Questo libro racconta dell’avventura spirituale di una diaspora e un ritorno, e di un definitivo spaesamento. E la figura di un intellettuale arabo che vi è scolpita – bambino adottato al Cairo da una famiglia inglese, studi a Oxford e brillante carriera in Gran Bretagna, libertino che sulle donne vendica un suo senso di morte, fino all’ultimo incontro che lo forza a scegliere tra il suo essere occidentale e il suo essere arabo; il ritorno al villaggio sul Nilo, lo sforzo di dimenticare, e infine la catastrofe per lui, e indirettamente della sua comunità.
Piccola premessa: approfittando dell’articolo già presente di Noemi Linardi, ci concentreremo sopratutto su alcuni punti del romanzo, lasciandone da parte molti altri altrettanto significativi. Il consiglio che vi diamo fin da ora, però, più che leggere entrambi gli articoli, è quello di acquistare il libro; siamo sicuri che non ve ne pentirete.
Il prefetto inglese del distretto era un dio onnipotente in un lembo di terra più grande di tutte le Isole Britanniche messe insieme ed abitava in un castello lungo e largo, pieno di servi e circondato di soldati. Si comportavano come dei. Usavano noi, piccoli funzionari del luogo, per riscuotere le tasse, e la gente si lamentava di noi e ci accusava al prefetto inglese. Naturalmente era lui quello che perdonava e compativa.
Tayeb Salih
Così inculcarono nei cuori della gente l’odio per noi, figli del paese, e l’amore per loro, colonizzatori stranieri. Sta’ certo di queste parole, figliolo mio. Il paese non è indipendente adesso? Non siamo divenuti liberi nel nostro paese? Sta’ certo che hanno coltivato gli uomini più ignobili. I più ignobili sono quelli che occupavano grossi distretti all’epoca degli inglesi.
In poche righe, Tayeb Salih ci descrive in maniera completa ed esaustiva il modus operandi della maggior parte delle potenze coloniali. Il potere esercitato a lungo da questi paesi sui propri possedimenti era infatti in un certo senso originale e puntava ad una disgregazione totale della civiltà occupata, provando per la prima volta a penetrare nelle menti del popolo. Sun Tzu diceva che il più grande dei generali è colui che trionfa senza aver bisogno di combattere, poiché la sottomissione delle menti è ancora più potente di quella delle spade. Gli invasori fecero proprio questo, creando una sudditanza psicologica tutt’ora fortissima in questi luoghi e che, purtroppo, non ha ancora finito di maturare gli ultimi frutti.
Khartoum, la capitale del Sudan
Venuto da conquistatore
Quando a Kitchener portarono Mahmud Wadd Ahmad in ceppi, dopo la sconfitta di Atbara, gli disse: “Perchè sei venuto a portare distruzione e saccheggi il mio paese?”. Fu lo straniero a dirlo all’uomo di quella terra, e l’uomo di quella terra chinò il capo e non disse nulla. E così sia pure per me con loro. Odo in questa corte il fragore delle spade romane a Cartagine, e l’acciottolio degli zoccoli dei cavalli di Allenby che calpestano il suolo di Gerusalemme.
Una scena tratta da “Il Lawrence d’Arabia”
Le navi hanno solcato per la prima volta le acque del Nilo portando cannoni, non il pane, e le ferrovie sono state costruite in primo luogo per trasportare soldati. Hanno fondato le scuole per insegnarci a dire “si” nella propria lingua. Ci hanno portato il germe della più grande violenza europea di cui il mondo non aveva visto eguale, quella della Somma e di Verdun, il germe di un male assassino che li ha colpiti più di mille anni fa. Si signori, son venuto da conquistatore fin dentro casa vostra. Una goccia del veleno che avete iniettato dentro la Storia. Io non sono Otello. Otello era una menzogna.
In questo passaggio, il personaggio di Mustafa Sa’id dona al lettore una riflessione che affonda le origini nel difficile rapporto fra il Sud e il Nord del mondo, non risparmiando ancora una volta critiche di fuoco alla colonizzazione in toto. Il parallelismo, però, è sopratutto fra la figura di Sa’id e quella dei leader passati. Tayeb Salih in questo caso ci da uno stimolo nuovo, creando un collegamento paradossale e che ci mostra il “primo uomo globalizzato”.
Quest’uomo, a differenza dei suoi predecessori, è stato “infettato dal germe occidentale” e, sopratutto, è lui ad essere in terra straniera. I suoi riferimenti culturali sono sopratutto europei, non per questo ha però dimenticato il dolore subito, fortificato anzi da quest’ultimo. Per la prima volta, poi, è l’uomo del Sud a recarsi al Nord, un cambio che al giorno d’oggi ci sembra poca cosa, ma che fino ad un secolo fa era quasi impensabile.
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