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Il Venezuela ospita una delle più grandi comunità siriane in Sud America, un’analogia che, purtroppo, potrebbe non fermarsi alla cultura.
Non solo italiani e tedeschi
Quando si parla di emigrati in Sud America di solito si pensa a immigrati italiani, tedeschi o quantomeno europei. In molti dimenticano, però, l’incredibile impatto che diede alla regione la diaspora araba nello Shami (Siria, Libano e Palestina). Se in Cile la migrazione fu soprattutto di palestinesi, il Venezuela divenne invece patria dei siriani e dei libanesi. Si stima infatti che la popolazione araba nel paese si attesti sul 6 % della popolazione locale, mantenendo però per le mani un ancor maggior potere politico.

Vi basti pensare a Tareck El Aissami o a Tarek Saab che nel governo Maduro occupano rispettivamente il ruolo di vicepremier e procuratore generale. Da evidenziare inoltre come la famiglia di El Aissami sia sempre stata vicinissima alle vicende del partito Ba’athista, quello di Saddam Hussein e degli Assad. La maggioranza degli emigrati era cristiana o drusa, ma tutt’oggi esiste una piccola comunità nel paese.
In entrambi i sensi
Le migrazioni arabe in Venezuela, poi, portano con loro un caso più unico che raro, ovvero un “ritorno alle origini”. Negli ultimi decenni diversi venezuelani di origine siriana hanno fatto ritorno alla terra dei propri padri, popolando intere città e quartieri siriani.

Questo ha reso possibile in alcune città siriane, come As Suwayda, la fusione davvero a 360° gradi due culture poste ai lati estremi del mondo; qualcosa di incredibile.
Davvero la nuova Siria?
Questa magnifica storia rischia però di trasformarsi ad una molto simile, in corso purtroppo dal 2011. Sempre più forti infatti le tensioni che stanno attraversando il Venezuela, complici anche una crisi economica senza pari nella storia dell’umanità. Pensate che, se in Europa l’inflazione sta circa al 1,6, per questo paese il Fondo Monetario Internazionale ha stimato sia arrivata milione per cento nel 2018 e che arriverà ad un tasso di 10 milioni di inflazione nel 2019.
Il paese è precipitato nel baratro del baratto e l’auto-nomina di Guaidó non ha fatto altro per incupire le speranze di questo paese, tanto lontano dalla terra natia, eppure così tremendamente vicino.
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