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La storia di un rapporto secolare fra i turchi, i mongoli e gli animali a loro più legati: il cane ed il cavallo. Amori che vedono le loro origini addirittura nei primi culti di questi popoli
Tengri, il culto del cielo azzurro
La religione originaria dei turchi e mongoli è fortemente collegata alla Terra e ad i suoi elementi, venendo influenzata anche dagli incredibili paesaggi che si paravano davanti gli occhi dei fedeli. Il tengrismo identifica infatti il proprio “dio maggiore” in Tengri, nome che identifica anche il cielo e, in generale, gli spazi aperti. Queste popolazioni hanno vissuto per anni in luoghi quali la Mongolia, la Siberia e le terre fra esse comprese, andando a scontrarsi molto più spesso con elementi naturali che con altri esseri umani.
La natura nomade di questi popoli, poi, li spingeva ad avere una connessione particolare con il resto del mondo circostante, molto simile a quella degli indiani d’America. Come i pellerossa, infatti, una delle caratteristiche fondamentali per la sopravvivenza era quella di riconoscere la natura ed i luoghi, trovando sempre il miglior posto per la propria gente. Scegliere una valle piena di lupi o una senza acqua avrebbe fatto tutta la differenza del mondo, spingendoli quindi ad interiorizzare sempre di più la propria armonia con il resto del pianeta.
Vita nomade
Non è un caso, quindi, che anche tali popoli vedessero nel cavallo e nel lupo una delle bestie principali, compagni dell’uomo fin da tempi immemori. Tali animali sono anche, in un certo senso, la rappresentazione dell’universo nomade. Il primo rappresenta il movimento, il secondo la caccia; momenti fondamentali nella vita di ogni turco e di ogni mongolo.
Con il tempo, anche in virtù di alcune caratteristiche del tengrismo, buona parte di tali genti si convertirono all’Islam, lasciando intatto, però, il loro amore per questi animali. Tutt’oggi, infatti, sono visibili in territori come Afghanistan o Kazakistan giochi come il buzkashi, erede vivo di quella tradizione, o l’Akhal-Teke, il leggendario cavallo turkmeno.
Tradizione viva
Non è un caso, allora, che i turchi siano, all’interno del mondo islamico, il popolo che più di ogni altro ama e rispetta i cani, altrove visti con maggiore scetticismo. Secondo alcuni fonti, infatti, la loro saliva renderebbe impuri per la preghiera, rendendo automaticamente i felini animali più interessanti. Il gatto, inoltre, è un animale da sempre legato al mondo egiziano e ciò ne favorì una quasi immediata assimilazione anche per quanto riguarda il mondo islamico. Sembra infatti che il profeta stesso avesse un gatto, il che facilitò notevolmente lo sviluppo in quest’area.

Il cane, al contrario, è fortemente collegato a spazi aperti e territori freddi, il ché si lego perfettamente con le tradizioni turche e con l’Anatolia, luogo per gran parte dedito alla pastorizia e dal clima più fresco rispetto, ad esempio, all’Egitto. Tuttavia l’amore per il lupo ed il cane non ha alterato quello per i felini, portando la Turchia ad essere tutt’oggi uno dei luoghi in cui tutte le bestie godono di incredibile rispetto. Tradizione viva rimasta sottopelle.
Continua la settimana dedicata ad ambiente, domani le “case di fango”.
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