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Tutti i grandi scrittori si distinguono per il loro stile e ‘Ala Al Aswani non fa eccezione portandoci ancora un affresco duro ma giusto sull’Egitto e i suoi abitanti. Questa volta però diviso in storie
Contro la censura
Di solito l’introduzione serve solo a dare un’enfasi in più ad un romanzo, a farti apprezzare i complicatissimi e arguti giochi di parole dell’autore, o comunque investire il libro che stai leggendo di un’aurea “mistica”, da grande opera. In questo caso però l’introduzione diventa un modo per comprendere meglio la realtà egiziana, iniziando dai rapporti fra cultura e governo.
Al Aswani infatti sceglie pubblicamente di denunciare le pressioni del governo egiziano riguardo alla pubblicazione di “I quaderni di Issam ‘Abd al-‘Ati”, primo lavoro dell’autore. Il governo infatti gli criticò l’atteggiamento di uno dei suoi protagonisti, ritenuto troppo cinico e con uno scarso senso patriottico. Penso che sia fondamentale leggere questa introduzione in Italia, specialmente in un momento come questo. Alle volte serve vedere le ferite sugli altri per scoprirci privilegiati.
Se non fossi egiziano
Il libro uscì in Italia a soli 3 anni dall’uscita di Palazzo Yacoubian, primo successo mondiale per l’autore, e ne riflette molte dinamiche simili tipiche dello stile del suo autore. Al Aswani infatti appartiene alla generazione nel mezzo fra gli autori “classici” di letteratura araba e l’avanguardia più spregiudicata. La sua stessa vita potrebbe essere un esempio: di giorno irreprensibile dentista e la sera frequentatore di ogni genere di freak del Cairo. I risultati sono una realtà dura e fatta di personaggi costretti ad essere sopra le righe per sopravvivere.
Il clima che si respira è quello tipico dell’Egitto: una realtà immobile e pesante nella quale per fare un singolo passo è necessario molte volte rinunciare a sé stessi. I lettori meno esperti di Medio Oriente potrebbero associarlo alla realtà del nostro meridione ma sbaglierebbero. A Napoli, ad esempio, vige comunque un atmosfera di gratitudine verso la propria città e quindi l’immobilismo è visto come un prezzo. In “Se non fossi egiziano”, invece, Al Aswani mette in luce gli aspetti più bui della realtà egiziana e il potere che certi uomini esercitano per il semplice gusto dell’umiliare. Si nota una cattiveria repressa, l’intimo godimento del far soffrire il più debole dopo tante umiliazioni subite in precedenza. Il titolo non è una scelta casuale ma riprende una celebre frase del nazionalista Mustafa Kamil, questa volta usata in senso ironico:
« Se non fossi egiziano, egiziano vorrei essere »
“Se non fossi egiziano” è probabilmente una delle opere più ciniche ed impietose di tutta la letteratura egiziana, capace di sconvolgere ma anche di far passare piacevoli momenti sotto il sole estivo. Consigliato a chiunque non abbia paura di sporcarsi le mani e che ami, almeno nel profondo, l’Egitto.
‘Ala al-Aswani, Se non fossi egiziano, ed. la Feltrinelli
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