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C’è un gruppo palestinese che si differenzia dagli altri, fanno hip hop e in 19 anni hanno elevato il livello del rap arabo sia per testi che per ritmo, diventando una leggenda nei territori occupati
Una scoperta casuale
Lo ammetto: ho ascoltato per la prima volta il ritmo dei DAM durante una pubblicità di Netanyahu. Di Netanyahu? Si, durante le elezioni, il futuro premier israeliano aveva creato uno spot a tema: una macchina di terroristi arabi chiedeva ad un ortodosso dove si trovasse Gerusalemme. La risposta è un semplice “A sinistra”, molto semplice tanto chiara per gli elettori. Sottofondo di tutto? Ovviamente i DAM.
Dal ghetto arabo di Lod
I DAM nascono nel 1999 nella città israeliana di Lod, a 15 km da Tel Aviv e sono formati da Mahmoud Jreri e dai fratelli Suhell e Tamer Nafar, quest’ultimo vero leader del gruppo. Il loro nome porta già al proprio interno i temi fondamentali di questo gruppo. Dam infatti significa “resistere fino alla fine” in arabo e ha anche un significato in ebraico, non per questo più dolce: “sangue”.
Il gruppo ha rivoluzionato la scena culturale e musicale israelo palestinese dando sia ai palestinesi in Israele sia a quelli nei territori occupati una dignità e una musica nuova nel ritmo ma antica nello spirito. Nei pezzi dei DAM possiamo trovare infatti moltissimi riferimenti ai cantanti classici della musica araba come Fairouz o Umm Kulthum, adattati però su basi decisamente hip-hop. I temi del gruppo sono sopratutto sociali: l’occupazione israeliana, le droghe, i diritti delle donne e la povertà che i governi israeliani hanno causato fra i palestinesi.
Palestinesi in Israele
Come per Mahmoud Darwish, i DAM hanno sempre dovuto vivere la condizione di esiliati nella propria terra e questo si riflette in moltissimi aspetti delle loro produzioni. Basti pensare che, assieme all’arabo, la band rappa anche in inglese ed ebraico, così facendo sono riusciti nel corso degli anni ad avere molte collaborazioni con grandi artisti e rapper israeliani.
Esempio di questo è stata la collaborazione fra Tamer Nafar e Kobi Shimoni, in arte “Subliminal”. La collaborazione s’interruppe con l’inizio della seconda Intifada quando sia i DAM sia Subliminal si schierarono nettamente per i palestinesi i primi e per i sionisti il secondo. Da questo dissing ne nacque poi un documentario chiamato “Channels of Rage” che vinse poi il Volgin Award al Jerusalem Film Festival del 2003.
Anche a distanza di 19 anni i DAM non hanno intenzione di mollare e dopo 100 singoli e 2 album sono pronti ad accendersi per la loro gente, per spingerli a non arrendersi sognando, un giorno, una Palestina unita e antirazzista.
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