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Il viaggio ad Istanbul prosegue, il quarto giorno è quello dedicato a Kapalı çarşı e alla melodia che solo Istanbul è in grado di offrire
Istanbul, il mare
Arrivati al quarto giorno ho un’idea più chiara su quello che mi manca e su quello che ha la città da offrirmi. Scelgo allora la zona di Nuruosmaniye camii, “la moschea della luce di Osman”, che sia una garanzia? Dopo la mia consueta sigaretta assieme ai gatti del quartiere mi avvio verso Çemberlitaş, a pochi passi dal mio alloggio. Già alle 11 del mattino è un mescolarsi di odori, fra succhi di melograno, spezie e kebab per i più intraprendenti turisti tedeschi.
Mi inizio ad avventurare verso la celebrata moschea, tempo di scattare una foto e vengo ingurgitato dalla folla che si sta dirigendo più avanti. Scelgo di non opporre resistenza, Istanbul è un mare e per apprezzarne i fondali devi entrare in sintonia con le maree. Qualche tempo dopo mi ritrovo davanti alla porta di Kapalı çarşı, Il Grand Bazaar. Non chiedetemi come ci sono arrivato, me ne sono accorto solo una volta viste le guardie e il metal detector.
Kapalı çarşı
Quando si dice Istanbul è la Porta d’Oriente non si scherza, basta osservarne il Mercato coperto, un miscuglio fra l’architettura tipica dell’Andalusia e decorazioni che sanno di Persia. Con 61 strade coperte e più di 4000 fra negozi e botteghe, è una delle meraviglie che hanno ispirato per secoli poeti e artisti amanti dell’Oriente.
Onestamente mi sarebbe piaciuto farne un’osservazione accurata come quella che avete appena letto sopra. La verità è che tanto fu rapido la mia entrata quanto la mia uscita, ingurgitato e poi sputato dalla marea umana che è Istanbul. Pazienza, così come la folla mi ha spinto una volta così potrà farlo di nuovo. Sono però riuscito a scattarvi alcune fotografie. Solo una volta in albergo avrò la riprova dell’anima mediterraneo di Istanbul: in ogni foto c’è almeno una bandiera di una squadra fra Gala, Fenerbahce, Beşiktaş e squadre minori. Ogni giorno che passa questa città mi entra sempre di più nel cuore.
Il rumore della città
Una volta uscito mi fermo su una panchina poco distante da un’uscita del bazaar. La zona sembra tratta da Güneşi Gördüm, al centro di Fatih eppure decisamente popolare. Istanbul è come Napoli e Barcellona, periferia e centro della città si mescolano continuamente in un’armonia confusa e, al tempo stesso regolare.
Solo adesso mi accorgo di non aver mai indossato le cuffie per tutto il viaggio. Sinceramente non mi era mai venuto nemmeno in mente, eppure le ho sempre avute in tasca. A Milano le cuffie servono per vivacizzare una città che, per quanto ne dicano gli abitanti dei paesi, è decisamente silenziosa e discreta. Questa città né l’opposto e non ti metteresti mai le cuffie, guai perdersi un minuto della musica che la città ti offre. Una musica fatta di “Çay“, il richiamo del Corno d’Oro e della gente. Una sinfonia alla quale solo un pazzo sarebbe in grado di rinunciarvi.
Domani
Finisco la giornata con una passeggiata a Galata, vederla di sera ha tutto un sapore nuovo, sulla strada del ritorno mi fermo sul Ponte dell’omonimo quartiere e osservo l’orizzonte. Credo di aver trovato la mia prossima meta.
Scopri la prima e la seconda parte del mio viaggio ad Istanbul. A breve un nuovo episodio, tutte le foto sono originali.
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