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Di Noemi Linardi
Una storia intensa, coinvolgente, violenta e metaforica, della libertà e difficoltà di essere se stessi. La storia di una generazione tra colonizzazione e indipendenza, tra “Oriente” e “Occidente”, e la forza di restare integri tra due mondi, di costruirsi a livello identitario.
Una storia in Sudan

Più di una critica coloniale
Più che una critica coloniale vera e propria, come quella de l’orientalismo di Edward Said, il libro di Tayyeb è più una critica dell’arrivo inevitabile della modernità, che passa anch’essa ovviamente dalla colonizzazione, ma che dovrebbe essere periodica e lenta e non imposta dall’alto, perché crea degli effetti distruttori. In seguito quello che bisogna mettere in evidenza è che il libro è veramente incentrato sulla costruzione identitaria di Mustapha Said visto che la maggior parte della narrazione è occupato dal racconto della sua vita.

Figlio di un padre morto e di una donna divenuta ormai apatica, simbolo della terra violentata dal colonizzatore, M. S. cresce senza amore e senza sentimenti ma con un’intelligenza molto sviluppato. Arrivato in Inghilterra metterà in atto il suo piano di rivolta : conquistare giovani donne inglesi per indurle poi al suicidio. In questo gioco di seduzione malato il giovane Mustapha utilizza tutti gli stereotipi che gli inglesi hanno sugli africani per conquistare le ragazze. Ma una volta tornato in Sudan si costruirà una camera segreta, alla maniera inglese, dove il narratore pensa di vedere il suo riflesse una volta che Mustapha Said è sparito.
Anche la fine del romanzo è fortemente simbolica. Il narratore nuota da nord a sud fino a perdere i sensi, senza che si capisca se è vivo o morto, intrappolato tra questi due mondi.
Una storia di migrazione
