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Il nostro parlare di fede non è stato un caso e ciò a che vedere con il Patto nazionale, sul quale il paese ha basato la sua intera storia moderna. Tassello fondamentale per capire la straordinarietà della rivoluzione di questi giorni.
Un patto nazionale basato sulla fede
In questi giorni il nostro concentrarci sulle fedi del Libano non è stato casuale, ma un tentativo per farmi capire meglio le logiche dietro la politica del paese. Le tante confessioni, infatti, sono state considerate da sempre come veri e propri gruppi, causando un’incredibile frammentazione per il paese. Proprio per porre fine a questa disgregazione interna, nel 1943 venne siglato il “Patto nazionale” che, integrato con la costituzione del 1926, diede vita al Libano moderno.
Tale patto fu siglato a seguito del censimento del 1932, nel quale i cristiani erano la netta maggioranza del paese, ottenendo significativi vantaggi nell’accordo. Ottennero infatti: la presidenza della repubblica, il capo di stato maggiore della difesa e una percentuale di 6:5 nel parlamento, consentendogli una maggioranza fissa. La demografia del paese, però, cambierà radicalmente da lì a poco, rendendo i cristiani una ricca élite sempre più emarginata ma con gran parte del potere nelle proprie mani.
Dalla guerra alla rivoluzione
Molti cristiani, infatti, emigrarono dal Libano in cerca di fortuna, lasciando un vuoto che verrà colmato dagli innumerevoli profughi palestinesi, a maggioranza musulmana. Ciò, unito anche ad altri fattori interni, porterà allo scoppio della guerra civile nel 1975, durata ben 15 anni. Nel 1990, però, sotto la pressione militare siriana, i litiganti firmeranno gli accordi di Ta’if, nei quali venne diminuito il potere del presidente a favore del primo ministro e la percentuale passava a 5:5, ristabilendo un parziale equilibrio.
Naturalmente abbiamo sintetizzato all’inverosimile, ma capire quanto questo paese sia fratturato al suo interno, fa capire anche la straordinarietà di questa rivoluzione. La gente scende in strada per protestare insieme, a prescindere da qualsiasi differenza vi sia stata fino ad ora. Si chiede, oltre a grossi tagli alle tasse, che non vi siano più divisioni all’interno del popolo libanese e che possa definitivamente dimenticare un passato in cui troppe volte la fede è stata usata per rompere legami, piuttosto che unirli. Da osservatori esterni, ci piace pensare che, proprio in virtù delle tragedie, lo spirito di questo popolo sia destinato a vivere di pace, unito davvero sotto un’unica bandiera come mai successo fino ad ora.
Domani avremo l’onore di portarvi la nostra intervista a Lorenzo Forlani, giornalista italiano corrispondente da Beirut per svariate testate fra cui Huffington Post, Esquire ed Agi.
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