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Il 15 maggio si celebra in tutto la Nakba, “il Disastro”, giornata in cui migliaia di palestinesi furono costretti ad abbandonare le proprie terre e fuggire in esilio. Seppur in ritardo, ci tenevamo a celebrare questa data, purtroppo storica per il mondo arabo/islamico, con il frutto che più di tutti rappresenta questo conflitto: le arance, in particolare quelle di Jaffa.
Fra Oriente ed Occidente
Il “frutto arancione” non nasce in natura, ma fu risultato dell’unione di mandarino e pomello, 2 alberi da sempre molto popolari in Cina e nel Sud-Est asiatico e che in breve tempo si diffusero anche nella vicina India. Fu qui, infatti, che la pianta prese il primo nome, ovvero नारङ्ग nāraṅga, parola sanscrita che vuol dire appunto “albero arancione”. Da questo termine deriva anche quello persiano نارنگ nārang, utilizzato poi in arabo per indicare l’arancia dolce.
L’impatto dell’impero islamico su questo frutto fu fortissimo e ne spinse una condizione sempre più massiccia in tutto il mar Mediterraneo, con Palermo che divenne una delle città più importanti in assoluto per questa produzione. A causa dei conflitti fra arabi ed europei, però, il suo uso e la sua diffusione rimasero limitati sopratutto al mondo musulmano, tanto che furono i portoghesi a renderla celebre in Europa. Non a caso, moltissimi paesi del mondo chiamano questo frutto con il nome di “portokal”, riferimento chiaro a coloro che lo reintrodussero nel Vecchio Continente. Particolare che, proprio per poterne usufruire costantemente, vennero creati i “giardini d’inverno”, che in molti paesi prendono il nome di “orangerie”.
L’arancia occupata
Fra le tante varianti, una in particolare è diventata simbolo del conflitto più lungo dell’intero ‘900: l’arancia di Jaffa.
Essa fu per secoli la principale produzione della Palestina, garantendo una fonte costante di sostentamento e guadagno per i suoi abitanti. Con l’arrivo dei sionisti, però, la situazione cambiò in brevissimo tempo, trasformando il business da arabo a ebraico. Le nuove ed innovative tecniche portate dai nuovi arrivati, infatti, garantivano una qualità ed un raccolto nettamente superiore, cosa che tolse subito ai palestinesi la possibilità di competere nel mercato globale. Ciò trasformò un frutto tanto bello in una memoria costante dell’occupazione israeliana, togliendo ai palestinesi la gioia per questi sapori. Particolarmente significativo anche il titolo di un’opera di Ghassan Kanafani, uno dei più grandi intellettuali palestinesi di sempre: “La terra degli aranci tristi”. Quando anche la frutta partecipa al conflitto.
Tutte le foto sono state prese da questo tweet, ci tenevamo a portarvi vere arance di Jaffa.
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