ultimo a fine racconto tenterà addirittura il suicidio, ancora troppo sconvolto dall’inquietante avvistamento.
Dagon, il dio fenicio
La storia di Lovecraft è particolarmente interessante per la figura che va a scegliere, una divinità adorata da molti popoli del Medio oriente, eppure con interpretazioni molto diverse ad essa legate. Essa si presentava infatti originariamente come un essere legato sopratutto alla coltivazione, ciò sia per il nome, che nella lingua ugaritica vorrebbe dire “grano“, sia come rappresentazione grafica: mezzo uomo e mezza spiga. Dagon fu a lungo considerato come una sorta di alter ego del greco Crono, diventando quindi a tutti gli effetti uno dei padri degli dei di queste aree. Nel Libro di Samuele, proprio la statua di quest’ultimo si frantumerà alla vista dell’Arca dell’Alleanza, diventando un simbolo della decadenza degli antichi dei pagani a favore dell’unico dio ebraico.

Proprio da tale passaggio biblico sembra che abbia preso spunto l’immaginario lovecraftiano, andando, in un certo senso, a riscattare un dio caduto fornendogli nuova linfa e vita. Interessante, però, come sia andato a prendere una delle sue rappresentazioni più rare, trasformandola in quella più conosciuta in assoluto.
Da grano a pesce
Come già detto, infatti, tradizionalmente la figura di Dagon è associata sopratutto al grano ed alla coltivazione, certamente non al mondo marino. Il cambio avvenne con il passaggio di questa divinità anche a fenici e filistei, i quali iniziarono a rappresentare il dio come una sorta di “tritone”, portandolo poi a diventare de facto il signore dei mari.

Ciò fece sì che sempre più ebrei, popolazione geograficamente più vicina ai 2 popoli, iniziassero anch’essi ad associarla all’acqua, trasmettendo proprio queste caratteristiche all’interno dei loro testi, fra cui la Bibbia. Ciò rese globale la sua figura, alterandola però per sempre. Una curiosità: nei trattati demonologici medioevali, Dagon fu trasformato in un demone di secondo livello, incaricato di cucinare le torte nella cucina dell’inferno; dalla padella al forno.
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